Lo scorso giugno i Ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno prolungato le sanzioni economiche contro la Russia per altri sei mesi, fino alla fine di gennaio 2016.

L’UE ha gradualmente imposto una serie di misure restrittive in risposta all’annessione illegale della Crimea e alla deliberata destabilizzazione dell’Ucraina.

Queste misure sono state di tre tipi: diplomatiche, individuali ed economiche.

Secondo uno studio recente condotto per la Leading European Newspaper Agency (LENA) dall’Istituto austriaco per la ricerca economica (WIFO) queste misure, in particolare quelle di tipo economico, hanno causato e continueranno a causare gravi danni alle economie europee.

La ricerca del WIFO prende in considerazione il cosiddetto “worst case scenario”, ovvero il protrarsi della situazione attuale in un ottica di medio-lungo periodo.

Oggi il calo delle esportazioni dei paesi UE verso la Russia é una realtà consolidata e come dichiarato da Putin “per l’Unione europea i danni causati dalle sanzioni imposte a Mosca potrebbero arrivare a 100 miliardi di dollari”, quasi 90 miliardi di euro.

In effetti il prezzo che l’Europa sta pagando in termini assoluti é superiore  a quello pagato complessivamente dalla Russia (il PIL sovietico é circa 1/6 del PIL europeo) anche se l’impatto negativo sulle casse di Mosca é stato senza alcun dubbio proporzionalmente più pesante. Putin sta pagando una situazione di isolamento internazionale che ha portato ad un calo degli investimenti esteri in Russia e per questa ragione il Cremlino sta provando a stringere una collaborazione più stretta ad oriente, in particolare con la Cina.

La studio del WIFO comunque conferma ed addirittura aggrava le fosche previsioni di Putin: in Europa sono a rischio 2 milioni di posti di lavoro e 100 miliardi di euro nell’export di beni e servizi.

Ed il nostro Paese é fra quelli che rischia di pagare il conto più salato. Gli analisti austriaci pensano infatti che l’Italia, nel primo trimestre 2015, abbia perso 80.000 posti di lavoro ed oltre 4 miliardi di euro di esportazioni mancate.

Nel lungo periodo la situazione é destinata ad aggravarsi e le stime parlano di 215.000 posti di lavoro a rischio e di quasi 12 miliardi di export in meno.

Questi numeri sono il risultato delle contromisure adottate da Mosca in risposta alle sanzioni comunitarie. Dallo scorso agosto infatti, il Cremlino ha vietato l’importazione dall’UE di prodotti come latte, frutta, verdura, formaggio e carne. Per ovvie ragioni i paesi maggiormente colpiti da queste misure sono stati paesi tradizionalmente fornitori della Federazione come Italia, Spagna ed Olanda, dove le misure russe hanno avuto un doppio effetto negativo perché, oltre a non poter vendere più i propri prodotti sul mercato russo, é anche aumentata la concorrenza sul mercato domestico europeo con paesi europei come Germania e Francia che sono diventati nuovi temibili competitor.

Di conforto sono gli ultimi dati di Confartigianato confermano il buono stato di salute dell’export italiano: fra marzo 2014 e marzo 2015 sono stati venduti all’estero prodotti e servizi per un valore complessivo di 102,4 milardi pari al 6,2% del PIL.

I dati potrebbero essere ancora più positivi senza il blocco selettivo del mercato russo l’export delle Pmi italiane sarebbe aumentato del 5,4% anziché del 4,1% su base annuale, una differenza di oltre un punto percentuale e dunque non irrilevante.

L’export italiano verso la Russia sono crollate negli ultimi 12 mesi, perdendo oltre 1/3 del valore originario (-34,6%) e l’unico “partner” UE che rischia di pagare un prezzo più salato del nostro é la Germania dove a rischio, nel lungo periodo, sono 500.000 posti di lavoro e 27,6 miliardi di euro di valore aggiunto proveniente dalle esportazioni.

Ma la partita fra Russia ed UE  non é solo economica e lo scontro a cui assisitiamo da oltre un anno a questa parte verte soprattutto sui principi di politica internazionale e sulla violazione degli stessi.

L’aggressività militare russa non può essere tollerata dall’Europa che però non ha le risorse e/o la volontà per impegnarsi in un conflitto armato contro Mosca.

Secondo fonti dei servizi segreti tedeschi la guerra civile in Ucraina ha fatto finora 50.000 vittime, un bollettino dieci volte più pesante di quello riportato dalle statistiche ufficiali.

E’ assai verosimile che senza le sanzioni economiche e diplomatiche oggi il prezzo pagato in termini di vite umane sarebbe stato superiore, ma é anche vero che un’Europa che aspiri ad essere il soggetto-guida nel mondo da un punto di vista dei valori e della virtù, dovrebbe e potrebbe fare molto di più.

Ma, in un mondo sempre più globalizzato, il cinismo delle ragioni economiche pare destinato a prevalere con buona pace degli idealisti e dei convinti sostenitori dei principi del diritto internazionale.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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