L’annuncio lo scorso 16 gennaio a Vienna durante la conferenza stampa congiunta del ministro iraniano degli esteri Javad Zarif e della “nostra” Federica Mogherini - capo della diplomazia europea che proprio sul negoziato con l’Iran ha dimostrato al mondo di avere gli attributi necessari per stare al suo posto - dell’entrata in vigore dell’accordo sul nucleare con l’Iran e della revoca delle sanzioni europee e statunitensi, un “accordo storico”, “forte” e “giusto”, ha reso la corsa all’eldorado persiano sempre più folle per l’occidente che fino a ieri additava gli eredi di una cultura profonda e millenaria, terroristi compressi in uno stato canaglia.

Un raggiante John Kerry ha dichiarato: “L’Iran ha rispettato i suoi obblighi. Oggi possiamo dire di avere un mondo più sicuro. Verificheremo l’accordo negli prossimi anni. Abbiamo dimostrato che è sempre meglio seguire la diplomazia”; mentre il suo omologo iraniano Zarif gli ha fatto eco affermando: “È un bel giorno per l’Iran, la regione e il mondo”.

Il presidente Barack Obama nel frattempo a Washington si era già affrettato a firmare l’ordine esecutivo per revocare le sanzioni, incurante delle proteste repubblicane e sempre più determinato a lasciare la Casa Bianca da vincitore su due storiche inimicizie per usare un eufemismo, quella con Cuba e quella con la Repubblica Islamica dell’Iran, ma anche cosciente di quanto bloccare il business alle imprese americane rappresenterebbe solo un regalo competitivo alla concorrenza delle banche e delle imprese europee.

Oggi per tutti l’obiettivo è raccogliere i frutti di questo rinnovato idillio, in primis per Hassan Rohani determinato a dimostrare al suo popolo i vantaggi economici della sua azione diplomatica e prima di partire per Roma per la sua prima visita ufficiale in Europa, dopo quella saltata in extremis a causa degli attentati di Parigi dello scorso mese di novembre, incontrando il presidente cinese Xi Jingping, ha dichiarato come l’obiettivo sia attrarre 50 miliardi di dollari all’anno di investimenti esteri.

Dopo il folclorismo degli anni di Ahmadinejad ovvero - bisogna ricordarlo - la necessaria conseguenza dell’ottusità occidentale e di una certa (folle) visione del mondo aizzata dai neo-conservatori che hanno ispirato la doppia amministrazione di George W Bush, gettando le basi per il caos di oggi in ragione di un rinnovato spirito crociato, votato alla deterrenza e all’introduzione di categorie di valore pericolosissime nelle relazioni tra stati.

Ancor di più vuole raccogliere i dividendi l’Occidente, soprattutto chi come l’Italia godeva di posizioni di vantaggio a livello commerciale, così come i nostri partner/competitor europei.

Non si può rimanere indifferenti a un mercato immenso e alle opportunità che in tutti i settori offre dopo anni di embargo, in ragione delle ambizioni e dei piani di sviluppo che le autorità della Repubblica Islamica hanno in mente, mentre il mondo finalmente inizia a riconoscere il giusto ruolo e il giusto peso a quello che secondo le stime dell’Economist - per rimanere al vil denaro - nel prossimo quinquennio sarà il Paese con la crescita più dinamica nell’area del Medio Oriente e del Golfo.

Recentemente l’Iran è stato sugli scudi anche a Davos, con Mohammad Agha Nahavandian, Capo di Stato Maggiore della Presidenza della Repubblica islamica dell’Iran, che in una sessione speciale al WEF 2016 ha spiegato:

“Il risultato immediato è che l’Iran avrà accesso alle proprie riserve e sarà in grado di finanziare più progetti di investimento con capitale proprio e di benvenuto investimenti internazionali in progetti di sviluppo, sia essa nazionale o regionale” e tracciando paralleli con la diplomazia che ha portato all’accordo nucleare, ha sottolineato come “nella nostra politica economica siamo anche alla ricerca di soluzioni vantaggiose per tutti”.

Il già citato Zarif a Davos ha invece ribadito con orgoglio a chi - in anni recenti ha sostenuto guerre preventive - che:

“Il nostro messaggio globale è che la diplomazia funziona e questo dovrebbe essere un messaggio benvenuto che tutti noi dovremmo prendere sul serio quando si tratta anche di altre questioni”.

L’accordo sul nucleare dimostra dunque come la diplomazia e le differenze nella regione possono essere risolte pacificamente e Teheran è pronta insieme ai suoi vicini ad affrontare la sfida comune dell’estremismo islamico.

Da questo punto di vista il “rischio” all’orizzonte è che tra qualche anno a Zarif o a Rohani, possano attribuire il Premio Nobel per la pace, proprio perché, soprattutto per noi europei, adesso l’Iran torna ad essere un partner fondamentale su questioni di vitale importanza.

Oltre alla cooperazione strategica nella lotta all’estremismo islamico, appare necessario sul piano economico e diplomatico, il rilancio del negoziato commerciale avviato nel 2001 con l’Ue ai tempi del “Dialogo di Civiltà” della presidenza Khatami, ai tempi in cui l’allora Premier Prodi nel 1998, fu il primo governante occidentale in visita ufficiale nel Paese dai tempi della Rivoluzione del 1979 o ancora coinvolgendo la Repubblica Islamica nelle battaglie che interessano l’umanità tutta, condividendo sensibilità, visioni e tecnologie per uno sviluppo sostenibile nell’interesse delle generazioni future.

In questo contesto e in questo momento storico dalla portate epocale, durante la visita di Rohani in Italia, a monopolizzare l’attenzione sono state le statue nascoste per non urtare la sensibilità degli ospiti.

Al di là delle polemiche quel che è certo è che il legame che unisce Italia e Iran è storicamente molto forte non solo sul piano commerciale ma anche su quello della cooperazione culturale, dove il dialogo è stato costante anche in questi anni di sanzioni commerciali e sono numerosi gli accordi di collaborazione in essere tra enti di ricerca iraniani e italiani in diversi settori (IT, fisica, biotecnologie, architettura e archeologia).

Secondo le stime della SACE le sanzioni hanno causato perdite per oltre 11 miliardi di euro per l’Italia che è attualmente il secondo partner commerciale europeo dell’Iran e già sulla fine del 2014 l’interscambio bilaterale era tornato a crescere (+7,6% per il nostro export) e i dati ad oggi disponibili sui primi dieci mesi del 2015 segnano un andamento positivo per import ed export. Siamo solo all’inizio e ci sono ampi margini di ripresa delle relazioni come dimostra il focus della nostra diplomazia economia su Teheran.

In Iran i margini di miglioramento per i nostri affari, vanno ben oltre il mero interscambio commerciale proprio perché, le autorità locali si attendono un exploit degli investimenti diretti esteri per poter dare avvio all’ammodernamento dell’industria locale e far ripartire i settori maggiormente colpiti dalle sanzioni in questi anni.

Rohani già nel 2013 aveva definito il nostro Paese “la porta per le relazioni tra Iran e Europa” ed è indubbio il rispetto e l’affetto che il suo popolo nutre nei nostri confronti e lo dico a ragion veduta, perché a Teheran ci sono stato e in tutta onestà mi sono soltanto sentito a casa, accolto da un popolo fantastico innamorato dell’Italia e degli italiani, nei quali nutre fiducia.

In conclusione la mia umile esperienza mi fa pensare che anche se Rohani stesso sostiene il contrario, certamente qualche iraniano nella fase preparatoria della missione avrà chiesto di non intaccare la sensibilità dell’importante ospite - perché così vanno queste cose - ma invece di celarle ad arte come in molte altre ed alte occasioni accade, senza alcuna risonanza mediatica, sono state nascoste in malo modo mettendo in difficoltà lo stesso Rohani oltre a screditare tanto il Belpaese, quanto la Repubblica Islamica perché da un lato il servilismo italico “esalta” lo stereotipo oscurantista sul regime iraniano e dall’altro invece per l’ennesima volta l’Italia si dimostra priva di scrupoli e pronta a tutto per perseguire i propri interessi, essendoci i miliardi in gioco.

Sull’onda della polemica, interpellata da Vice, l’iranista e islamologa Anna Vanzan, in merito alla nostra percezione della realtà della Repubblica Islamica, ha spiegato come:

“Ci sono varie immagini dell’Iran, e sono tutte caricaturali. Da una parte si parla di un paese in cui qualsiasi squarcio di civiltà viene negato, dall’altra di un paese estremamente ipocrita in cui la gente per strada e nella sfera pubblica si comporta in un modo mentre nel privato fa l’opposto, dilettandosi regolarmente in feste a base di sesso, droga, alcol e quant’altro.

Le narrative possono anche stare insieme una volta modificate, ma in mezzo c’è tutto il resto. Ci sono soprattutto le persone normali, che però non fanno notizia. Del paese quindi si preferiscono queste immagini - caricaturali, appunto - che colpiscono l’immaginario collettivo. In realtà si tratta di un paese come gli altri, con una grande attività culturale e una grande tradizione di letteratura, cinematografia e arti visive”.

In conclusione, non a torto un vecchio adagio persiano recita “una montagna non incontra mai una montagna, un uomo incontra un uomo”, ecco, l’accordo sul nucleare e l’implementazione in atto, rappresentano innanzitutto un incontro tra uomini, popoli e civiltà dopo decenni di tensioni ed incomprensioni e per tutti sono tante le criticità da affrontare.

Riguardo a noi, possibilmente toccherebbe uscire sia da quel nostro bieco provincialismo che a volte prende il sopravvento annullando il genio e facendo affiorare il grottesco, questo naturalmente, con la ferma consapevolezza che il mondo da noi, si aspetta proprio il genio, anche in Iran, non preoccupatevi.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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