Una nota recentemente diffusa dall’Ufficio dell’ICE-Agenzia di New Delhi ci offre un’anteprima – sulla base dei dati del Dipartimento del Commercio Indiano elaborati dall’ICE – dell’interscambio bilaterale con il Subcontinente.

L’Italia nell’anno fiscale 2014-15 ha rappresentato il 27^ partner commerciale dell’India, mentre nel primo semestre di quello in corso - che si conclude a marzo 2016 - il nostro Paese guadagna posizioni e si colloca al 23^ posto.

Andando invece al confronto con i partner/competitor continentali, il nostro Paese è V^ partner tra i paesi UE, preceduta da Germania (sesta in assoluto), Belgio (tredicesimo in assoluto, ma esporta prevalentemente gioielleria), Regno Unito (18esimo in assoluto), Francia (25esima in assoluto) mentre nel I^ semestre dell’anno fiscale in corso riusciamo a fare meglio della Francia, guadagnando una posizione.

Per facilitare il confronto ICE New Delhi, ha rielaborato i dati raccolti dalle autorità locali in termini di anno solare e così l’interscambio commerciale italo-indiano nell’intero anno 2015 risulta pari a 7,3 miliardi di euro (+ 2,2% sul 2014), con un valore dell’export italiano in crescita pari a 3,3 miliardi di euro (+10,4%) e delle importazioni dall’India in calo, pari a 4 miliardi di euro (-3,8%), facendo totalizzare un saldo negativo per l’Italia pari a 644 Mln di Euro.

Gli ultimi dati mostrano come le ragioni di scambio appaiano nondimeno più favorevoli per il “Made in Italy”, con un deficit della bilancia commerciale che - rispetto al 2014 - si riduce sensibilmente per l’Italia (-42,3%). A guidare le esportazioni italiane troviamo infatti macchinari e beni strumentali che rappresentano il 40% delle nostre vendite in India, mentre il tessile-abbigliamento/accessori pelle pesano per il 25%.

L’importanza di questi settori per le nostre aziende è dimostrato anche dal fatto che le principali rassegne fieristiche presidiate in India da parte delle aziende italiane, riguardano in particolare le macchine calzature, conceria, pelletteria, il lapideo e le macchine lavorazione marmo, la ceramica, la lavorazione legno e la meccanizzazione agricola.

Recentemente si sono infatti svolte due partecipazioni collettive italiane in occasione di importanti eventi in settori focus per le nostre esportazioni.

A inizio febbraio in occasione della fiera India International Leather Fair (IILF) di Chennai (01-03 febbraio), sono state 15 le aziende italiane del settore pelle/concerie ospitate all’interno del Padiglione italiano organizzata dall’ICE di concerto con l’associazione di categoria Assomac, in un settore in cui l’Italia rappresenta il più importante esportatore di macchine per la lavorazione con un valore totale nel 2015 delle nostre esportazioni che ha superato i 34,5 milioni di euro, posizionandosi davanti a Cina, Taiwan e Germania.

Dal 3 al 6 febbraio invece a Bangalore, sono state 16 le aziende presenti all’interno del Padiglione Italiano alla fiera “Stona 2016”, organizzato sempre dall’ICE con l’Associazione di categoria Confindustria Marmomacchine, anche in questo comparto, nonostante una leggera flessione registrata nel 2015, l’Italia continua ad essere il secondo esportatore di macchine marmo in India dopo la Cina, con una quota pari a circa 31,8 milioni di dollari.

Tra gli altri comparti di punta del nostro export troviamo invece componenti e accessori per autoveicoli, motoristica, prodotti chimici e materie plastiche e gomma.

Guardando in prospettiva e alle opportunità non ancora sfruttate, Francesco Pensabene, direttore di ICE New Delhi, nella sua analisi segnala come il lavoro non manca per aziende ed istituzioni e auspica infatti:

“Una particolare e più mirata attenzione strategica nella pianificazione esportativa meritano i settori del lusso. Il comparto luxury vanta in India infatti un volume d’affari che si aggira intorno ai 13,5 miliardi di euro e l’Italia detiene una quota di mercato del 4,3%, mentre nell’occhialeria si arriva a punte del 18%. Va segnalata inoltre la dinamica che interessa design, arredamento, sistema casa e moda, il cui volume d’affari in India è cresciuto notevolmente, passando da 189 milioni di euro nel 2012-13 a 279 milioni di euro del 2014-15, mentre il nostro Paese registra lievi flessioni della propria quota di mercato che sfiora comunque il 7%.”

Sul versante degli investimenti esteri diretti in entrata, il primo paese europeo ad investire in India è il Regno Unito, terzo investitore assoluto (18,6 miliardi di euro e il 9,78% della quota sul totale), dopo Mauritius (70 miliardi di euro) e Singapore (20,8 miliardi di euro).

Il Subcontinente rappresenta ormai, dopo aver superato la Cina, la principale destinazione globale degli investimenti internazionali e nell’anno fiscale 2014-2015, i flussi in entrata degli investimenti esteri hanno fatto registrare un aumento del 27% totalizzando 27,35 miliardi di euro, contro i 21,47 miliardi del periodo 2013-2014.

Considerando invece i paesi membri del G20, il Regno Unito rappresenta il più grande investitore in India, con 20 miliardi di euro tra il 2000 e il 2015, mentre in termini assoluti, i paesi del G20 hanno investito nel Paese quasi 66,6 miliardi di euro negli ultimi 15 anni e Londra precede Giappone (16,4 miliardi), Stati Uniti (12,3 miliardi), Germania (6,8 miliardi) e Francia (4 miliardi).

L’Italia - con circa 400 imprese nel Paese - si colloca invece in XIII^ posizione per investimenti nel subcontinente tra il 2000 e il 2015, con 1,4 miliardi di euro ed una quota sul totale pari allo 0,64%.

In generale invece tra i settori più attrattivi per gli investitori stranieri in India troviamo invece IT (2,69 miliardi di euro), commercio (2,03 miliardi), servizi e automobilistico (1,29 miliardi ciascuno) e telecomunicazioni (582 milioni).

Il programma Make in India - lanciato dal Governo Modi nel 2014 con l’obiettivo di consolidare fortemente la competitività industriale del Paese, attraverso processi di riforma integrati e trasversali ed una energica politica di sostegno all’attrazione di investimenti multisettoriali - accende i riflettori su nuove opportunità per le imprese straniere in settori tradizionali ed innovativi come infrastrutture, meccatronica, energie rinnovabili, tecnologie agroalimentari/food processing, Information Technology, Smart Cities, tecnologie e materiali da costruzione, impiantistica, automotive, chimico, petrolchimico, farmaceutica, tessile e più in generale quindi offre prospettive di crescita per le PMI.

Si tratta di un insieme di misure articolate e complesse che investono l’intera società indiana, per garantirne il rilancio della produzione ed accrescere la competitività del mercato interno, con l’obiettivo – affatto secondario – di elevare la quota del manifatturiero sul PIL dal 15% al 20% entro il 2022, creando così 100 milioni di posti di lavoro.

L’obiettivo è alla portata, se si considera che la crescita del PIL indiano si attesta al 7,3-7,5% e secondo alcune fonti potrebbe arrivare al 7,5-7,8% per l’anno fiscale 2016-2017, facendo così registrare, il dato più consistente a livello globale tra le economie mondiali.

L’India dunque cresce così come crescono le ambizioni e le prospettive certificate anche dal XII^ posto nella classifica mondiale del rapporto “Doing Business” stilato dalla Banca Mondiale, fra i primi 10 paesi proprio nell’attrazione degli investimenti esteri diretti e secondo dati del primo semestre 2015, primo in assoluto per attrazione di investimenti greenfield con un incremento pari al 35%-40% per investimenti equity.

Tra analisti ed addetti ai lavori, l’India è spesso definita come un mercato dall’eterno potenziale e questa percezione, genera facilmente disillusione e senso di spaesamento tra gli operatori che provano ad approcciare un mercato immenso e di difficile comprensione.

I numeri però sono numeri e schiudono nuove prospettive di crescita e collaborazione per le nostre imprese, il cui know-how - soprattutto in alcuni settori come abbiamo approfondito - è ampiamente apprezzato nel Subcontinente dove si riscontra anche un sincero affetto e apprezzamento nei confronti del popolo italiano tutto e del nostro stile di vita.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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