Nel dibattito politico internazionale - ormai da qualche tempo - si è ritagliato uno spazio sempre maggiore il tema della Brexit, l’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ed il verdetto definitivo è sempre più vicino con il popolo britannico convocato alle urne per il prossimo 23 giugno.

A dir la verità la tenuta delle istituzioni comunitarie è stata messa più volte in discussione nel corso degli ultimi mesi e si è asssistito così al proliferare dei vari Grexit, Nexit e appunto Brexit e l’elenco continua ad aggiornarsi oggi con una new entry dal nord: Fixit.

Dietro tutte queste sigle, si nasconde il medesimo scenario, ovvero l’eventuale materializzarsi della fuoriuscita di uno di questi stati membri dall’Unione Europea.

Fixit l’ultimo acronimo ad esser stato coniato si riferisce alla possibilità che i cittadini finlandesi decidano attraverso un referendum - previa autorizzazione parlamentare - se rimanere o meno all’interno dell’Ue.

L’input è stato dato da una petizione firmata da più di 50.000 cittadini, discussa ed esaminata lo scorso 28 aprile dal Parlamento di Helsinki e per avere un responso in tal senso, occorrerà attendere circa quattro settimane.

Quel che va detto è che si tratta di un dibattito preliminare “obbligato” perché la petizione ha superato quota 50.000 firme ma, l’opzione di un’uscita della Finlandia dall’Ue non sembra essere ad oggi quella prevalente né all’interno della classe politica finlandese né tanto meno fra i cittadini.

Fixit appare dunque un’ipotesi improbabile, ma non si può negare come rappresenti l’ennesimo segnale che tradisce uno stato di insofferenza piuttosto diffuso nei confronti delle istituzioni e delle regole comunitarie.

A pagarne il conto è la stessa Europa che si indebolisce ulteriormente in uno dei momenti storici più difficili nell’evoluzione del progetto di unione economico-politica continentale.

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Ma da cosa deriva l’insoddisfazione di parte della popolazione finlandese?

La congiuntura economica negativa degli ultimi anni ha certamente avuto, e continua ad avere un peso nella formazione di forze centrifughe che spingono per un allontanamento del Paese dall’Ue.

La narrazione secondo la quale il ritorno ad una moneta nazionale possa produrre un miglioramento della situazione, affascina diversi strati della popolazione. Detto questo è molto complicato immaginare che uscendo dal progetto europeo la condizione economica del Paese possa improvvisamente volgere in meglio perchè Helsinki si trova in una fase di stagflazione in cui, ad un PIL poco dinamico, si abbina un tasso di inflazione addirittura negativo (-0,2%).

Dopo aver patito un triennio di contrazione economica (2012-2014) in cui il PIL si era ridotto in media dell’1% su base annua, nel 2015 il Paese è cresciuto appena dello 0,4% e oggi a destare più di una preoccupazione è soprattutto il dato occupazionale con il tasso di disoccupazione registrato cresciuto fino al 9,4%, ancora inferiore, ma in pericoloso avvicinamento alla media europea ferma oggi al 9,8%.

La crisi ed il declino economico sono dovuti ad una serie di fattori, primo fra tutti il pesante ridimensionamento subito da Nokia, gioiello nazionale che per anni ha sostenuto l’occupazione e l’innovazione nel Paese. A ciò va aggiunta la recente recessione in cui è piombata Mosca che non ha aiutato visto il ruolo di assoluto rilievo per l’economia finnica, nonostante abbia recentemente perso il primato di primo fornitore di beni della Finlandia, scendendo addirittura al terzo posto a causa di un calo elevato (-31%) rispetto al 2014. A questi fattori si aggiunge la forte perdita di competitività del sistema finlandese causata dall’abbassamento del livello di produttività industriale che, a detta degli esperti, porterà il Paese a registrare una performance pessima anche nel 2016 (superiore, a livello comunitario, solo alla Grecia).

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La crisi industriale finlandese non può che avere ripercussioni anche sul commercio estero che, nel corso del 2015, si è contratto sia in uscita (-4%) che in entrata (-6%). Oggi la Finlandia importa più di quanto esporta ed ha prodotto un disavanzo commerciale di circa 700 milioni di euro nel 2015.

Nonostante il periodo attraversato da Helsinki non sia fra i più rosei bisogna comunque ricordare che la popolazione finlandese gode di un elevato reddito medio pro capite (circa 37.000 euro annui), superiore di quasi il 50% rispetto ai livelli medi a disposizione dei cittadini di altri Paesi europei. Pertanto, gli oltre cinque milioni di abitanti hanno un potere di acquisto tale da potersi permettere di comprare prodotti d’eccellenza “Made in Italy” oltre ad essere sensibili alla qualità soprattutto nei classici comparti di eccellenza delle nostre produzioni (alimentare, vini, moda ed arredo).

Le relazioni economico-commerciali tra Italia e Finlandia sono buone e non presentano particolari criticità e sussitono dunque solidi presupposti affinché il saldo commerciale italiano resti positivo nei rapporti bilaterali con Helsinki e i nostri prodotti conquistino sempre più quote di mercato.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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