Il continente africano è una realtà vasta, complessa, variegata e dunque difficile da descrivere come un corpo unico. Allo stesso tempo però essa è attraversata da caratteri e tipicità comuni che consentono di individuare alcuni punti di contatto fra i 54 diversi Stati che la compongono. Delle opportunità presenti e future generate dalle peculiarità del Continente nero si è discusso lo scorso 30 maggio in occasione del convegno organizzato dal Cna Industria di Roma dal titolo “La nuova frontiera dell’Africa: opportunità di business e strategie per le imprese italiane”.

Quando si parla di Africa è certamente la crescita demografica uno dei primi elementi su cui soffermarsi perché secondo l’Onu, nel 2050, più del 50% della crescita della popolazione mondiale avverrà in Africa con una cittadinanza che dovrebbe più che raddoppiare nei prossimi 34 anni passando da 1,1 a 2,4 miliardi. Secondo queste stime la Nigeria, oggi il Paese più popoloso del continente, potrebbe addirittura superare gli USA passando dagli attuali 181 milioni a ben 444 milioni di abitanti.

Inoltre a rafforzarsi sarà anche la tendenza già in atto da qualche tempo che vede le popolazioni degli Stati africani trasferirsi dalle campagne alle città tanto che nel 2020 si dovrebbero contare ben 7 metropoli con popolazione superiori ai 5 milioni di abitanti: Lagos (14,2 milioni), Kinshasa (12,8), Il Cairo (12,5), Luanda (7,1), Abidjan (5,5), Nairobi (5,2) e Dar es Salaam (5,1).

La forza dei numeri di questo continente è tanto straordinaria da apparire quasi inarrestabile ed è per questo che esso deve essere considerato il vero mercato del futuro. Un Paese che nonostante presenti notevoli aspetti di criticità e rischiosità è una miniera di enormi potenziali opportunità.

Già oggi l’Africa è, dopo l’Asia, la seconda regione a maggiore crescita economica a livello globale e, sebbene non si debbano mai dimenticare i punti di partenza, che sono ancora molto modesti rispetto a quelli della maggior parte degli altri Paesi a livello mondiale, i margini di miglioramento sono incredibili.
Alcuni Paesi africani la cui economia è fortemente basata sullo sfruttamento delle risorse del sottosuolo come Nigeria ed Angola vivono oggi una fase delicata in ragione del sensibile calo del prezzo delle materie prime sui mercati internazionali ma anche a causa del rallentamento dell’economia cinese che ha ridotto le importazioni di prodotti dal continente nero.

Non tutti i mali vengono però per nuocere ed in effetti questi due eventi negativi potrebbero tramutarsi in una grossa opportunità di riconversione delle economie di alcuni dei Paesi africani e renderli così meno dipendenti dal petrolio favorendo lo sviluppo delle rinnovabili e/o promuovendo l’instaurarsi di nuove e positive partnership commerciali.

Fra i settori più promettenti in cui investire in Africa ci sono le infrastrutture (stradali, ferroviarie, portuali, sanitarie, tecnologiche, energetiche etc…) che sono oggi responsabili di oltre la metà della recente crescita economica del Paese e le previsioni parlano di un incremento esponenziale delle necessità infrastrutturali africane nel prossimo trentennio.

Ma la vera risorsa madre su cui puntare è l’agricoltura capace di generare un quarto del PIL africano e dare lavoro ad una cifra che oscilla fra il 60 e l’80% del totale dei cittadini. L’Africa possiede un patrimonio agricolo ancora inesplorato tanto che il 50% delle terre non sono coltivate del pianeta si trovano qui ma, a causa di una produttività bassissima, essa si trova costretta ad importare circa 30 miliardi di dollari annui di prodotti del comparto Food&Beverage.

Dalla collaborazione, specialmente a livello tecnologico (cessione di know-how, vendita di macchinari, attrezzature, etc…) fra imprese occidentali ed africane passa una delle potenziali chiavi di volta del futuro del Paese ed il Made in Italy, capace di stupire il mondo intero per la qualità dei suoi prodotti e per la capacità di lavorarli può giocare un ruolo di primissimo piano in questo processo.

Altri settori su cui vale la pena tenere accesi i riflettori sono farmaceutico, sanità, turismo e servizi finanziari.

Inoltre in Africa si sta ampliando una classe media (triplicata negli ultimi 30 anni) che oggi conta oltre 350 milioni di persone e che nel 2060 dovrebbe superare il miliardo. Questo sembra essere un aspetto completamente ignorato dalle imprese italiane che non sembrano essere a conoscenza del grande valore del mercato interno africano, nonostante l’ottima reputazione di cui i nostri prodotti godono sul territorio. Nel 2030 la middle-class africana avrà un potere di spesa si circa 2200 miliardi di dollari e molti brand mondiali hanno fiutato le opportunità cominciando ad aprire sedi e fabbriche in loco.

Adesso tocca anche al Belpaese mettersi in moto ma il consiglio da dare alle nostre imprese è, come sempre, quello di studiare, documentarsi e non farsi trascinare da fretta ed approssimazione prima di decidere quale dei 54 mercati scegliere per ampliare i propri orizzonti di business.

La storia inevitabilmente finirà per porre sulle luci della ribalta su “l’ultimo mercato rimasto” come spiegato da Massimo Zaurrini, direttore Responsabile di Africa e Affari ed InfoAfrica. Il tessuto imprenditoriale italiano deve semplicemente decidere se anticipare i tempi o se essere costretto, come troppo spesso accade, a rincorrere.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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