Exportiamo ha partecipato al VI Summit “Italy Meets the USA”, un evento fondamentale per rafforzare il dialogo tra Italia e Stati Uniti sui temi dell’interscambio e degli investimenti cross-border.

Non potevano mancare riferimenti allo scenario attuale e alle possibili ripercussioni su export e investimenti in seguito all’elezione di Trump come Presidente degli Stati Uniti e al ruolo dell’Italia nel contesto internazionale.

Al centro del dibattito le esperienze e le prospettive degli investitori italiani e americani che hanno parlato delle opportunità offerte dal mercato tricolore agli investitori USA e di come le nostre PMI esportatrici possono migliorare il loro approccio al mercato statunitense.

I settori approfonditi sono stati cinque: telecomunicazioni, energia, farmaceutica, manifattura ed agroalimentare.

L’Italia oggi

Durante i vari interventi si è rimarcato l’alto potenziale dell’Italia nonostante il clima di instabilità politica interna unito al diffuso pessimismo riguardo al futuro economico del nostro Paese.

In effetti il Belpaese è ancora l’8a economia al mondo, la 3a in Europa e il 1° Paese al mondo per facilità di commercio con l’estero (grazie anche alla posizione strategica al centro del Mediterraneo), oltre ad essere uno dei Paesi più ricchi a livello artistico, culturale e paesaggistico.

Altro passaggio delicato è stato quello relativo all’aspetto finanziario: infatti dal BaroMed di EY emerge che sebbene la crisi finanziaria abbia portato a un deterioramento dei conti delle banche e alla crescita improvvisa dei crediti problematici (NPL), il clima economico è in miglioramento, con la ripresa dei prestiti per imprese e famiglie ed un buon livello di ricchezza privata, soprattutto negli investimenti immobiliari.

Inoltre la Brexit potrebbe essere l’opportunità giusta per attrarre importanti capitali in Europa provenienti dal Regno Unito: secondo Ernest Young il 14% degli investitori esteri che sono attualmente operativi in Gran Bretagna vorrebbero riallocare queste risorse in Europa per rimanere nel Mercato Unico.

Infine un riferimento alla bilancia commerciale dell’Italia che nel 2016 ha raggiunto quota 46 miliardi di euro (+26,4% rispetto al 2015): non a caso l’export ha contribuito al 25% del PIL con oltre 380 miliardi di euro e le previsioni future - elaborate da SACE - sono positive (+3,7% entro il 2019).

Ma, come più volte sottolineato dai vari speaker che hanno preso parte al summit, la conditio sine qua non per il definitivo rilancio dell’Italia è quella di diventare un Paese più attrattivo per gli investitori stranieri; obiettivo raggiungibile attraverso un percorso strutturale di riforme volto a semplificare pubblica amministrazione, giustizia, fiscalità e trasporti.

Le eccellenze italiane negli Stati Uniti

“Italy meets the USA” è stata anche l’occasione per evidenziare le qualità di alcune eccellenze italiane che operano oltreoceano, le quali riescono ad affiancare a competenza, professionalità e creatività anche flessibilità e buone capacità manageriali, doti molto apprezzate dalle aziende americane.

Enel, ad esempio, è attualmente attiva nel settore energia statunitense con 86 impianti attivi in 13 Stati diversi che producono energia solare, eolica, geotermica ed idroelettrica: tra questi spicca il sito di Cove Fort (Utah), la più grande centrale elettrica al mondo che riesce a combinare produzione di energia idroelettrica e geotermica.

Nel mondo automotive spicca FCA con 84.000 dipendenti e 37 siti produttivi che hanno dato una forte spinta innovativa al settore in termini di sicurezza, efficienza del carburante, cruise control ed intrattenimento.

Una nota particolare merita Lamborghini che nel laboratorio di Seattle ha creato una particolare fibra in carbonio ad un costo minore e con prestazioni superiori rispetto a quelle tradizionali.

Ma il settore dove l’Italia primeggia nel mercato americano è quello dei macchinari: basti pensare a IMA, azienda leader a livello mondiale specializzata nel processo e nel confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè e caffè. E la presenza in Nord America sta crescendo negli ultimi anni con 3 siti produttivi attualmente attivi e 5 filiali per le vendite.

Ma c’è anche SACMI, azienda metalmeccanica che produce macchine per ceramiche, bevande, confezioni, processi alimentari e plastiche.

Infine un riferimento al settore agroalimentare, sicuramente il più importante per l’export italiano e che purtroppo paga i danni dovuti all’Italian Sounding. Tra le aziende del Belpaese più attive vi è sicuramente il franchising Eataly attualmente presente a Chicago, Boston e New York.

Eataly ha avuto la capacità di introdurre (con successo) una nuova esperienza nel “food retail”: l’obiettivo è coniugare il momento dell’acquisto con l’aspetto educativo, in modo da rimarcare gli aspetti di genuinità e tradizione tipico dei prodotti italiani.

E, a quanto pare, il format funziona visto che nel 2017 sono previste due nuove aperture a Los Angeles e Las Vegas che, si spera, riusciranno a contenere gli effetti nefasti dell’Italian Sounding sul nostro export agroalimentare.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it

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