In Germania il risultato delle elezioni potrebbe aver sancito la fine dell’accordo fra conservatori e socialdemocratici, usciti entrambi ridimensionati dal voto di domenica. Il rischio ora è che le politiche tedesche tornino ad assumere connotati più “severi” con effetti a cascata sulla riforma della governance europea e sulla flessibilità di bilancio

Molti parlano di risultato al di sotto delle aspettative, altri (esagerando) di un vero e proprio tracollo ma anche la stessa Angela Merkel ha commentato l’esito elettorale di ieri senza usare mezzi termini: “Avrei sperato in un risultato migliore”.

Il risveglio della CDU all’indomani delle elezioni ha avuto quindi, nonostante la vittoria, un sapore agrodolce perché il voto di ieri ha certificato che le politiche degli ultimi anni, più morbide sia nei confronti dell’immigrazione sia nei confronti dei vincoli di bilancio europei, non sono piaciute a una buona parte dei cittadini tedeschi.

A confermarlo è stato il clamoroso successo ottenuto dall’Afd (12,6%), un partito giovane ma capace, in soli quattro anni, non solo d’entrare in Parlamento ma di diventare addirittura la terza forza del Bundestag.

Cavalcando l’onda del populismo razzista l’Afd ha impostato una campagna contro le centinaia di migliaia di rifugiati che il governo di Grosse Koalition ha deciso di accogliere in questi anni chiedendo a gran voce la chiusura di moschee e minareti e negando/ridimensionando le responsabilità storiche del nazismo.

Secondo molti l’ipotesi più accreditata per la formazione del nuovo esecutivo è la cosiddetta “coalizione Giamaica” (termine coniato dal colore della bandiera del Paese) che vedrebbe l’aggregazione di CDU (32,9%), liberali (10,8%) e verdi (8,9%).

Un’alleanza inedita che porterebbe il Paese ad una maggiore instabilità rispetto al passato recente in cui i due più grandi partiti CDU e SPD (crollato al 20,5% dei consensi) hanno governato per 8 degli ultimi 12 anni.

Da sottolineare infine che in ogni caso è l’SPD di Schulz il più grande sconfitto di questa tornata elettorale, danneggiato soprattutto da un atteggiamento troppo remissivo rispetto alle politiche della Merkel, elemento che ha provocato una profonda disaffezione in buona parte dell’elettorato socialdemocratico.

Effetti sull’Europa

L’affermazione dell’Afd, si diceva, potrebbe decisamente condizionare la politica tedesca dei prossimi anni soprattutto se la Cancelliera vorrà tentare di arginare il malcontento che molti dei suoi (ex) elettori hanno palesato con il voto di ieri.

Potrebbe quindi essere stoppato sul nascere quell’asse con Macron che sembrava poter portare una svolta in materia di riforme UE, rese ora molto più difficili da un’ipotetica maggioranza nero-verde-giallo.

In particolare il partito liberale di Christian Lindner è contrario a trasferimenti di risorse dagli Stati più ricchi a quelli meno ricchi dell’eurozona ed in generale sostiente posizioni piuttosto euroscettiche.

Sono quindi a rischio una serie di temi su cui si era cominciato a ragionare per il rilancio dell’Europa fra cui la creazione di un ministro unico delle Finanze, la creazione di un fondo di stabilizzazione per i momenti di crisi e la nascita di un fondo europeo per la disoccupazione.

Resta quindi da capire se il processo di riforme in Europa si arresterà del tutto o se riuscirà comunque a proseguire il suo cammino.

A tal proposito però bisogna sottolineare che la Merkel ci ha tenuto a dichiarare che “sarà perseguita una politica europeista” e che anche la politica nei confronti dell’immigrazione finora messa in atto non subirà cambiamenti di rilievo.

Rimane però da verificare se la CDU avrà la forza ed il coraggio di fare quanto dichiarato dalla sua leader o se alla fine cederà all’opportunismo politico di approvare alcune misure in contraddizione con le politiche perseguite negli ultimi anni al fine di recuperare almeno un parte del consenso perso.

La palla passa all’Italia?

In generale comunque si ritiene che gli effetti delle elezioni tedesche siano di portata limitata, almeno nel breve periodo, mentre gli equilibri nel “Vecchio Continente” potrebbero essere rotti dagli esiti delle elezioni di novembre in Austria, dall’evolversi della situazione in Catalogna ma soprattutto da quello che accadrà in Italia nella prossima primavera, quando si tornerà al voto con una legge elettorale che, se non sarà modificata, potrebbe condannare il Belpaese ad una situazione di stallo ed ingovernabilità.

Un’eventualità che costituirebbe un colpo non da poco per la credibilità dell’Italia, specialmente rispetto alla capacità del Paese di portare avanti il percorso riformatore faticosamente intrapreso nel corso di questa legislatura e che, proprio adesso, sta iniziando a produrre i primi timidi risultati.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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