Dopo 5 anni di incertezza, nel 2017 il commercio internazionale ha imboccato un nuovo sentiero di crescita: tutte le rilevazioni vanno in questa direzione.

La domanda cruciale diventa quindi: a quale ritmo? Infatti, in termini di possibile sostegno allo sviluppo delle imprese italiane, un conto è una crescita del commercio al 5%; un altro conto è una crescita al 10%; un altro ancora è una crescita al 15%.

Ci sono molti modi per misurare il commercio internazionale. Uno è quello di misurare tutti gli scambi in una determinata valuta: dollaro, ad esempio, oppure euro.

Utilizzando la misurazione in dollari, il commercio internazionale è aumentato nei primi 9 mesi dell’anno del 8.8% rispetto al corrispondente periodo del 2016. Se misurato in euro, il tasso di crescita dei primi 9 mesi risulta del 9.2%. Le due percentuali presentano una leggera differenza perché nella media dei primi 9 mesi dell’anno l’euro si è deprezzato verso il dollaro.

Un altro modo per misurare il commercio internazionale è quello di considerare il peso delle merci scambiate. Prendendo in esame il peso, il commercio internazionale è aumentato nei primi 9 mesi del 5.7%. Va osservato tuttavia che il peso, per un aggregato come il commercio internazionale, non è un buon indicatore per via dell’elevata eterogeneità dei beni che lo compongono. Il peso potrebbe infatti aumentare per via dell’aumento di scambi di merci quali i minerali, che pesano molto e costano poco, oppure per un incremento dei flussi di prodotti di abbigliamento, che pesano poco e costano relativamente molto. E’ evidente che un aumento delle tonnellate scambiate, dovuto ad un aumento degli scambi di minerali ha un significato economico diverso rispetto alla stessa crescita dovuta però ad un aumento dei flussi di abbigliamento.

Un ultimo criterio di misura è quello dei valori a prezzi costanti, che depura dai valori nominali sia l’effetto prezzo che l’effetto valuta. Questa è la misura apprezzata dagli economisti ed è quella che comunemente si utilizza quando ci si riferisce alla crescita economica di un Paese.

In questi giorni si parla, ad esempio, della possibilità che il PIL italiano possa registrare una crescita nel 2017 prossima al 2%. Questa cifra, è appunto la crescita del PIL misurata a prezzi costanti. Il calcolo del commercio internazionale a prezzi costanti tende a produrre risultati leggermente diversi a seconda di quali prezzi sono utilizzati per il suo calcolo. La stima per il 2017 indica una crescita che si colloca tra il 4% e il 5%.

La misura che sembra più utile per le imprese che esportano è quella degli scambi misurati in valuta corrente, considerando sia quelli in dollari che quelli in euro. Queste misure sono, infatti, equivalenti a quelle utilizzate dalle imprese per misurare le loro vendite all’estero e possono essere usate per effettuare valutazioni comparate. Utilizzando queste due misure, nel grafico che segue sono riportati i tassi di crescita medi annui del commercio internazionale negli ultimi 3 quinquenni storici e nel quinquennio 2017-2021, previsto da StudiaBo e contenuto nell’ultima versione del Sistema Informativo Ulisse. Questa previsione del commercio, per paese e prodotto, ha come riferimento macroeconomico lo scenario di previsione mondiale pubblicato alcuni giorni fa dal Fondo Monetario Internazionale.

Tassi di variazione medi annui del commercio mondiale in valore

Dal grafico emerge chiaramente che nel quinquennio 2011-2016 il commercio internazionale ha registrato una debole crescita solo nella misurazione in euro, grazie al suo deprezzamento verso il dollaro. Viceversa, se misurato in dollari, il commercio internazionale, negli ultimi 5 anni, ha accusato una diminuzione, segnalando chiaramente come in questo periodo esso non sia risultato un fattore di crescita dell’economia mondiale. Questo risulta ancora più evidente se si confrontano i quinquenni precedenti. Naturalmente il quinquennio 2001-2006, caratterizzato dall’entrata della Cina nel WTO e dall’accelerazione del processo di globalizzazione, ha registrato tassi di crescita eccezionali, soprattutto in dollari. Ma anche il quinquennio 2006-2011, che contiene la drammatica crisi del 2009, presenta tassi di crescita significativi a conferma che, dopo la crisi finanziaria del 2008, ancora per alcuni anni il commercio internazionale è risultato quale fattore di sostegno della crescita mondiale. Da questa analisi emerge l’eccezionalità negativa del quinquennio più recente.

Il quinquennio che inizia quest’anno si prospetta decisamente più roseo rispetto agli anni passati, anche se difficilmente ritornerà ad esprimere tassi di crescita pari a quelli registrati nel primo decennio di questo secolo. Va tuttavia segnalato come il valore degli scambi mondiali tra il 2001 e il 2016 sia più che raddoppiato. I tassi di crescita nei diversi periodi vanno quindi valutati anche in relazione ai livelli a cui fanno riferimento. Sui mercati esteri si prospetta, quindi, una situazione differente rispetto a quella degli ultimi anni. Se nel passato le imprese italiane si sono orientate verso i mercati esteri soprattutto per sfuggire alla debolezza del mercato italiano, nel prossimo futuro potrebbero aggiungersi altre motivazioni, legate ad un commercio internazionale che mostra nuovamente segnali di crescita.

Fonte: a cura di Luigi Bidoia di UlisseMag.it, redazione@exportiamo.it
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