L’11 gennaio 2018 Invitalia Global Investment e due banche iraniane, Bank of Industry and Mine e Middle East Bank, hanno firmato un accordo in cui sono stati fissati i termini e le condizioni generali che regoleranno i futuri contratti di finanziamento tra il “veicolo finanziario” del Mef e gli istituti di credito iraniani nei settori energia, infrastrutture, chimica, petrolchimica e metallurgia, per un importo complessivo pari a 5 miliardi di euro.

I finanziamenti per i progetti selezionati godranno sia della garanzia sovrana italiana che di quella iraniana limitando così i rischi di mercato per le imprese.

I due Ministeri degli Affari Esteri italiano e iraniano hanno sottolineato come l’accordo sia “un passo importante per il consolidamento della partnership economica e finanziaria tra i due Paesi, le cui origini vanno molto indietro nel tempo. L’obiettivo principale dell’accordo è quello di rafforzare il tessuto economico iraniano, in linea con gli obiettivi stabiliti dal Governo dell’Iran e con le legittime aspirazioni del popolo iraniano, conformemente all’attuazione del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA)“.

Di questo si è parlato nel convegno “Iran: relazioni politiche e opportunità economica” -organizzato dallo studio legale Nctm con l’Istituto Affari Internazionali (IAI) - in cui è intervenuto Michele Quaroni, Consigliere Diplomatico del Ministro dell’Economia, affermando che sei banche italiane stanno finalizzando l’accordo con Invitalia Global Investment per creare supporto uno strumento di supporto all’internazionalizzazione delle imprese italiane in Paesi a rischio e per fornire i mezzi finanziari necessari al finanziamento di importanti progetti in Iran”.

Nel prosieguo del convegno Riccardo Alcaro, Responsabile IAI del programma ” Attori globali”, ha aggiunto che “con Donald Trump, gli Stati Uniti sono tornati a una politica di ostilità a tutto campo nei confronti dell’Iran. Il presidente americano vede nella Repubblica islamica una minaccia agli interessi nazionali e alla sicurezza degli alleati mediorientali degli Usa, ed è determinata a ridurne l’influenza regionale“.

Quattro sono i motivi che possono spiegare l’ostilità dell’attuale amministrazione Usa verso l’Iran. Il primo è il peso di quasi quarant’anni di reciproco antagonismo, il secondo deriva dal fatto che in America l’ostilità anti-iraniana è ampiamente diffusa, sia a destra che a sinistra, ed il terzo è che i principali consiglieri di Trump per le politiche in materia di sicurezza non vedono di buon occhio Teheran. Infine l’ultimo motivo – ha concluso Alcaro – risiede nel fatto che un elemento costante della presidenza del tycoon è stata la tendenza a rinnegare l’intero lascito del suo predecessore, Obama, che invece aveva impostato in maniera del tutto differente le relazioni statunitensi con l’Iran.

In effetti la nuova politica dell’amministrazione di Trump nei confronti dell’Iran sembra poggiare su tre ‘pilastri’: delegittimazione, sanzioni e contenimento.

Delegittimazione

L’amministrazione Trump ritiene realistico l’obiettivo di ricreare l’isolamento internazionale in cui l’Iran era sprofondato durante la disputa nucleare. Tuttavia l’amministrazione è determinata a promuovere, per quanto possibile, la delegittimazione della Repubblica islamica in modo da scoraggiarne il reintegro nella comunità internazionale. In sostanza, la strategia è quella di circondare di un alone di inappropriatezza i rapporti con l’Iran e quindi aumentarne i costi in termini di reputazione e relazioni con gli Usa.

Sanzioni

Il secondo consiste nella riduzione degli spazi ‘legittimi’ (da una prospettiva americana) di interazione economica con persone fisiche e giuridiche iraniane.Il primo obiettivo sono le imprese e gli individui che favoriscono lo sviluppo del programma balistico iraniano. Il secondo bersaglio sono poi le Guardie rivoluzionarie (i pasdaran), ovvero la forza para-militare istituita agli albori della Repubblica islamica allo scopo di difendere i valori e le istituzioni rivoluzionarie.

Contenimento

Una delle critiche mosse da Trump all’accordo nucleare negoziato da Obama è che esso riguarda esclusivamente il programma nucleare e non tocca in nessun modo il ruolo regionale dell’Iran. Come detto, l’amministrazione ritiene il ruolo dell’Iran in Iraq, Siria, Libano, Yemen, ed in altri teatri minori della regione altamente destabilizzante. L’Iran ha in effetti visto aumentare la sua influenza regionale in seguito alla deposizione di Saddam in Iraq e alla guerra civile in Siria.

I Paesi europei tuttavia sembrano intenzionati ad esplorare tutte le opzioni possibili per aprire un tavolo negoziale con l’Iran circa i limiti imposti al programma nucleare iraniano, che cominceranno a decadere progressivamente dal 2025 al fine di raggiungere un difficile equilibrio fra armonia internazionale e salvaguardia dei rispettivi interessi economici.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Morvarid Mahmoodabadi, redazione@exportiamo.it

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