Agroalimentare: perché per le aziende italiane è così difficile entrare nella GDO statunitense?

Agroalimentare: perché per le aziende italiane è così difficile entrare nella GDO statunitense?

08 Febbraio 2018 Categoria: Marketing Internazionale Paese:  USA

Gli Stati Uniti rappresentano un mercato assai ambito per molte aziende straniere del settore agroalimentare ed, in questo senso, non fanno eccezione le imprese del Made in Italy. Ma le difficoltà da fronteggiare per entrare negli States sono svariate e comprendono aspetti dimensionali, operativi, finanziari e logistici.

Nel 2017 l’export di prodotti Food&Beverage italiani negli Stati Uniti ha raggiunto la cifra record di 3,8 miliardi di euro con un incremento del 4% rispetto al 2016 ed un’incidenza del 10% sul totale dei beni esportati dal Belpaese verso gli States.

New Jersey, New York e California assorbono, da soli, il 60% della richiesta di prodotti agroalimentari Made in Italy: aggiungendo Illinois, Florida e Texas questa percentuale tocca addirittura il 90%.

A livello globale gli Stati Uniti, nel 2017, hanno importato oltre 130 miliardi di prodotti Food&Beverage attestandosi al primo posto nella graduatoria mondiale. Queste cifre indicano che c’è ancora tanto lavoro da fare visto che nel quadro globale dell’import statunitense l’Italia ha un peso specifico del 3% circa, scontando in larga parte gli effetti negativi dell’Italian Sounding che lo scorso anno ha prodotto un giro d’affari da 27 miliardi di euro solo in Nord America.

Interessante anche il sondaggio di Nomisma che ha intervistato 2.500 consumatori americani per valutare il grado di apprezzamento del Made in Italy ed i criteri di scelta che spingono i consumatori ad acquistare i prodotti nostrani.

Il prezzo rappresenta la variabile d’acquisto più decisiva risultando determinante per il 20% degli intervistati (percentuale che sale al 40% per i consumatori del Midwest), mentre i prodotti autentici italiani si posizionano al primo posto in termini di reputazione.

Un altro dato su cui riflettere è rappresentato dal fatto che soltanto il 10% degli intervistati ha saputo riconoscere e distinguere i brand italiani autentici da quelli contraffatti: è il cosiddetto “authentic user” ovvero un consumatore con reddito familiare medio alto, di età compresa tra i 36 e i 51 con un alto livello di istruzione e che segue corsi e programmi TV di cucina. Un chiaro segnale che le aziende italiane investono poco in branding ed attività promozionale.

Il Made in Italy sconta una scarsa presenza nella GDO americana

La scarsa penetrazione nel mercato USA è rappresentata dalla difficoltà per le PMI italiane di accedere agli scaffali della GDO americana per i limiti dal punto di vista dimensionale, operativo e finanziario oltre che logistico. In questa direzione si sta muovendo ICE Agenzia che, nel 2016, ha chiuso un importante accordo con Walmart per la distribuzione di circa 3.600 prodotti provenienti da 1.500 aziende italiane con il logo “Extraordinary Italian Taste”.

Il mondo della GDO negli Stati Uniti è in mano a pochi player: basti pensare che proprio Walmart (fatturato di circa 365 miliardi di dollari nel 2017 solo negli USA) ha 2/3 della popolazione americana a meno di 9km da ciascuno dei suoi 4.881 punti vendita.

Entrare nella GDO negli Stati Uniti è molto difficile: innanzitutto perché in termini operativi viene richiesto uno sforzo organizzativo e finanziario che spesso le PMI italiane non riescono a sostenere. Inoltre le procedure di entrata sono strutturate in modo rigido e le regole commerciali per i fornitori sono abbastanza ferree.

Nel 2017 le vendite totali di Food&Beverage nel retail a stelle e strisce hanno superato i 700 miliardi di dollari. Per quanto riguarda le quote di mercato dei principali player americani troviamo:

1. Walmart 17,3%
2. Kroger 8,9%
3. Alberstons/Safeway 5,6%
4. Costco 5,1%
5. Sam’s Club 3,4%
6. Publix 3,4%
7. Ahold 2,5%
8. HEB Grocery 1,9%
9. Whole Foods 1,7%
10. Delhaize 1,7%
11. Shop Rite 1,7%
12. Target 1,5%
13. Meijer 1,4%
14. Aldi 1,3%
15. Trader Joe’s 1,1%

Dal ranking si evince che Walmart, Kroger, Alberstons/Safeway e Costco da soli detengono il 37% circa delle vendite di generi alimentari negli Stati Uniti.

Una menzione merita anche il canale online che sta vivendo un periodo di crescita vertiginosa negli ultimi anni tanto che, secondo Statista, nel 2017 la vendita di prodotti agroalimentari online negli States ha toccato quota 14,2 miliardi di dollari e dovrebbe crescere fino a raggiungere quota 30 miliardi nel 2021.

In questo quadro generale è importante sottolineare le difficoltà delle aziende italiane ad investire in promozione e marketing esperienziale: aspetti fondamentali per avere successo nel mercato USA e per ambire agli scaffali della GDO.

Per ricevere ulteriori informazioni sul mercato USA e su come esportare i propri prodotti Food&Beverage si consiglia di contattare IBS North America scrivendo ad info@ibsna.us oppure chiamando la sede italiana raggiungibile al numero 06-5919749.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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