Nonostante timidi passi in avanti si è nuovamente concluso con un nulla di fatto l’ultimo round negoziale tra l’Unione Europea e il Mercosur svoltosi ad Asunción, capitale del Paraguay, tra il 21 febbraio e il 2 marzo 2018. Il Ministro degli Esteri paraguaiano Eladio Loizaga, che presiederà il Mercosur per la prima metà del 2018, ha comunque annunciato che gli incontri proseguiranno nelle prossime due/tre settimane di persona o in teleconferenza, approfittando del fatto che i membri del Mercosur si troveranno ad Asunción per negoziare un trattato con il Canada.

Una storia lunga 19 anni quella delle trattative per il raggiungimento dell’accordo commerciale che mira ad abbattere le barriere tariffarie tra i due blocchi. L’inizio delle trattative tra UE e Mercosur (letteralmente “Mercato Comune del Sud”, è un’area di libero scambio che comprende attualmente Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, essendone stato il Venezuela recentemente espulso) risale infatti al 1999, ma si vide bruscamente interrotto dalla crisi che colpì l’Argentina nel 2001 e che ha portato ad una lunga sospensione totale del dialogo fino al 2010.

Dopo diversi incontri infruttuosi il negoziato vero e proprio è ripreso nel 2016 a seguito dell’ascesa al potere dei governi liberali di Temer e Macri in Brasile e Argentina. Il processo ha visto un’accelerazione anche a seguito dell’avvio di politiche protezionistiche da parte degli USA, tra cui l’apparente accantonamento del TTIP (accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013 tra l’UE e gli USA) ed oggi la minaccia di dazi da parte di Trump, che hanno portato l’UE a cercare nuove vie per espandere i proprio mercati. Da allora le trattative sono andate avanti, seppur con qualche interruzione, fino a questo ultimo round, momento in cui era previsto il raggiungimento di un accordo ma che invece si è concluso senza progressi sui punti più caldi.

La situazione attuale è quella di uno stallo totale che non vedrà risoluzione se le due parti non cederanno a compromessi.

Cosa comporterebbe la conclusione del trattato tra Europa e Sud America?

La conclusione dell’accordo e il conseguente abbattimento di molte barriere tariffarie creerebbe nuove opportunità in termini di export, business e investimenti per le imprese di entrambe i blocchi.

Va sottolineato inoltre che già adesso, grazie anche ad alcuni accordi bilaterali che l’Unione ha stipulato separatamente con gli stati membri del Mercosur, l’Europa è il primo partner commerciale del Mercosur (21.8% degli scambi commerciali totali nel 2016) ma anche il primo esportatore nel Mercosur (41.5 miliardi di euro nel 2016 vs. i 40.6 miliardi di euro esportati dal blocco Mercosur nel Vecchio Continente). L’Unione Europea, inoltre, è anche il maggiore investitore estero nella regione: nel 2014 gli investimenti europei nei paesi aderenti ammontavano a 387 miliardi di euro (un terzo di quelli stranieri complessivi); al contempo gli stati del Mercosur investivano in UE nello stesso anno 115 miliardi (per approfondire clicca qui).

È dunque evidente come un trattato di libero scambio tra i due blocchi garantirebbe alle imprese una maggiore convenienza: si stima infatti che l’eliminazione dei dazi assicurerebbe agli investitori europei un guadagno ulteriore di 4,4 miliardi di euro l’anno, e in cinque anni le esportazioni europee nella regione raddoppierebbero. La stipula di un accordo garantirebbe alle imprese europee un mercato di 30 miliardi di dollari di acquisti governativi nel solo Brasile.

Lo stato delle trattative

Perché allora le trattative non sono state ancora concluse? Il nodo della questione è legato a due contingenti agricoli: l’etanolo e la carne bovina.

Il Mercosur ha tradizionalmente protetto il settore agricolo, in quanto esso pesa in modo considerevole sulla bilancia commerciale del blocco. Infatti, gran parte delle esportazioni dei paesi latino-americani verso l’Europa riguardano proprio prodotti agricoli (prodotti alimentari, bevande, tabacco che hanno coperto il 24% dell’export nel 2016), prodotti vegetali come soia e caffè (18%), zucchero, etanolo, e carne (6%).

Se quindi, come è ovvio, il Mercosur mira ad ottenere il libero accesso, senza restrizioni, ai mercati in cui riesce ad essere maggiormente competitivo, l’UE, dal canto suo, cerca di guadagnare spazio non solo in alcuni comparti del settore primario (le tariffe sulle importazioni dei prodotti caseari sono del 28% nel Mercosur), ma soprattutto nei mercati prettamente manifatturieri in cui riesce ad offrire prodotti a prezzi più vantaggiosi, come macchinari (28% dell’export), mezzi di trasporto (17%), prodotti chimici e farmaceutici (24%).

Per ottenere un’apertura sui mercati europei per le proprie carni bovine, il Mercosur si è mostrato disponibile a negoziare sui prodotti industriali, concordando di abolire in maniera accelerata, entro 10 anni, le aliquote dell’imposta di importazione del 60% di quelle che vengono importate dall’UE, anziché in 15 anni (prima, solo il 19% aveva liberalizzazione in dieci anni). Complessivamente, il Mercosur ha soddisfatto la domanda dell’UE e si è impegnato ad eliminare le tariffe del 90% delle importazioni originarie dell’UE. Inoltre, ha presentato revisioni di offerte su scambi di beni, servizi e appalti pubblici.

Sul fronte opposto, l’Europa si ritrova invece a dover affrontare una spaccatura interna difficilmente sanabile. Se da un lato infatti, alcuni paesi europei tra cui Germania e Spagna spingono per arrivare alla conclusione del negoziato (che permetterebbe di ottenere, ad esempio, l’accesso agli appalti pubblici in Sudamerica e aprirebbe la porta a un nuovo business che, solamente per il Brasile, varrebbe circa 150 miliardi di euro), dall’altro, una frangia di undici paesi comunitari, capitanati da Francia, Polonia e Irlanda, vedrebbero minacciate le loro produzioni di carne bovina.

L’Unione, seppur consapevole che saranno proprio i produttori europei del comparto primario a fare le spese dell’accordo in quanto su di loro graveranno le maggiori perdite economiche, ha proposto l’introduzione di una tariff rate quota, concedendo a dazio zero una quota annuale di 99.000 tonnellate di carni bovine e di 600mila tonnellate di etanolo per il Mercosur.

Il Copa e la Cogeca - organizzazioni che rappresentano le categorie professionali agricole all’interno dell’Unione Europea – si sono tuttavia opposte descrivendo l’offerta come “inaccettabile“, sia perché ciò implicherebbe una concorrenza sleale nei confronti degli allevatori europei (soprattutto in vista della Brexit le cui conseguenze non sono ancora note in riferimento al fatto che il 52% delle carni bovine irlandesi è attualmente destinato al mercato britannico), sia perché determinerebbe un abbassamento della qualità per i consumatori, considerato che i Paesi Mercosur non rispettano i serrati standard produttivi e di tracciabilità oggi vigenti nel Vecchio Continente.

Il problema non si limita però all’importazione di carni bovine: di fatto, i paesi del Mercosur sono i anche i principali fornitori esteri di bioetanolo, cereali, zucchero, pollame e succo d’arancia dell’Ue-28. Un ulteriore accesso al mercato aggiungerebbe una forte pressione al ribasso su settori già confrontati a ingenti sfide, arrivando ad una perdita di più di 7 miliardi di euro.

Anche il Made in Italy si sente minacciato: Coldiretti accusa l’Ue di trattare il settore agricolo come merce di scambio senza alcuna considerazione delle pesanti ripercussioni per i consumatori e gli agricoltori italiani legate all’invasione di prodotti stranieri a dazio zero e al via libera ai tarocchi delle più note specialità tricolori.

Ad ogni modo, la proposta è sembrata insufficiente ai Paesi dell’America Latina e il nodo della questione rimane ancora da sciogliere.

Riusciranno l’Unione Europea e i paesi del blocco sudamericano a concludere il tanto agognato accordo entro le prossime settimane? Ai posteri l’ardua sentenza…

Fonte: a cura di Exportiamo, Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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