Nella 14esima puntata della nostra rubrica “Esportare senza Rischi” si analizzano i rischi connessi con operazioni commerciali di import/export che, in alcuni casi, possono mettere a rischio importanti asset societari.

Quando un’impresa di una certa dimensione lavora con i mercati esteri con una certa frequenza (e per certi volumi) è opportuno fare un piccolo investimento al fine di limitare i rischi economici connessi con i rapporti commerciali intrattenuti con l’estero, al fine di proteggere gli asset societari.

Tale risultato può essere raggiunto attraverso la costituzione di una società con personalità giuridica che risponda delle obbligazioni limitatamente al suo patrimonio senza assumere così rischi diretti connessi con l’impresa principale.

Se si segue questa strada le proposte commerciali potranno essere formulate attraverso questa entità: in questo modo in caso di disastri, o di controversie pesanti, si potrà “aprire il paracadute”.

La raccomandazione principe è questa: non assumere responsabilità senza tentare di porre un “cap” (cioè un tetto massimo) quantitativo o monetario ai rischi che si possono correre.

Prevedere un limite massimo ai rischi che si assumono

Il concetto di “cap” è sicuramente valido per le responsabilità di fonte contrattuale, che in alcuni casi è possibile disciplinare prevedendo la facoltà – o, meglio, il diritto – di recedere nel caso si verifichino eventi imprevisti.

Ma il concetto di “tetto massimo” andrebbe utilizzato anche in ambito extra-contrattuale, attraverso la segregazione dei rischi che può avvenire in due modi:

1. Incapsulando i rapporti giuridici (e le relative responsabilità) in una specifica entità legale, ad esempio una SRL, il cui patrimonio costituisce il limite dei rischi che attraverso essa vengono assunti;
2. Attivando forme di garanzia (ad esempio coperture assicurative) e/o manleva da parte di terzi e/o delle proprie controparti commerciali.

Isolare i rischi attraverso le entità legali

Se si sceglie questa prima modalità, si può tentare di perimetrare i rischi incapsulando i rapporti giuridici in entità legali dotate di autonomia patrimoniale (nel nostro ordinamento le SRL e le SPA), in modo da formare delle “camere di compensazione”, utili a mitigare gli eventuali effetti negativi.

Vale il principio che – in caso di effetti negativi eccedenti una certa soglia tollerabile, il patrimonio dell’entità legale affetta da problemi viene potenzialmente sacrificato, senza compromettere il patrimonio delle altre entità legali.

Le coperture assicurative

Se si sceglie questa seconda modalità le coperture assicurative devono essere valutate con grande attenzione perché le compagnie di assicurazione sono obbligate a pagare un indennizzo solo qualora si verifichi un evento aleatorio coperto dalle condizioni di polizza.

Va considerato che i terzi danneggiati non sono tenuti ad aspettare il pagamento dell’assicurazione: se e quando l’assicurazione pagherà è un aspetto legato al rapporto interno tra l’assicurato e la compagnia assicurativa, rapporto interno che è irrilevante per i terzi.

Una polizza assicurativa assolve una funzione utile a condizione che:

- la copertura sia attiva;
- l’evento sia compreso nei rischi assicurati;
- il sinistro sia denunciato entro i termini di decadenza previsti;
- l’importo massimo sia capiente;
- non vi siano fattori che escludano l’operatività della polizza;
- l’esito di un eventuale contenzioso dia titolo per l’operatività della copertura assicurativa.

In tema di copertura dei rischi, è quindi meglio non affidarsi esclusivamente alle coperture assicurative, ma attivare meccanismi di protezione strutturali e contrattuali.

Ridurre il grado di vulnerabilità legale del proprio business

Parlando di meccanismi di protezione strutturali è indispensabile uscire da una logica di concentrazione delle risorse e degli asset, adottando invece un “approccio di portafoglio”.

Per ridurre il grado di vulnerabilità legale è consigliabile agire su due leve: gestire il proprio business con una logica di portafoglio (proprio come fanno – o dovrebbero fare – i gestori di risparmi, allocandoli in classi di asset diversificate in modo da frazionare i rischi ed ottenere rendimenti differenziati tendenzialmente superiori alla media) ed incapsulare i contratti (che vanno visti come fasci di rapporti giuridici) in compartimenti stagni che possono essere messi in collegamento ma che possono anche essere tenuti distinti, se e quando occorre.

Le parole chiave per raggiungere risultati concreti sono quindi perimetrare, segregare e gestire applicando logiche di portafoglio. Ciò va fatto tutte le volte che i valori coinvolti lo suggeriscono.

In sintesi

Non esiste una regola universale, ma il criterio generale è quello di partizionare i rischi e segregarli con modalità tali che – in caso di effetti negativi – i danni siano limitati ad una frazione del business.

Se avete 100 mele, la scelta se suddividerle in 10 cestini con 10 mele ciascuno, o in 5 da 20, o in uno da 20 + 5 da 16 dipende anche dalle strategie, dalla fase del ciclo di vita, dalla tipologia di mercato a cui vi rivolgete, ecc.

Ciò che è assolutamente da evitare è tenere tutte le mele nello stesso cestino, rischiando che vadano tutte a male.

Per maggiori informazioni sui concetti affrontati nella guida “Esportare senza Rischi” pubblicata a puntate in esclusiva su Exportiamo.it e per implementarli concretamente nella vostra azienda è possibile contattare l’Avvocato Fulvio Graziotto (GRAZIOTTO LEGAL) al seguente indirizzo mail fgraziotto@graziottolegal.com.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Avv. Fulvio Graziotto, redazione@exportiamo.it

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