L’Italia giallo-verde alla volta della Cina: tutti gli accordi firmati dal Belpaese

L’Italia giallo-verde alla volta della Cina: tutti gli accordi firmati dal Belpaese

07 Settembre 2018 Categoria: Marketing Internazionale Paese:  Cina

La doppia missione in contemporanea Mise-Mef in Cina è stata il primo banco di prova per il governo giallo-verde nell’ex Celeste Impero. Dalla promozione degli investimenti nelle infrastrutture italiane, compresi alcuni dei porti strategici che potrebbero divenire il terminale della nuova Via della Seta, passando dall’export delle imprese italiane in Cina, sono stati tanti i dossier sul tavolo. Analizziamoli insieme per capire quali possono essere le opportunità per le imprese italiane.

Si conclude oggi la missione in Cina del sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico Michele Geraci, mentre è terminata lo scorso 2 settembre quella del Ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria. Due visite distinte e separate, ma che hanno viaggiato su binari paralleli: quella di Tria ha mantenuto un alto profilo istituzionale, mentre quella di Geraci, più strategica, è stata prevalentemente incentrata sulla promozione del Made in Italy e sull’attrazione di investimenti nel Belpaese. Ma l’obiettivo è convergente: rafforzare il dialogo economico e la cooperazione tra Roma e Pechino.

Cosa si è portato a casa il ministro Tria

La visita del ministro Tria aveva come obiettivo non ufficiale quello di tornare a casa con qualche rassicurazione dal governo di Xi Jinping sull’acquisto del debito pubblico italiano in vista dell’imminente riduzione/soppressione del quantitative easing (l’acquisto di titoli di Stato e di altre obbligazioni da parte della Bce per immettere liquidità nel sistema finanziario allo scopo di far ripartire il credito delle banche all’economia reale, ndr). Invece la missione ha avuto una conclusione del tutto inaspettata: non sarà la Cina a comprare titoli di Stato italiani, ma al contrario sarà la Banca d’Italia a diversificare le proprie riserve valutarie includendo nel suo portafoglio il renminbi, e quindi titoli di Stato cinesi. La mossa del nostro governo viene letta come un aiuto da parte dell’Italia all’internazionalizzazione dello yuan, insieme all’apertura dei mercati finanziari che dovranno risultare sempre più integrati con l’esterno.

Il titolare di via XX settembre è stato poi accompagnato da una nutrita delegazione di imprenditori e banchieri che hanno firmato diversi accordi e Memoranda of Understanding.

Il primo accordo riguarda Cassa depositi e prestiti (CDP) e Bank of China (BoC), che si sono impegnate a favorire la collaborazione in materia di sostegno alle esportazioni, finanziamento di progetti infrastrutturali e sostenibilità ambientale, attività sui mercati dei capitali, condivisione di esperienze e competenze per rafforzare la conoscenza dei rispettivi modelli operativi.

Un MoU è poi stato siglato da Fincantieri e China State Shipbuilding Corporation (CSSC), il principale conglomerato cantieristico cinese. L’intesa ha l’obiettivo di ampliare la cooperazione industriale già in essere tra i due gruppi a tutto il comparto delle costruzioni navali mercantili. Tra le azioni previste, la creazione di una joint venture per le prime unità da crociera mai realizzate in Cina per il mercato locale e l’attuazione di progetti di ricerca e sviluppo in molteplici aree della navalmeccanica, quali unità per il settore oil & gas, cruise-ferry, mega-yacht, navi speciali, infrastrutture in acciaio, ingegneria e marine procurement.

Un altro MoU è stato siglato da Snam (Società Nazionale Metanodotti) e State Grid International Development per la realizzazione di impianti di biogas e biometano per produrre energia pulita nelle zone rurali cinesi e una partnership in ambito ricerca e sviluppo su gas rinnovabili e mobilità sostenibile. Ricordiamo infatti che a fronte di un tasso di sviluppo economico eccezionalmente elevato la Cina sta affrontando seri problemi di inquinamento che la obbligano a virare in maniera sempre più decisa verso uno sviluppo maggiormente rispettoso dell’ambiente. L’obiettivo è pertanto quello di coinvolgere le imprese italiane nello sviluppo della Green Economy in Cina, e quello di favorire il trasferimento di know-how e capitali cinesi in Italia.

Geraci: l’uomo di Pechino torna a Pechino

Alla visita di Tria a Pechino è seguita quella più strategica del sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci, nome quest’ultimo noto in Cina per la sua lunga attività accademica e professionale svolta presso tre università del Paese asiatico prima di assumere l’incarico governativo.

Geraci è stato posto alla guida della Task Force Cina che il Mise ha voluto costituire ad hoc per attrarre investimenti dal Dragone.

Uno degli obiettivi principali è stato sicuramente quello di incentivare l’ingresso in Italia di capitali strategici e di investimenti diretti. Aprire le porte del Paese agli investimenti cinesi è ovviamente una grande opportunità per le imprese italiane che però comporta anche dei rischi, specie quando in ballo ci sono gli asset strategici. Ma il sottosegretario ha rassicurato che il governo giallo-verde non ha intenzione di (s)vendere nulla, ma che anzi ha presentato un piano di screening degli investimenti con lo scopo di limitare l’M&A (fusioni e acquisizioni), ovvero il tipo di operazioni su cui si sono focalizzati gli investimenti cinesi negli ultimi anni, e favorire invece quelli di natura greenfield (con la creazione di una filiale).

Per questo motivo la task force di Geraci è in cerca di un’acquirente per Alitalia che rilevi una quota non superiore al 49%, perché il governo vuole tenere per sé la maggioranza della compagnia di bandiera.

Stessa linea per il porto di Trieste, che i cinesi considerano un hub fondamentale nell’Adriatico e un possibile terminale della Via della Seta marittima che nascerà con il piano One Belt One Road (Obor). L’idea non è di vendere il porto, ma di far sì che gli investimenti dei cinesi si sostanzino per esempio nella costruzione di un molo nuovo, o che in generale immettano nuovo capitale che possa servire ad ampliare la capacità produttiva e creare nuovi posti di lavoro.

Quanto alla promozione del brand italiano, il ferro che Geraci ha battuto è stato quello della distribuzione digitale, soprattutto per quanto riguarda il settore agroalimentare. L’Agenzia Ice e il colosso del commercio elettronico cinese, Alibaba Group, hanno stretto una partnership che ha portato al lancio di “Helloita”, una piattaforma virtuale per portare in Cina le eccellenze italiane e la cultura del nostro Paese. L’Ice investirà nel progetto 2,5 milioni di euro nell’arco de prossimi 12-16 mesi, che ad oggi vede già l’adesione da parte di 80 aziende italiane, oltre la metà di piccole e medie dimensioni.

Non da ultimo, il governo italiano ha manifestato il proprio sostegno ad un sempre maggiore coinvolgimento cinese in Africa. È di questi stessi giorni la notizia che la Cina ha varato un nuovo piano di investimenti e prestiti in Cina per un valore di 60 miliardi di dollari, oltre ad aver promesso un annullamento del debito dei Paesi africani più poveri. Nell’ottica dell’esecutivo, rafforzare l’intervento della Cina in Africa offrirebbe all’Italia un’opportunità storica di cooperazione internazionale per la stabilizzazione socioeconomica del continente, cruciale non solo per una soluzione sostenibile e solidale del problema dell’immigrazione ma anche per le opportunità economiche che sorgeranno nel continente per le imprese italiane.

Ora non rimane che passare dalle parole ai fatti.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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