Le vendite online all’interno dell’Ue continuano a crescere senza sosta e con valori a doppia cifra. In virtù della prossimità geografica, ma anche di un contesto normativo sempre più omogeneo e favorevole, il Vecchio Continente rimane quindi la prima meta sulla quale scommettere per dare una spinta all’e-commerce delle imprese tricolori.

Con più di 445 milioni di e-shopper (che secondo Statista saranno 470 milioni nel 2023), l’Europa è il primo terreno digitale su cui puntare per vendere online. Nel 2018 il valore degli acquisti del commercio digitale europeo ha registrato un aumento del fatturato del 13,6% raggiungendo un valore di oltre 313 miliardi di euro, rispetto ai 285 miliardi del 2017. Ma la notizia più interessante è che, nel 2023, le vendite online sfioreranno i 440 miliardi di euro.

Eppure, nonostante il valore dell’e-commerce in Europa stia crescendo, le sue potenzialità non sono ancora pienamente sfruttate: solo il 15% dei consumatori compra online da un altro Paese europeo e solo l’8% delle aziende vende all’estero.

È proprio per aumentare queste percentuali, spingere il mercato digitale e renderlo unico che nel 2015 l’UE ha presentato una serie di azioni per la creazione di un mercato unico digitale (Digital Single Market). L’obiettivo è semplice: la libera circolazione di dati deve essere garantita a cittadini e imprese, che devono poter accedere agevolmente e in modo equo a beni e servizi online, a prescindere dalla loro nazionalità o residenza.

Dopo la normativa 2015 sull’applicazione dell’IVA del Paese di provenienza per la vendita di prodotti e servizi digitali, è stata di recente introdotta la EU VAT area, al fine di semplificare la gestione e ridurre i costi relativi alla vendita di prodotti cross-border all’interno dell’Unione Europea. Questa misura modificherebbe l’attuale procedura di registrazione dell’Iva in ogni Paese europeo a favore di un’unica registrazione e tassa da pagare direttamente all’Ue e presuppone un risparmio per le aziende di circa 2,3 miliardi, nonché un aumento di introiti per gli stati membri di circa 7 miliardi. Queste regole entreranno in vigore nel 2019, altre nel 2021.

Nel 2016 la Commissione Europea ha inoltre varato un pacchetto e-commerce (Boosting E-commerce in the EU), ovvero una serie di provvedimenti legislativi aventi l’obiettivo di migliorare l’applicazione dei diritti dei consumatori. Tra le misure comprese in questo pacchetto rientra la normativa che abolisce il geo-blocking entrata in vigore il 2 dicembre 2018 secondo cui gli online shopper europei possono avere accesso totale a prodotti e servizi cross-border, senza blocchi e sovrapprezzi e senza essere ridirezionati su siti locali, ad esclusione di alcune categorie merceologiche come i contenuti protetti da digital copyright, quali e-book, musica e giochi online. I clienti di altri Paesi europei devono dunque essere trattati esattamente come i clienti nazionali. I beni devono essere spediti alle stesse condizioni di consegna del Paese di provenienza oppure dovrà essere fornito il servizio di ritiro presso un luogo concordato se il venditore prevede questa possibilità.

Si intensificano anche le misure rivolte a semplificare i pagamenti: da inizio 2018 e con decorrenza da settembre 2019, le banche hanno l’obbligo di approvare i pagamenti effettuati da provider terzi (PSPs) che possono accedere agli account dei clienti attraverso open APIs. Inoltre, a tutela dei consumatori, non sarà più possibile far pagare ai consumatori additional fees per i pagamenti con carta di credito o di debito. È soprattutto grazie a questa maggiore coesione dal punto di vista normativo che l’e-commerce nel Vecchio Continente è potuto crescere e continuerà in futuro a prosperare, malgrado le inevitabili differenze tra Paesi.

Uno report di Casaleggio Associati ha evidenziato che i Paesi che hanno visto crescere l’e-commerce market più velocemente negli ultimi cinque anni in Europa sono stati Olanda e Italia, e si prevede per entrambi un’ulteriore crescita del 14% ogni anno fino al 2021. La Turchia nel 2017 ha registrato una crescita del 13% e per il 2018 è prevista un’impennata al 30-35%, come per Slovacchia, Estonia e Ucraina. Paesi come Romania, Ucraina e Polonia proseguono il trend di crescita positivo attestandosi intorno ad un +25%.

Tuttavia, sebbene questi mercati stiano crescendo ad un ritmo più veloce degli altri, a dominare il mercato digitale europeo rimangono Regno Unito, Germania e Francia. Non solo questi Paesi possiedono la più grande quota online di vendita al dettaglio nei rispettivi mercati, ma costituiscono da soli il 60% del fatturato online del continente.

Il Regno Unito, con 157,1 miliardi di euro, conta il valore degli acquisti e la percentuale di consumatori online più alti. Vanta inoltre la media annuale di spesa online più alta d’Europa: ben 874 euro per consumatore (in confronto alla media di 373 euro italiana). Ovviamente le possibili conseguenze di Brexit sono da mettere in conto, ma non sono da sottovalutare soluzioni alternative che potrebbero permettere di aggirare alcuni problemi, come ad esempio la creazione di lobby di PMI per ottenere prezzi vantaggiosi dagli operatori logistici.

La Germania invece conta un valore degli acquisti di 59,7 miliardi e un numero maggiore di consumatori online (51,6 milioni). Una cifra che le attribuisce il podio per maggiore presenza nel mercato digitale europeo. La media annuale di spesa online per questa nazione è di 647€ per consumatore.

La Francia, sebbene con un numero di consumatori minore rispetto alle precedenti nazioni, conta un valore degli acquisti pari a 71,4 miliardi, superiore a quello tedesco. La media annuale di spesa online per questa nazione è di 591€ per consumatore.

Questi sarebbero già da soli dei buoni motivi per cui puntare su questi mercati, ma non va dimenticato nemmeno che in questi Paesi, moda, abbigliamento e gastronomia, che sono i settori trainanti dell’export italiano ed anche i più identificativi del Made in Italy, godono da sempre di un grandissimo appeal essendo associati all’idea di pregio e qualità. Internazionalizzare il Made in Italy, infatti, significa anche trovare un mercato pronto ad accoglierne le eccellenze, così come è per quelli su menzionati. Farlo attraverso l’e-commerce, inoltre, significa sfruttare un canale in grado di abbattere i confini geografici, azzerare i tempi di comunicazione e ridurre i costi di servizio. Insomma, i dati ci dicono chiaramente che i presupposti ci sono. Adesso sta alle imprese saper cogliere la palla al balzo.

Fonte: a cura di Exportiamo, Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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