Nel primo trimestre del 2014 l’energia solare ha fatto registrare un clamoroso record: 9 gigawatt di installazioni globali, il 35% in più rispetto al 2013 che dovrebbe concludersi con 50 gigawatt installati. Secondo la società di ricerche di mercato statunitense NPD Solarbuzz, le prospettive di crescita sono ancora più interessanti: da qui al 2018 l’energia del sole dovrebbe balzare da una potenza cumulata attuale di 145 gigawatt a oltre 500 ed in questo quinquennio, i produttori di moduli dovrebbero mettere a segno un giro di affari di oltre 200 miliardi di dollari. Ma il grosso dei guadagni potrebbe finire in Asia, come é già successo l’anno scorso, quando per la prima volta l’Europa é stata surclassata dall’Estremo Oriente in termini di nuova potenza annuale, con 29 gigawatt installati fra Cina e Giappone contro i 10 del Vecchio Continente. Ma l’Italia non vuole restare a guardare. Nonostante per il Bel Paese il 2013 sia stato un annus horribilis, con una potenza installata dimezzata rispetto all’anno precedente (da 3,4 gigawatt nel 2012 si é passati a 1,5 gigawatt nel 2013), resta sempre il secondo mercato europeo dopo la Germania. Ed oggi il business sta ripartendo su basi totalmente diverse in un mercato che ormai da quasi un anno non può più beneficiare degli incentivi diretti del Conto energia. 

Secondo Solar Energy Report realizzato dal Politecnico di Milano, dal 2015 in poi é realistico prevedere una stabilizzazione del mercato sui 900 megawatt annuali, che si reggeranno soprattutto sugli impianti di taglia residenziale e per un 40% su impianti commerciali e industriali, caratterizzati da quote di autoconsumo prossime all’80%. Il mercato delle grandi centrali, invece si può dire quasi esaurito e giocherà solo un ruolo residuale.

Andamento della potenza cumulata in Italia al 2018.

Fonte: Solar Energy Report del Politecnico di Milano

Oltre al rafforzamento della presenza delle imprese italiane sui mercati esteri già serviti, nei prossimi 2 anni é atteso un ampliamento della copertura internazionale. Principalmente attive nell’esplorazioni di nuovi mercati risultano essere le imprese dell’area business. In particolare i nuovi mercati che mostrano una maggiore apertura sono quelli dei Paesi ad alta attrattività (Nord Africa, Centro e Sud America, e Sud Est Asiatico).

In questi contesti le imprese italiane hanno una preziosa opportunità: trovarsi di fronte a una filiera ancora embrionale, quando non addirittura ancora esistente, che consente di disporre spazi ancora non presidiati. Il modello preferito nel processo di internazionalizzazione verso i nuovi mercati é rappresentato da accordi di filiera spesso con player locali: “Export puro”. Confrontando la presenza internazionale degli operatori italiani nei principali mercati esteri con l’indice di attrattività elaborato per i Paesi a più alto potenziale prospettico, é possibile definire un valore medio dell’indice stesso che fornisca una stima di come la filiera italiana sia posizionata rispetto alle reali potenzialità di sviluppo del mercato internazionale.

Se si valuta l’indice di attrattività medio in riferimento alla presenza italiane, il valore complessivo é pari a 2,1 punti, di poco inferiore alla media complessiva (pari a 2,2). Se si analizza invece il valore indice di attrattività medio, tenendo conto anche dei nuovi Paesi verso i quali le imprese italiane dichiarano di volersi espandere nel breve-medio termine, il valore sale a 2,3 punti. Tale risultato mostra come le imprese italiane siano in grado di percepire e predisporre le strategie per intercettare le opportunità connesse allo sviluppo dei principali mercati internazionali. Allo stesso tempo, esistono però una serie di barriere che generalmente incidono in maniera rilevante sul successo delle singole strategie di internazionalizzazione. Dal confronto con gli operatori, emergono 2 principali barriere da superare per affrontare le sfide internazionali:

-la difficoltà generalizzata nel reperire risorse finanziarie da destinare al processo di internazionalizzazione, a causa di una stretta creditizia che caratterizza l’intero “Sistema Paese”.

-la competizione, soprattutto con player statunitensi, spagnoli e tedeschi (e in prospettiva anche asiatici) che, avendo affrontato in processo di internazionalizzazione in anticipo rispetto agli operatori nazionali rivolgendosi al mercato italiano ed europeo in generale, dispongono di una rete organizzativa e commerciale che risulta ad oggi consolidata;

Infine - sempre secondo il Solar Energy Report -  l’esistenza di barriere di natura culturale nell’affrontare i mercati emergenti evidenziano le problematiche legate alla mancanza di una reale regolamentazione di progetti energetici a fonti rinnovabili e di una infrastruttura di rete in grado accoglierne la diffusione e ciò comporta una difficile replicabilità del modello italiano.  Il punto di partenza per le imprese italiane deve essere quello di affrontare i mercati in maniera integrata, in una logica di cooperazione con i molteplici attori (operatori  locali e istituzionali soprattutto), anziché focalizzata sulla singola fornitura di energia.

Va sottolineato a questo proposito, il ruolo attivo che sta svolgendo il GSE  attraverso l’iniziativa“Corrente”, aperta agli operatori interessati a rafforzare la propria competitività tecnologica e commerciale: con l’organizzazione di incontri per le nostre aziende sui sistemi paese più promettenti e l’individuazione di “sensori” in aree chiave del pianeta per il futuro delle rinnovabili. Si aiutano così gli operatori del nostro comparto fotovoltaico a trovare nuovi sbocchi nel mercato internazionale.

 

Fonte: rielaborazione dati da CorriereEconomia

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