Nuovi Dazi USA: Un Esempio Concreto

Il 2 aprile 2025, l’amministrazione Trump ha annunciato l’introduzione di nuovi dazi sulle importazioni provenienti dall’Unione Europea, con un incremento del 20% a partire dal 9 aprile. Questa mossa si inserisce nel contesto della “Regolamentazione delle Importazioni con Dazi Reciproci” per correggere quelle che gli Stati Uniti, a torto o ragione, considerano pratiche commerciali sleali che contribuiscono ai persistenti deficit commerciali.
A partire dal 5 aprile 2025, è entrata in vigore una tariffa del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, che sarà seguita da un aumento del 10% dal 9 aprile per i prodotti provenienti dall’Unione Europea, portando l’aliquota totale su questi beni a 20%. ATTENZIONE: Questi dazi si applicano in aggiunta a quelli preesistenti!
L’olio extra vergine d’oliva, identificato con il codice doganale HS: 1509.20.20, è un prodotto agroalimentare italiano che potrebbe essere particolarmente colpito dalle nuove tariffe. A partire dal 9 aprile 2025, l’aliquota applicata all’importazione di olio d’oliva negli Stati Uniti dall’Unione Europea sarà del 20%. Se un produttore italiano di olio d’oliva esporta una bottiglia di olio per un valore di 10 euro, con il nuovo dazio, l’importatore statunitense dovrà pagare un extra di 2 euro per ogni bottiglia importata in aggiunta quindi al precedente dazio calcolato come $5 cent/kg sul peso complessivo della merce (considerando il peso complessivo dell’olio, del contenitore - vetro, latta, o ceramica - del pallet, dell’imballo, etc.). Questo aumento di costo potrebbe influire sulle vendite, specialmente in un mercato competitivo come quello statunitense anche se i prodotti premium potrebbero risentirne di meno puntando ad un target di consumatori con maggiore potere di acquisto.
Ad avviso di chi scrive, se l’introduzione di dazi di certo non facilita gli scambi internazionali, dall’altro impone alle imprese (finalmente) di accorciare le catene distributive eliminando parti di esse (intermediari come distributori, importatori, middle man etc.), di investire in logistica, nel digitale sfruttando le piattaforme di ecommerce, di fare rete con altre imprese su marketing, promozione e generazione leads.
Esportare negli Stati Uniti non è mai stato facile e non lo sarà nemmeno in futuro. Ricordiamo che bisogna preoccuparsi anche e soprattutto delle barriere non tariffarie, quelle che colpiscono con regolamenti, autorizzazioni e certificazioni appositamente studiate per ostacolare l’ingresso di un bene nel Paese target di destinazione.
Le misure adottate dagli Stati Uniti rappresentano un cambiamento significativo nella politica commerciale degli Stati Uniti, con potenziali ripercussioni sull’economia globale. Le imprese italiane sono chiamate quindi a rimodulare le proprie strategie di internazionalizzazione diversificando i mercati e/o investendo direttamente nei mercati per cercare di intercettare margini commerciali maggiori.