Esportare vino in Cina: è la qualità che conta!

Esportare vino in Cina: è la qualità che conta!

20 Luglio 2019 Categoria: Food & Beverage Paese:  Cina

La Cina compra meno vino dall’estero: è quanto emerge da un’indagine condotta da Wine Monitor, l’Osservatorio di Nomisma, che si occupa di monitorare e supportare le imprese e le istituzioni della filiera vitivinicola italiana.

Il trend aveva preso avvio già l’anno scorso, quando l’import di vino in Cina aveva fatto segnare un -2% a valore a fronte di un -8% a volume. Nei primi cinque mesi di quest’anno, il calo è ancora più significativo: -14% se misurato in euro, -18% nelle quantità.

Ma la diminuzione non riguarda tutti i vini. Se risulta pesante per i francesi (-31,5% a valori), gli spagnoli (-16,9%) e gli italiani (-12,5%), lo stesso non può dirsi per australiani e cileni che all’opposto crescono rispettivamente del 4,8% e 8,4%.

Il calo nell’import cinese di vini francesi ha riguardato i vini fermi imbottigliati – che rappresentano a volume il 95% del totale – diminuiti a valore di quasi il 34%, mentre ha risparmiato gli spumanti (principalmente Champagne) che all’opposto sono cresciuti di oltre il 24%. La stessa cosa, nel suo piccolo, ha riguardato l’Italia: mentre si sono ridotti gli acquisti a valore del 15% in seno ai vini fermi, quelli relativi agli spumanti hanno fatto registrare un +5%.

“Il prezzo gioca un ruolo fondamentale negli acquisti dei vini da parte dei cinesi e gli accordi di libero scambio di cui godono australiani e cileni (che permette loro di entrare in Cina a dazio zero) li favoriscono rispetto ai competitor, anche nei confronti dei più blasonati francesi che fino a qualche anno fa sembravano immuni da queste logiche concorrenziali”, dichiara Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor.

Grazie a politiche commerciali mirate, l’Australia ha infatti investito pesantemente sul mercato cinese, tanto da farlo diventare il primo mercato di sbocco dei propri vini: il 40% dei ricavi derivanti dalle vendite oltre frontiera deriva proprio dal mercato cinese che ha registrato percentuali dieci volte più alte rispetto a dieci anni fa.

Se è un dato di fatto che l’apertura al libero scambio e l’abbattimento dei balzelli favoriscono l’export, è altrettanto evidente che il protezionismo invece lo freni bruscamente. A conferma di ciò basti pensare a quanto accaduto all’import di vini statunitensi in questi primi cinque mesi: la guerra commerciale combattuta da Trump con la Cina a colpi di aumenti tariffari alle frontiere ha portato le vendite di vini Usa sul mercato cinese a -54% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

“Ma il sorpasso australiano ai danni della Francia può anche essere interpretato come un cambiamento nelle modalità di consumo dei vini da parte dei cinesi, un segno di maturità e maggior consapevolezza negli acquisti, non più dettati solo dalla ricerca di status e notorietà, ma di qualità al giusto prezzo. E, in questo caso, il vino italiano può giocare la sua partita, a patto di farsi conoscere dal consumatore cinese” ha aggiunto Pantini.

Ecco dunque che investire sulla promozione dei nostri prodotti vitivinicoli nel Paese del Dragone potrebbe rivelarsi la strategia vincente.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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