A che bell’ò cafè” cantava De André in “Don Raffaé”, solo per citare una delle più celebri tra le tante canzoni, ma anche opere letterarie e teatrali, da quelle popolari a quelle più impegnate, che del caffè hanno fatto il loro leitmotif. Anche il grande compositore Johann Sebastian Bach, per esempio, alla bevanda ha dedicato la Kaffeekantate, a riprova del fatto che il caffè è in realtà più di una semplice bevanda, ma un modus vivendi.

Eh sì, perché oltre ad essere la materia prima più esportata dopo il petrolio e una delle bevande più amate nel mondo tanto da essere seconda per consumi solo all’acqua, il caffè è anche l’emblema della pausa e della socialità condivisa: nel momento del caffè, che sia in famiglia, tra amici o anche in un’importante riunione di lavoro, l’atmosfera cambia, le distanze si accorciano e anche un incontro formale diventa meno freddo.

Le origini

E ovviamente, come per tutte le cose buone e apprezzate in cucina, anche per l’“oro nero” sono in molti a vantarsi di averlo scoperto e di avergli dato i natali, anche se in realtà poco si sa storicamente dell’origine di questa bevanda e molte sono, invece, le leggende legate alla sua scoperta più o meno casuale.
C’è chi racconta che intorno all’anno Mille alcuni commercianti arabi portarono dai loro viaggi in Africa dei chicchi di caffè da cui traevano una bevanda eccitante per ebollizione che chiamavano qahwa (”eccitante”). Da qui alla parola turca kahve e all’italiano caffè il passo è stato breve. Ma c’è chi sostiene che il nome in realtà derivi da Caffa, regione dell’Etiopia dove cresce spontaneamente.

Un rapporto viscerale: l’Italia e il caffè

E se il caffè non ha radici italiche poco importa, perché gli Italiani, non sono solo dei grandi inventori, ma sanno anche sapientemente “italianizzare” quello che italiano non è.
Così, da quando il caffè è arrivato in Italia fino ad oggi, questa bevanda ha subito diverse modifiche grazie a varie invenzioni italianissime che vanno dalla macchina del caffè espresso, alla moka, fino alla crema di caffè, tanto da diventare una vera e propria istituzione, un rito irrinunciabile.

Tra cappuccino, caffè lungo, affogato, macchiato, corretto e marocchino la gamma a disposizione tra cui poter scegliere oggi è veramente ampia, ma è l’espresso, per il suo gusto intenso e aromatico, o semplicemente per la fama che ormai si è conquistato, a rimanere campione incontrastato e simbolo di italianità nel mondo.

Chi beve più caffè e chi ne produce di più?

Sorpresa delle sorprese, però, non sono gli Italiani i principali consumatori al mondo. Sono invece i Finlandesi, con un consumo medio annuo pro capite di 9.6 kg e 2.64 tazzine al giorno. Forse perché i lavoratori finlandesi hanno legalmente diritto ad una pausa caffè, unico Paese al mondo in cui esiste una norma di questo genere. Lo avreste mai immaginato? Il Paese dove se ne consuma meno è invece il Portorico, con soli 400 grammi di caffè per ogni persona. Noi Italiani ci piazziamo al sesto posto nella classifica dei consumi in valore assoluto con 300mila tonnellate annue e la media di 2,2 caffè a testa al giorno, nonostante il 97% delle persone adulte, secondo la ricerca condotta da FIPE, lo beva quotidianamente.

In termini di produzione le prime tre nazioni al mondo sono il Brasile, il Vietnam e la Colombia, con un mercato che tra l’altro è in piena espansione se consideriamo che secondo l’ultimo report dell’ICO (l’International coffee organization) la produzione stimata nel 2017/18 è di 159,66 milioni di sacchi di caffè verde, pari a 9,58 milioni di tonnellate, con un aumento dell’1,2% rispetto al 2016/17.

L’Italia è invece al 4° posto nella graduatoria dei maggiori esportatori di caffè torrefatto (dopo Germania, Belgio e Usa) con 2,9 milioni di sacchi ed un giro d’affari di 3,5 miliardi di euro. Oltre all’ industria della torrefazione, il Belpaese si distingue anche in quella della fabbricazione di macchine da caffè espresso, comprese le macchinette domestiche a capsule che stanno popolando sempre più case e uffici.

Sapete cos’è…

Il caffè sospeso? È come offrire un caffè al resto del mondo…” diceva Luciano De Crescenzo. Si tratta infatti di un’antica usanza napoletana per la quale un cliente paga alla cassa il proprio caffè e ne aggiunge un altro da lasciare in sospeso, destinato a chiunque lo chieda. Questa tradizione made in Napoli, che resiste ancora oggi più forte che mai, ha in realtà superato i confini partenopei, diventando una bella abitudine estesa non solo al resto d’Italia, ma addirittura del mondo.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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