Domani giovedì 7 maggio 2015 il Regno di sua maestà Elisabetta II - alle prese con la Royal Baby, Charlotte Elizabeth Diana, sua IV^ erede al trono in linea di successione - andrà alle urne in un clima d’incertezza generale che oltremanica é decisamente un’eccezione e nessuno scommette sui risultati e neanche la corsa agli endorsement delle ultime settimane riesce a sbrogliare.

Già perché analisti e sondaggisti sono concordi nel fatto che il voto di domani potrebbe portare a un parlamento paralizzato, senza la presenza di una maggioranza certa.

A crescere é l’importanza dei partiti minori, lo stesso leader LibDem, Nick Clegg mette di fronte gli sfidanti Ed Milliband, “rosso” leader del Labour e David Cameron, attuale inquilino “tories” di Downing Street che il contributo del suo partito sarà necessario a entrambi per garantire al paese la formazione di un governo solido, perché : “Senza di noi, si rischiano nuove elezioni entro Natale”.

Nicola Sturgeon, leader dello Scottish National Party (SNP) fa eco dichiarando come il partito sia disposto a dare il proprio sostegno ai laburisti, solo caso-per-caso, con un potere negoziale che potrebbe diventare potenzialmente enorme per “portare a casa” le riforme.

Michael Bloomberg, ex sindaco di New York e “imperatore” della comunicazione finanziaria ha fatto il suo endorsement nei confronti di David Cameron sostenendo l’importanza di lasciarlo continuare nel suo lavoro e come durante il suo mandato sia stato un leader capace di prendere decisioni impopolari, ma necessarie anche se ha creato “più posti di lavoro di tutta l’Europa messa assieme” e guidato la ripresa: “so bene dove era il paese prima che arrivasse Cameron e dov’é adesso”.

E’ il “first past the post” che va in crisi, una crisi sistemica oltre che economica e sociale.

Il sistema elettorale maggioritario con collegi uninominali inglese, consente di aggiudicarsi ciascun collegio e di conseguenza il seggio in parlamento con la maggioranza semplice dei voti, e rendere potenzialmente i seggi non proporzionali al numero di voti effettivi ottenuti da un partito

Ad essere favoriti sono appunto i partiti con un elettorato ristretto ma molto concentrato sul territorio, che possono ottenere un numero cospicuo di seggi con una quantità di voti modesta, mentre partiti con un elettorato vasto ma disperso se arrivano secondi nei collegi rischiano di essere sottorappresentati in parlamento.

La lotteria di domani interessa 650 seggi e la maggioranza assoluta é quindi di 326 seggi, necessaria per approvare le leggi, mentre é poi la regina a nominare il Primo Ministro, per prassi, il leader del partito che ha ottenuto la maggioranza in parlamento. Se come in questo caso nessun partito otterrà la maggioranza assoluta, il risultato sarà un “hung parliament”, e il governo, figlio della coalizione parlamentare che si andrà a formare all’indomani del voto, cosa già successa alle ultime elezioni dopo l’accordo tra Cameron e Clegg.

I temi all’ordine del giorno sono quelli più o meno comuni nei paesi occidentali a partire dalle questioni economiche, dalle disuguaglianze crescenti, dalla riforma/smantellamento dello stato sociale, all’UE o meglio alla stessa permanenza del Regno Unito, ad essere in gioco con Cameron convinto di indire in caso di rielezioni un referendum sulla permanenza per far decidere il popolo sul cosiddetto “Brexit”, un passo ben oltre il classico “approccio minimale” inglese verso la visione comunitaria.

Il messaggio politico é che la crescita economica potrebbe essere maggiore da soli e infatti lo stesso candidato del Labour non ha potuto non indicare la sua volontà a rinegoziare la presenza inglese nell’UE, senza però metterla in discussione.

In realtà secondo gli analisti, i maggiori ostacoli per un’ulteriore crescita economica derivano da fattori endogeni - mercato delle abitazioni poco funzionante, sistema infrastrutturale non adeguato e popolazione adulta senza elevati livelli d’istruzione - piuttosto che vincoli europei

Un’attenzione particolare da parte di elettori e candidati é sulla sanità, sotto scacco nel Regno Unito, con il servizio sanitario nazionale in forte crisi finanziaria. Si tratta di una questione  tra le più sentite da parte degli elettori e tutti i partiti hanno infatti incluso l’aumento dei finanziamenti tra le loro priorità, mentre il dibattito é incentrato sul ruolo dei privati, anche perché - com’é giusto e sacrosanto – la popolazione inglese ritiene immorale avere un sistema sanitario che permette di generare grandi profitti dalle persone malate.

Altro punto infuocato nel dibattito é l’immigrazione non solo da paesi extra-europei, ma anche dagli stati membri UE, a causa sia della crisi economica. L’eccessivo flusso migratorio infatti secondo i cittadini rende insostenibile per l’amministrazione pubblica la garanzia di erogare servizi per tutti i cittadini della stessa qualità. Ognuno di noi infatti ha qualche amico italiano che vive a Londra.

Inutile ricordare come in corsa sia anche il leader dell’anti-europeismo e contro l’immigrazione é Nigel Farage dello UKIP che dopo l’exploit alle ultime elezioni europee però, proprio a causa del “first past the post”, dovrebbe riuscire ad ottenere solo una manciata di voti pur andando ben oltre il 10% dei consensi nazionali, mentre lo SNP proprio in ragione della sua concentrazione territoriale gioverebbe degli effetti contrari, monopolizzando quadi i collegi scozzesi con una manciata di voti a livello nazionale.

In gioco c’é la stabilità politica della II^ economia europea e della V^ economia mondiale,prima nell’indice dei centri finanziari globali e primo paese europeo per afflusso di stranieri annuo (560.000) e per presenza di studenti stranieri (369.000).

Un discorso a parte merita Londra che rappresenta al contempo la grandezza e le contraddizioni del Regno Unito oggi.

La capitale di un paese con 8 regioni tra le zone più depresse d’Europa, é la zona più ricca d’Europa con un’area metropolitana che ospita oltre 13 milioni di abitanti e produce 1/3 del PIL del paese con un tasso di disoccupazione (3%) che sono al di sotto della metà rispetto a quello nazionale (6,9%).

Come scrive il “Guardian” in attesa dei risultati e delle conseguenze dei risultati:

“Non c’é dubbio sulla legittimità nelle elezioni di Giovedì. Un governo che conquista un voto di fiducia alla Camera dei Comuni é legittimo, punto. Ci possono essere questioni di fedeltà al partito, la longevità e il consenso popolare, ma sono controllate. La Gran Bretagna non é una democrazia diretta ma parlamentare. Gli elettori cedono la loro sovranità per i parlamentari fino alle prossime elezioni. Buono, cattivo, sano di mente o stupido, é la regola. Nessuno sa chi sarà in grado di conquistare la fiducia della maggioranza dei Comuni fino a Venerdì. Questo é tutto quello che conta, costituzionalmente.”

Costituzionalmente quindi non rimane che attendere i risultati: il Regno Unito é pronto per il voto più incerto della storia recente.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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