Favorire i processi di internazionalizzazione delle PMI in un Paese come l’Italia (inutile ripeterlo) é fondamentale, perché é tra le leve fondamentali per ridare slancio all’economia e far crescere la competitività delle nostre imprese.

Per far ciò naturalmente, così come per attrarre nuovi investitori senza gridare all’invasione straniera, occorre intervenire in tutte le direzioni.

Certamente il piano fiscale é fondamentale e allora ci sembra opportuno dare uno sguardo più da vicino al “Decreto legislativo recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”, licenziato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 17 luglio e in attesa di parere definitivo da parte delle Camere, in attuazione parziale - insieme agli interventi previsti in materia di fatturazione elettronica e certezza del diritto - della delega fiscale (legge 11 marzo 2014 n. 23).

Come fanno sapere da Palazzo Chigi, le intenzioni da questo punto di vista sono serie:

“Il decreto legislativo, nel suo complesso, intende rafforzare il ruolo che il fisco deve svolgere a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese: ridurre i vincoli alle operazioni transfrontaliere e creare un quadro normativo quanto più certo e trasparente per gli investitori”.

Il decreto rappresenta un’ulteriore tappa di un percorso che, negli ultimi anni, ha ridato centralità alla materia internazionalizzazione nelle priorità del Governo, dopo l’infausto avvio in quel 6 luglio 2011 quando, con l’adozione del Decreto Legge 98/2011, fu testualmente “soppresso” l’Istituto nazionale per il Commercio Estero, rinato e oggi - come quotidianamente tutti possono constatare - sempre più al centro nella nuova veste di ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, di un effettivo coordinamento tra i molti attori coinvolti a livello istituzionale e associativo.

Il provvedimento prevede tra i diffusi interventi il rafforzamento dei ruling internazionali.

Stiamo parlando degli accordi preventivi con il fisco per le imprese che detengono attività internazionali che abbiamo visto quanto valgano nel valutare la meta dell’investimento da parte degli investitori internazionali come
" target="_blank">suggerito dal Prof. Carlo Altomonte
durante il nostro incontro in occasione della XX^ WAIPA World Investment Conference a Milano, ragionando sui benefici e sulle controindicazioni connesse agli IDE.

I principali ambiti di operatività degli accordi preventivi riguardano la disciplina dei prezzi di trasferimento infragruppo (tema recentemente approfondito su Exportiamo); l’attribuzione di utili e perdite alle stabili organizzazioni; la valutazione preventiva dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio italiano; l’individuazione, nel caso concreto specifico, delle norme sull’erogazione o la percezione di dividendi, royalties, interessi e altri componenti reddituali da soggetti non residenti.

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In materia il Governo interviene anche con il già citato decreto sulla “certezza del diritto” che introduce l’adempimento collaborativo (c.d. “cooperative compliance”) e consente a chi aderisce l’accesso alla procedura di ruling anche al fine della preventiva definizione dei metodi di calcolo del valore normale con riferimento alla deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di redditi derivanti da rapporti intercorsi con operatori stabiliti in Paesi black list”.

Il decreto introduce anche l’istituto dell’interpello per le società che effettuano nuovi investimenti, per dare certezza in merito ai profili fiscali del piano di sviluppo che si intende attuare. Fondamentale a tal fine é la presentazione da parte dell’investitore di un business plan con la descrizione dell’ammontare dell’intervento, i tempi e le modalità di realizzazione dello stesso, l’incremento occupazionale e i riflessi che esso ha sul sistema fiscale italiano.

La soglia minima per accedere all’Istituto é di 30 milioni di euro per l’investimento, che può consistere anche nella ristrutturazione di imprese in crisi qualora ci siano effetti positivi sull’occupazione e la risposta scritta e motivata dell’Agenzia delle entrate dovrà essere resa entro centoventi giorni, prorogabili di ulteriori novanta, nel caso sia necessario acquisire ulteriori informazioni.

Senza scendere nello specifico ci limitiamo a segnalare come l’intervento governativo va ad incidere anche su altri importanti profili dal punto di vista fiscale quali i dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato; la disciplina relativa alla deducibilità degli interessi passivi; la disciplina delle controllate e collegate estere; la sospensione della riscossione della tassazione in caso di trasferimento all’estero; le perdite su crediti e l’esenzione su utili e perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti e sulla disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.

Infine, accogliendo un’indicazione proveniente dal Parlamento il decreto interviene anche su un tema sensibile per l’opinione pubblica e che più volte in passato abbiamo affrontato: la “fuga dei cervelli”.

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Tra le novità introdotte dal decreto vi é infatti una norma volta ad incentivare fiscalmente il rientro in Italia di lavoratori con qualifiche elevate, prevedendo così agevolazioni fiscali per il reddito prodotto in Italia dai lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato italiano, ovvero una riduzione del 30% per tre anni del reddito imponibile. Il beneficio sarà garantito ai soggetti che nei cinque anni precedenti non siano stati residenti in Italia, che svolgano un’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano e che rivestano una qualifica per la quale sia richiesta un’alta specializzazione.

A fare la differenza anche in questo mondo dominato da soglie, percentuali e tecnicismi imperanti (e spesso funzionali alla mancanza di capacità di decisione e di assunzione di responsabilità da parte di chi governa), l’elemento umano rimane per fortuna fondamentale, quindi ben venga questo tentativo per provare a riportare a casa chi, in fondo, va ad arricchire il capitale umano di bicefali partner/competitor, europei e non.

L’obiettivo é la razionalizzazione e l’efficentamento del sistema fiscale per accrescere l’attrattività del nostro Paese, ma si prova anche ad incidere in materia di evasione ed elusione fiscale, la piaga più grande nel nostro Paese e il vero svantaggio competitivo da eliminare.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it 

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