Oggi l’innovazione è l’obiettivo, ciò a cui tendere nel clima di cambiamento generato dalla dirompente innovazione digitale che “costringe” imprese, famiglie ed istituzioni all’evoluzione. In questo contesto dinamico e a volte confusionario, non bisogna dimenticare la consapevolezza - come ci ha insegnato Steve Jobs – del fatto che “È la capacità di innovare che distingue un leader”.

Con l’avvento dell’industria 4.0 ci si trova ad affrontare un cambiamento epocale che attraversa sia l’impresa nella sua individualità sia nel rapporto con i consumatori.

Ripercorrendo le fasi di quest’evoluzione, se ne comprende meglio il percorso e anche il presente.

Nell’industria 1.0, agli albori della digitalizzazione, il mercato era dominato da pochi player la cui offerta era rivolta alla categoria di consumatori denominata “Tecnofan”.

Nell’industria 2.0, si inizia a intravedere la multicanalità offerta dalle imprese ad un bacino di consumatori consapevoli all’atto dell’acquisto online.

Negli anni per far fronte al popolo sempre più crescente di consumatori partecipativi, le imprese hanno dovuto attaccare il mercato divenendo engagers che è stato alla base dell’industria 3.0.

Arrivando ai giorni nostri - nell’era dell’industria 4.0 che abbiamo visto al centro delle attenzioni anche al WEF 2016 di Davos - nell’ottica digitale, “locale equivale a globale” e le imprese si devono relazionare con veri e propri consumatori digitali.

Sono le continue “Disruptive Innovations” ad introdurre funzionalità completamente nuove, che portano necessariamente ad una ridefinizione del prodotto, servizio o modello di business proposto al cliente nella direzione di una maggior semplificazione e democratizzazione dell’innovazione (aumento dell’accessibilità e riduzione del costo).

In questa era dunque, l’e-commerce non identifica più una modalità di vendita, ma rappresenta un vero e proprio cambiamento epocale per il concetto stesso di fare impresa, sia nei processi produttivi sia nel ramo commerciale.

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Nell’evento Ready Business di Vodafone, focalizzato sulla digitalizzazione delle imprese, il presidente di beanTech, Fabiano Benedetti, ha ricordato come in un mondo connesso, il digitale offra grandi opportunità di business in un mercato dal trend positivo e anche la semplice vendita di un prodotto è un servizio.

Si parla di un mercato che è cresciuto esponenzialmente da 9 a 16,8 milioni di clienti in Italia, ed ha contribuito alla crescita del PIL mondiale (+4%), mentre il valore dell’e-commerce nel mondo è in continua crescita (+24%) e l’Europa ha contribuito per il 6,4%.

Le proiezioni al 2022, stimano che saranno quasi 50 miliardi gli oggetti connessi: non solo computer e smartphone, ma anche automobili, elettrodomestici e impianti di sicurezza.

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La politica deve aggiornare l’agenda del governo di fronte alla portata di queste sfide ed è infatti in arrivo il “Digital act”, il testo di legge che mira a codificare e dare coerenza normativa alle idee e i progetti per la digitalizzazione del Paese.

Se ne è parlato con l’informatico Tim Beners Lee, meglio conosciuto come l’inventore del WWW (World Wide Web) nel workshop organizzato dall’Agenzia per l’Italia digitale, dove il Consigliere del Primo Ministro, Barberis ha affermato come sia necessario accompagnare le imprese italiane nella trasformazione digitale.

I lavori sono ancora in corso ma si punterà in maniera rilevante sull’economia digitale, sul completamento del piano “Italia login”, lo sviluppo della banda ultralarga, l’efficientamento dei data center e più in generale anche di misure per accrescere la cultura digitale.

Servirà del tempo per quanto riguarda le PA, la digitalizzazione dei sistemi - in alcuni casi - è ancora solo all’inizio, ma “già” dalla fine del 2017 si prevede il passaggio al Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) che permetterà ai cittadini di avere una carta d’identità digitale e con un unico Pin sarà consentito il login a tutte le amministrazioni.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Fabio Traversa, redazione@exportiamo.it

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