Le fiere sono certamente uno strumento importantissimo per la promozione del “Made in Italy” sui mercati esteri ma è possibile misurare la loro importanza in termini puramente economici?

Secondo Ettore Riello - Presidente dell’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane (AEFI) che ha aperto i lavori del convegno “Le ‪fiere‬ italiane: quadro giuridico ed economico, situazione attuale e prospettive nel mercato globale” tenutosi lo scorso 3 maggio a Roma - ci sono dei numeri impressionanti che testimoniano la rilevanza di questo strumento per l’economia del Sistema Paese:

‬”Non mi stancherò mai di ripetere che le fiere italiane generano il 50% del nostro ‪‎export‬ e, più in generale danno vita ad affari per circa 60 miliardi di euro. Esse devono essere considerate il principale strumento di promozione per il 75% delle imprese industriali e per l’88,5% delle PMI; esse sono dunque il miglior strumento attraverso cui diffondere la nostra migliore immagine nel mondo”.‬

Il Presidente dell’AEFI - oltre a difendere il ruolo giocato dal settore fieristico nelle dinamiche del commercio estero del Paese - ha anche colto l’occasione per lanciare un campanello d’allarme nei confronti del governo chiedendo in maniera netta e chiara delle risposte su tre punti specifici: assetto societario, regolazione in materia di trasparenza e tassazione fiscale degli immobili.

Riello ha dunque espresso il timore che le disposizioni contenute nell’insieme di provvedimenti che rientrano nella riforma della Pubblica Amministrazione possano far ricadere gli enti fieristici sotto la sfera normativa pubblicistica, negando dunque quanto specificamente stabilito da una sentenza della Corte di Giustizia Europea che recita così:

”l’attività di organizzatore di fiere è un’attività economica rientrante a pieno titolo nella sfera di applicazione del diritto di stabilimento e del diritto di libera prestazione dei servizi ed in ordine alla quale non sono ravvisabili motivi imperativi di interesse pubblico idonei a giustificare speciali discipline restrittive”.

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Ed è proprio questo il punto: gli enti organizzatori di fiere hanno il timore di ritrovarsi in futuro costretti a dover sottostare a particolari procedure e bandi di gare pubblici troppo rigidi e che, a loro parere, danneggerebbero in maniera irreparabile l’efficacia dello strumento fieristico.

Secondo i critici le riforme in corso di elaborazione da un lato sembrano mettere a rischio la stessa possibilità di mantenere le partecipazioni pubbliche nelle società/enti fieristici e, dall’altro anche qualora sia ammessa tale possibilità, sembrano voler assoggettare a regole pubblicistiche tali società/enti senza tenere in adeguata considerazione che si tratta di imprese che operano nel libero mercato.

Per gli enti fieristici essere assoggettati ad una gestione pari a quella delle realtà pubbliche significherebbe indurle a svelare i loro segreti industriali oltre che ingessarle in processi di convocazione di bandi per gare pubbliche e successive assegnazioni che porterebbero le stesse a non poter reagire nei tempi richiesti in un mercato segnato dalla forte concorrenza internazionale.

Infine l’AEFI chiede che la tassazione IMU sia riportata alla categoria E (è stata tramutata in D8 con la circolare 4 del 2006 dall’Agenzia delle Entrate) e che dunque essa non debba essere superiore al 10% di quella che viene applicata ad un centro commerciale di pari superficie.

La materia affrontata nel convegno è molto tecnica e per questo è difficile esprimere la propria opinione in merito ma senza dubbio le richieste avanzate dall’AEFI dovrebbero essere quantomeno esaminate dal governo al fine di assicurarsi di fare tutto il possibile per salvaguardare un settore altamente strategico.

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In effetti il settore fieristico italiano può esibire numeri assai importanti e nel 2016 sono previsti ben 946 eventi fieristici di cui 189 manifestazioni internazionali che coinvolgeranno un totale di 22 milioni di visitatori e oltre 200mila espositori.

Per intuire quali siano i comparti più importanti è sufficiente osservare la suddivisione settoriale delle manifestazioni internazionali che si svolgeranno nel Belpaese nel corso dell’anno: tessile (18%), sport, hobby, intrattenimento ed arte (14%), food, beverage e hospitality (10%) e meccanica (7%).

Nel 2015 il saldo in termini di espositori, visitatori e fatturato è stato positivo ed è interesse prioritario del governo agire per fare in modo che questo trend possa proseguire anche nel 2016.

Ricordiamo comunque che il governo ha riconosciuto nel 2015 il ruolo straordinario del sistema fieristico italiano per la ‪‎politica‬ ‪industriale‬ del Paese inserendole nel “Piano di Promozione straordinaria per il Made in Italy”.

Il consolidamento dello strumento è avvenuto attraverso una cospicua crescita degli investimenti statali nel settore pari a 75 milioni per il biennio 2015-2016 di cui 45 sono stati già utilizzati nel 2015 ed ulteriori 30 sono a disposizione per il 2016.‬‬

Se si pensa che, nei cinque anni precedenti, la media annua dei fondi stanziati era pari a 5 milioni si può affermare che un bel passo in avanti è già stato compiuto, ma bisogna anche essere coscienti del fatto che questo non significa che non servano ancora più risorse per competere a livello globale, al contrario una riflessione ed uno sforzo in tal proposito sono assolutamente doverosi.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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