Si chiama “Il Mondo nel 2050: come cambierà l’ordine economico globale entro il 2050?” e si tratta dell’annuale studio condotto dagli economisti di PWC, network internazionale attivo nei servizi di consulenza aziendale, sull’evoluzione del PIL delle 32 principali economie mondiali, ovvero quelle che generano l’85% del PIL globale.
La classifica è dominata dalla Cina che oltre a vantare l’economia più florida del momento è anche quella che ha le migliori aspettative per il prossimo futuro. Alle sue spalle si piazza l’India che scalza dal secondo gradino del podio gli Stati Uniti (attualmente terza economia mondiale), un tempo icona inarrivabile di benessere economico e sociale.
Lo studio prende in esame anche le economie dei Paesi del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e USA) e quello che viene fuori dall’analisi non disegna certo un futuro allettante per il nostro Paese.
Al momento l’Italia occupa il dodicesimo posto del ranking mondiale, ma nei prossimi 33 anni il PIL italiano, a parità di potere d’acquisto, perderà ben nove posizioni scendendo al 21esimo posto nel 2050.
A guadagnare le posizioni perse dall’Italia e dagli altri Paesi che al momento detengono il potere economico saranno soprattutto le economie emergenti, ovvero quelle di Brasile, Messico, Cina, India, Indonesia, Russia e Turchia, il cui tasso di crescita sarà del 3,5% l’anno, più del doppio di quello di economie mature (quelle del G7 appunto) che cresceranno dell’1,6% l’anno.
A beneficiare del rallentamento dei Paesi più forti saranno anche il Vietnam ed il Bangladesh, realtà a demografia forte che si svilupperanno grazie ad una grande disponibilità di manodopera ed ai consumi interni.
Ma cosa determinerà il sorpasso?
Capire quali saranno le cause che determineranno un rovesciamento dell’attuale ordine mondiale è sicuramente il modo migliore per attuare delle politiche in grado quantomeno di attutire gli effetti nefasti che un rallentamento così drastico delle economie sviluppate ed un tale cambio nella distribuzione della ricchezza globale porterà con sé.
Crescita demografica, grande disponibilità di forza lavoro e conseguente aumento dei consumi interni saranno il combustibile che brucerà nei motori delle locomotive dei Paesi emergenti.
Già nel 2042, l’economia mondiale varrà il doppio di quella attuale e il PIL degli E7 (Emerging Seven) peserà ben il 50% sul totale contro il 20% dei Paesi del G7.
Il reddito medio pro capite, tuttavia, continuerà ad essere a favore delle economie più avanzate eccezion fatta, forse, proprio per l’Italia.
Le economie emergenti, però, per chiudere il gap con quelle più avanzate avranno bisogno di investire molto in infrastrutture ed istruzione. In caso contrario rischierebbero di ritrovarsi con una manodopera abbondante ma poco qualificata ed altissimi tassi di disoccupazione con conseguente malcontento popolare e forti rischi di stabilità politica e sociale.
Sono dunque questi i punti chiave su cui l’Italia dovrebbe maggiormente concentrare le proprie energie:
- politiche pubbliche e demografiche;
- politiche economiche finalizzate alla crescita;
- investimenti in istruzione e ricerca;
- ammodernamento infrastrutturale.
Le innovazioni tecnologiche, infatti, favoriscono i Paesi con una manodopera altamente qualificata (com’è attualmente quella italiana) e di conseguenza aiutano a tenere a distanza le economie meno sviluppate ma soprattutto - aspetto che più interessa i cittadini italiani - a non peggiorare in maniera repentina le condizioni socio-economiche del Paese.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesco Bromo, redazione@exportiamo.it
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