L’Unione Europea e il Messico hanno raggiunto un nuovo accordo per l’eliminazione di numerosi ostacoli agli scambi commerciali. “Nuova importante prospettiva” o “scelta autolesionista”? Quali le prospettive per il Made in Italy?

In attesa di conoscere gli esiti definitivi del difficile confronto su protezionismo e guerra dei dazi innescata dall’amministrazione Usa, e in un contesto globale che scivola sempre più da una prospettiva multilaterale verso un crescente bilateralismo (per approfondire clicca qui), l’Unione Europea compie un nuovo passo in avanti sulla strada degli accordi di libero scambio, rafforzando la sua rete di alleanze internazionali.

La Commissione Europea e il governo messicano, dopo quasi due anni di trattative, il 21 aprile hanno infatti raggiunto un accordo commerciale (parte di un accordo più ampio tra Bruxelles e il Paese centramericano) che prevede la rimozione del 99% dei dazi, delle tariffe e in generale delle barriere commerciali applicate ai prodotti Ue, in particolare nel settore agricolo.

L’intesa, che aggiorna il precedente accordo sul commercio bilaterale in vigore dal 2000, dovrebbe essere formalizzata entro la fine dell’anno per poi essere approvata da Parlamento e Consiglio Ue.

Le relazioni commerciali tra Ue e Messico sono intense ed in costante crescita: l’interscambio di beni e servizi vale circa 77 miliardi di euro e le esportazioni dell’Unione verso il partner sud-americano hanno raggiunto i 48 miliardi di euro (l’Italia esporta per 4 miliardi e registra un attivo commerciale di 3,3 miliardi). Dal 2000, cioè dall’entrata in vigore della prima intesa commerciale bilaterale, l’interscambio tra Ue e Messico è cresciuto del 148% (a un tasso annuo dell’8%) e oggi il Messico per l’Ue è il secondo partner commerciale in America Latina dopo il Brasile.

Nonostante questi risultati positivi, c’erano ancora ampi margini per migliorare i rapporti commerciali contemplati dal nuovo accordo, esentando dai dazi praticamente tutti gli scambi di merci.

I dettagli dell’accordo

Nello specifico, l’accordo prevede infatti:

  • l’eliminazione totale dei dazi e l’accesso al mercato senza limiti per il pollame (attuali dazi fino al 100%), la carne di maiale (fino al 45%) il cioccolato (oltre il 20%), la pasta (fino al 20%), i cosiddetti “blue cheese”, cioè i formaggi come il Gorgonzola o il Roquefort (fino al 45%). Vengono invece fissati dei contingenti annui per i formaggi freschi e lavorati (5.000 tonnellate annue), per altri tipi di formaggi (20.000 tonnellate), per il latte in polvere (30.000 tonnellate dalla data di entrata in vigore dell’accordo, per raggiungerne 50.000 nell’arco dei 5 anni successivi);
  • la tutela dalle imitazioni in Messico di 340 alimenti e bevande tipici europei, le cosiddette Indicazioni Geografiche, come il nostro prosciutto di Parma e l’aceto balsamico di Modena, lo Champagne e il formaggio Comté francesi, o il salame Szegedi szalámi ungherese. Questo significa che i produttori di specialità tradizionali non dovranno lottare contro le imitazioni e che quando i consumatori acquisteranno questi prodotti potranno farlo sapendo di acquistare cibi e bevande autentici;
  • una forte riduzione delle formalità e delle procedure doganali per l’esportazione verso il Messico dei beni industriali europei, e in particolare di quelli del settore farmaceutico, dei macchinari e delle attrezzature di trasporto;
  • una serie di clausole che riguardano il rispetto degli obblighi imposti dall’accordo di Parigi sul clima per il commercio e lo sviluppo sostenibile, e contiene anche un riferimento esplicito al principio di precauzione che consente all’UE di non far accedere al proprio mercato prodotti per i quali non vi sia la certezza scientifica della loro sicurezza;
  • disposizioni per la lotta alla corruzione e il riciclaggio di denaro;
  • il reciproco accesso al mercato degli appalti pubblici e dei servizi (da quelli finanziari a quelli digitali);
  • la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, in modo da proteggere il settore europeo della ricerca e dello sviluppo e le 340 specialità tradizionali dell’Unione;
  • una maggiore protezione degli investimenti, con l’introduzione di un nuovo sistema giurisdizionale per gli investimenti che garantisce la trasparenza e il diritto degli Stati di legiferare nell’interesse pubblico.

L’intesa rappresenta un rischio o un’opportunità?

L’accordo è stato accolto con favore e soddisfazione dalle istituzioni: “Con questa intesa il Messico si aggiunge a Canada, Giappone e Singapore nella lista dei Paesi che vogliono lavorare con l’Ue per difendere un commercio equo e aperto”, è stato il commento del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. E per la commissaria responsabile per il settore, Cecilia Malmstroem, è anche un “messaggio forte agli altri partner” come gli Usa: quando entrambe le parti sono convinte dei vantaggi “è possibile modernizzare le proprie relazioni”. Una posizione condivisa dal ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, secondo il quale la notizia dell’accordo, oltre a essere una “importante novità” è un “passo importante verso l’affermazione di un principio di relazioni commerciali internazionali basate su di una equa ripartizione dei benefici del commercio e sul rispetto di alti standard sociali ed ambientali”. Specie ora che “nuove spinte protezionistiche si affacciano all’orizzonte” ed è “forte il bisogno di governare la globalizzazione”. L’intesa, per il commissario all’agricoltura Phil Hogan, apre “nuove importanti prospettive” per l’export Ue di prodotti agroalimentari di alto livello e la creazione di lavoro.

Critico invece il parere della Coldiretti, secondo la quale l’accordo è il frutto di una “scelta autolesionista” contro la quale promuoverà una “mobilitazione popolare per fermare il cibo falso”. Secondo Coldiretti, il Messico potrà “produrre e vendere oltre il 90% degli 817 prodotti a denominazione di origine nazionali riconosciuti in Italia e nell’Ue come il Parmesano, i salamini e il vino Dolcetto ‘Made in Messico’. Secondo l’organizzazione agricola, “il furto di identità delle produzioni più tipiche è un costo troppo elevato per l’Italia” e “non compensato dalla riduzione delle barriere tariffarie per formaggio e pasta”.

Sebbene appaia prematuro prevedere l’effetto dell’accordo per l’agroalimentare italiano, l’approccio più corretto, probabilmente, sarebbe quello di vedere il bicchiere mezzo pieno e interpretarlo come un’opportunità per l’export delle nostre produzioni. Come sostiene infatti CIA (Confederazione italiana agricoltori): “da Bruxelles segnalano che il nuovo scenario produrrà benefici occupazionali, stimando oltre 400 mila posti di lavoro nel settore delle esportazioni”. “Da questo accordo - continua l’organizzazione agricola - non è affatto automatico o scontato che il mercato messicano preferirà i “falsi” prodotti italiani a quelli originali, ma sarà importante monitorare l’evoluzione di quanto accadrà realmente sui mercati, realizzando anche azioni di promozione a livello internazionale per i veri prodotti italiani”.

Educare i palati alla bontà e alla qualità rimane l’unica vera arma vincente per tutelare le eccellenze del Made in Italy. Ne è una dimostrazione il successo dell’iniziativa True Italian Taste promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico e da Assocamerestero per diffondere la conoscenza del cibo italiano autentico nel mondo e contrastare il fenomeno dell’Italian Sounding, aiutando il consumatore straniero a distinguere i veri prodotti italiani dalle imitazioni.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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