“Da grande voglio fare l’influencer” titola La Repubblica, a conferma della popolarità crescente che l’universo dei social network e coloro che lo abitano sono riusciti a guadagnarsi anche (e soprattutto) tra i più giovani. Chi sono gli influencer? E come si spiega il successo dell’influencer marketing?

Tutto nasce da una delle attitudini sociali che ha da sempre contraddistinto l’umanità fin dai suoi albori: ognuno di noi è più portato a compiere una scelta, o ad acquistare un prodotto o un servizio piuttosto che un altro quando a consigliarcelo è qualcuno che conosciamo e di cui ci fidiamo. L’influencer per l’utente medio diventa proprio questo, una persona di fiducia, perché col tempo ha saputo guadagnarsi il rispetto dei suoi followers. Ed è per questo motivo che i brand oggi spendono una parte sempre più consistente dei loro budget pubblicitari nel cosiddetto “influencer marketing”, chiedendo ai famosi del web di fare spazio ai loro prodotti nei post su Instagram o nei video YouTube.

Nel 2017 il business intorno all’influencer marketing è cresciuto del 198%. Secondo uno studio realizzato dalla piattaforma di analisi dati Annalect e Twitter, nel 2016, quasi il 40% delle persone che hanno acquistato un prodotto online, lo hanno fatto dopo aver visto un influencer usarlo sui social network come YouTube, Instagram o Twitter.

Da evidenziare soprattutto la crescita esponenziale di Instagram, il social media prediletto dagli influencer e dai giovanissimi (età media tra i 24 e i 30 anni), che nei primi mesi del 2018 ha raggiunto 813 milioni di utenti a livello mondiale, registrando una crescita a dir poco sbalorditiva se consideriamo che nel 2013 ne contava appena 90 milioni.

Chi sono gli Influencer? E come funziona l’Influencer Marketing?

Ma chi sono gli influencer? Recita alla lettera il Vocabolario Treccani: “Influencer s. m. e f. Personaggio popolare in Rete, che ha la capacità di influenzare i comportamenti e le scelte di un determinato gruppo di utenti e, in particolare, di potenziali consumatori, e viene utilizzato nell’àmbito delle strategie di comunicazione e di marketing”.

L’influencer è un nodo centrale all’interno di un network di relazioni social e sociali molto ampio, e in funzione dell’alto potenziale relazionale e di una consolidata reputazione derivante dall’alto grado di interesse e conoscenza di un certo argomento, assume autorevolezza e ottiene fiducia da parte del suo seguito.

Tuttavia, la visibilità può prendere il sopravvento sulla dimensione della competenza, determinando una crescente ibridazione tra il concetto di influencer e celebrity. Per tale motivo le aziende sono ben disposte a investire in campagne di Influencer Marketing, poco importa che le persone riconosciute come opinion leader dal pubblico del web non abbiano né arte né parte: quello che conta è avere un ritorno in termini di visibilità di qualità. I dati dimostrano infatti che ricorrere alle Digital PR incrementa di circa 5,2 volte l’efficacia della propria campagna marketing e, quindi, influenza concretamente anche le scelte d’acquisto dei consumatori.

Ma cosa è concretamente l’influencer marketing? È una forma di marketing attraverso cui le aziende danno un compenso (in denaro o in prodotti) a degli influencer che mostrano sostegno o approvazione (endorsement) per il loro brand, generando un effetto pubblicitario, ma senza palesare la finalità commerciale della comunicazione. Agli occhi dei consumatori, pertanto, gli influencer presentano una maggiore credibilità rispetto alle figure professionali normalmente impiegate dall’impresa per promuovere i propri brand e prodotti come agenti, promoter, brand ambassador, testimonial ecc. in quanto vengono percepiti come neutrali rispetto ai portatori di interesse che operano in quel dato settore. Nell’immaginario collettivo, quindi, la forza degli influencer sta proprio nella genuinità dei loro consigli. Tanto più che, per rendere ancora più credibile la narrazione, nella maggior parte dei casi non ci si limita al selfie con il prodotto in mano: oggi le aziende chiedono pacchetti di contenuti (ad esempio un post, una Storia Instagram e un video) che facciano lo “storytelling” di un prodotto.

Di fronte ad una domanda in costante aumento, sono nate delle agenzie che fanno da intermediarie tra aziende e influencer: raccolgono le richieste di chi vuole farsi pubblicità tramite gli influencer, individuano le personalità adatte in base agli obiettivi della campagna e al pubblico da raggiungere, propongono loro la collaborazione e poi, se questa va in porto, stabiliscono le linee guida dell’attività di marketing. Tradotto: l’agenzia dice agli influencer come e quando postare i contenuti sponsorizzati.

Il dibattito sulla trasparenza dell’influencer marketing

Ed è qui che si genera un vero e proprio paradosso: se l’azienda paga e l’agenzia dice come e quando postare, cosa resta del mito della credibilità degli influencer? Se presunti messaggi autentici e spontanei in realtà vengono pilotati dal guizzo creativo delle agenzie di comunicazione e da quello strategico dei reparti marketing, la distanza dai vecchi spot televisivi non è poi molta.

Il passo verso un product placement ingannevole, più banalmente detta pubblicità occulta, è veramente breve nel momento in cui il consumatore medio, inconsapevole di tali dinamiche è portato ad interpretare la comunicazione come consiglio derivante dall’esperienza personale dell’influencer e dunque a considerarla come attendibile.

In Italia il dibattito sulla trasparenza nell’influencer marketing è esploso nell’estate del 2017, quando l’Antitrust ha ammonito alcuni marchi e ricordato che per legge (Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, art. 7) la pubblicità dev’essere sempre chiaramente riconoscibile, anche sui social. Sembrava che gli influencer avessero recepito il messaggio cominciando a segnalare le collaborazioni pagate con scritte esplicite o con hashtag come #ad o #sponsor, ma non tutti si sono adeguati tanto che in questi ultimi giorni la questione è riesplosa con la denuncia presentata da Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, all’Antitrust (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) e allo Iap (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) relativamente ai post pubblicitari non segnalati di diversi influencer su Instagram relativi ai prodotti del marchio Fitvia.
Ad essere contestata non è l’attività promozionale in sé, ma il fatto che non si dichiari esplicitamente che il prodotto ‘consigliato’ è sponsorizzato dall’azienda, e che quindi quel personaggio è pagato per utilizzarlo.

Ma il punto è un altro: può bastare l’hashtag #ad per far capire agli utenti (compresi quelli meno smaliziati) che se il loro beniamino gli consiglia quella borsetta, quel robot da cucina o quel videogame, lo fa per lavoro e non per hobby? E soprattutto: agli utenti interessa?

Influencer che mettono il turbo all’export

Gli influencer, in fondo, oggi sono per il web quello che per decenni gli spot pubblicitari sono stati per la televisione, vale a dire l’anima del commercio. Le aziende italiane lo hanno capito per l’Italia e ora le più smart provano a imboccare la stessa via sui mercati esteri più promettenti, dove l’e-commerce è un canale strategico e la diffusione di internet è capillare.

Senza dimenticare che quando si cambia mercato bisogna anche cambiare influencer. In Asia, ad esempio, sono i livestreamer ad andare per la maggiore: opinion leader della porta accanto che dispensano i propri consigli attraverso videomessaggi.

E soprattutto, per avere successo, non basta che gli influencer siano fashion victim del nostro stile, ma che siano anche specializzati nel raccontare il nostro lifestyle alla loro maniera, per come lo percepiscono e lo apprezzano secondo i loro codici culturali di riferimento. Per esempio, da noi la cultura del food & wine è sofisticata, i gusti dei consumatori sono evoluti e si concentrano sulla qualità del prodotto. In Cina i consumatori invece sono più attratti dal packaging e dalle immagini del contesto.

Ovviamente si tratta di operazioni di marketing 4.0 che hanno un costo in termini di investimenti, ma il ritorno in termini di visibilità (e quindi di vendite) non andrebbe sottovalutato. L’influencer marketing sui social è ormai una realtà consolidata destinata ad esplodere ancor di più nel futuro: ignorarlo sarebbe come volgere lo sguardo indietro piuttosto che guardare avanti.

Fonte: a cura di Exportiamo, Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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