Nella tredicesima puntata di “Esportare senza rischi” si analizza l’importanza di possedere un’adeguata conoscenza degli aspetti tributari nell’ambito di operazioni internazionali d’import-export.

Chi opera con l’estero non può permettersi il lusso di ignorare gli aspetti tributari: migliorare le proprie conoscenze e operare in modo consapevole è fondamentale, tanto in relazione al trattamento tributario in Italia che nei Paesi esteri nei quali si opera o nei quali si hanno entità o rapporti giuridici di vario tipo.

Anche nell’ambito delle semplici operazioni di esportazione gli aspetti tributari da considerare sono molteplici, dunque è necessario organizzare il processo anche dal punto di vista fiscale per evitare implicazioni successive. Ad esempio:

• Nell’ambito delle cessioni intracomunitarie, sel’acquirente cessa la partita IVA nel suo Paese deve comunicarlo alla controparte;
• Se si esporta al di fuori della UE è necessario recapitate le prove del “visto uscire dallo stato”;
• Nel caso si abbiano collaboratori o partner esteri è consigliabile valutare se l’entità estera è configurabile come una stabile organizzazione. In questo specifico caso è bene ricordare come sia necessario è pagare le imposte sulla base imponibile determinata nel Paese estero. Ovviamente in presenza di una eventuale convenzione contro le doppie imposizioni si seguirà la relativa disciplina;
• Se si esporta in alcuni Paesi in cui si possiede una società partecipata locale. è necessario tenere conto del “transfer price”;;
• Se si verificano perdite su crediti da forniture a soggetti aventi sede nei paesi a fiscalità privilegiata (cd. “black-list”) saranno considerati – ai fini delle imposte dirette – costi a potenziale rischio di deducibilità.

Gli esempi sono numerosi, ma il concetto chiave è che non bisogna sottovalutare le lafiscalità internazionale.

La dimensione internazionale e i concetti chiave da tenere presenti

Le implicazioni tributarie in ambito internazionale ruotano intorno ad alcuni concetti fondamentali: il concetto di “word-wide taxation” per le imposte dirette (cioè quelle sui redditi), e quello di fabbricazione/importazione/immissione in consumo/utilizzo per le imposte indirette (esempio principe l’IVA, ma applicabile ad altre imposte indirette). Ci sono poi le tasse, le quali sono (o meglio, dovrebbero essere) correlate ad un servizio ricevuto.

Per entrambi i concetti sono definiti, i presupposti, i soggetti passivi d’imposta, le aliquote/misura delle imposte, e l’ambito territoriale di applicazione: infatti la potestà impositiva è esercitata, di regola, da ciascuno Stato.

In ambito internazionale l’economia moderna ha visto aumentare sia il peso degli interscambi sia quello del settore terziario, ovvero dei servizi che, essendo “intangibili” sono più facilmente “remotizzabili” in altri Paesi, specialmente quelli digitali.

Si pone quindi il problema di disciplinare in qualche modo la tassazione, per evitare – o per lo meno limitare – fenomeni di perdita del gettito fiscale, o di doppia imposizione da parte degli Stati coinvolti.

Anche volendo semplificare al massimo l’argomento degli aspetti tributari per un’azienda che ha rapporti commerciali internazionali vanno tenuti presenti alcuni aspetti.

Rapporti mercantili/di fornitura

E’ bene conoscere, e possibilmente comprendere a fondo, almeno i seguenti aspetti:

1. il concetto di valore normale per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi;
2. il concetto di responsabile d’imposta ed i regimi di responsabilità solidale in ambito doganale e tributario;
3. il concetto di immissione in libera pratica all’interno dell’Unione Europea (status particolare che riguarda beni introdotti nella UE assolvendo i tributi esterni, ma ancora da “nazionalizzare”, cioè da assoggettare alle imposte di consumo nel Paese in cui verranno, appunto, introdotte per il consumo o l’utilizzo) e di importazione temporanea (utilizzata nell’ambito di alcune fasi di lavorazione o trasformazione).

Nel caso le operazioni o alcune attività vengano effettuate attraverso uffici e/o rappresentanti all’estero, accordi di joint-venture, o intermediari e partners stranieri è bene avere contezza anche del concetto di stabile organizzazione (presupposto per la tassazione dei redditi prodotti nel Paese in capo a soggetti non residenti) adottato – ai fini tributari – anche nel Paese estero, e gli adempimenti da assolvere in tale Paese;

Commesse e lavori all’estero

Nel caso si svolgano lavori o attività all’estero, direttamente o indirettamente, è bene conoscere anche il concetto di “valore normale” e di “stato di avanzamento” per la realizzazione delle opere e delle commesse;

Presenza diretta all’estero

Nel caso si operi attraverso società o entità partecipate e/o collegate, è bene conoscere anche:
• il concetto di esterovestizione (utilizzo elusivo di una entità legale estera riconducibile al contribuente del Paese) e di CFC (Controlled Foreign Company, cioè entità estere controllate dal contribuente);
• il concetto di transfer prices;
• Il concetto di bilancio consolidato mondiale.

In ogni caso, è fondamentale verificare se esiste una convenzione contro le doppie imposizioni tra i Paesi interessati e comprenderne bene tanto le previsioni che il meccanismo di imposizione: la regola generale è che le imposte assolte nel Paese estero vengono scomputate - nel Paese di residenza del soggetto passivo - dal suo reddito nell’anno in cui sono state pagate e fino a concorrenza delle imposte dovute sugli stessi redditi già assoggettati a tassazione all’estero.

In pratica se nell’anno 2017 è stato generato reddito all’estero da un soggetto fiscalmente residente in Italia, lo stesso – di regola – viene assoggettato a doppia imposizione, quindi si pagheranno le imposte in entrambi i Paesi (probabilmente nell’anno seguente) salvo poi dedurre, dal reddito del 2018, le imposte pagate all’estero sul reddito del 2017 ma solo fino a concorrenza delle imposte pagate in Italia su tale reddito.

Ciò comporta la non marginale conseguenza che, se nel 2018 non c’è un reddito sufficiente, si perde irrimediabilmente la possibilità di scomputare in Italia la parte eccedente di imposte pagate all’estero (se poi si è in presenza di perdita fiscale, l’impatto è ancora più sconcertante).

In pratica, il meccanismo non è – a discapito del nome – una modalità per evitare le doppie imposizioni ma un correttivo che assolve pienamente la sua funzione con uno sfasamento temporale (e solo nei casi in cui vi sia reddito sufficiente a recuperare interamente le imposte pagate all’estero) che spesso si rivela inadeguato e penalizzante.

In sintesi

Da quanto brevemente esposto, emerge l’importanza di conoscere e pianificare adeguatamente anche gli aspetti tributari internazionali, evitando di lanciarsi in rapporti e progetti senza aver prima acquisito una adeguata comprensione delle implicazioni e delle conseguenze anche sotto il profilo tributario.

Altrimenti si corre il serio rischio di impegnare energie e risorse sulla base di presupposti di ritorno economico – e di flussi di cassa attesi – che possono essere molto diversi da quelli effettivi.

Per maggiori informazioni sui concetti affrontati nella guida “Esportare senza Rischi” pubblicata a puntate in esclusiva su Exportiamo.it e per implementarli concretamente nella vostra azienda è possibile contattare l’Avvocato Fulvio Graziotto (GRAZIOTTO LEGAL) al seguente indirizzo mail fgraziotto@graziottolegal.com.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Avv. Fulvio Graziotto, redazione@exportiamo.it

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