Il Mediterraneo rappresenta da sempre un hub e un punto di incontro tra diverse culture ma è anche un’area complessa caratterizzata da numerose criticità. Gli attori coinvolti nel processo di integrazione delle sue due sponde hanno da tempo intrapreso un percorso di cooperazione nel tentativo di creare stabilità e prosperità e, sebbene le sfide da superare siano molte, anche le opportunità di sviluppo certamente non mancano.

Le sfide

Il processo di integrazione euro-mediterranea sta attraversando un periodo di forti turbolenze: dall’aumento esponenziale delle migrazioni al proliferare del terrorismo per giungere ai vuoti di potere creati dalle cosiddette “primavere arabe”, le sfide da affrontare sono molteplici. Gli obiettivi di stabilità, sicurezza, pace e prosperità che la Dichiarazione di Barcellona, volta a istituire un partenariato euro-mediterraneo, si era posta nel 1995, sembrano infatti un sogno lontano.

La questione delle migrazioni sta ponendo gli stati europei di fronte alle proprie responsabilità per una gestione completamente inadeguata di questo imponente fenomeno e la tensione creatasi nelle ultime settimane rappresenta la vera cartina al tornasole degli annosi problemi in seno all’Ue”. Così Pierpaolo Abet, direttore e fondatore del Mediterranean Forum of Rome, si è espresso durante la seconda edizione dell’evento che si è svolta lo scorso 28 giugno.

Come è immaginabile la questione migratoria si è imposta prepotentemente nel dibattito, e d’altronde, considerati i recenti fatti di cronaca, non poteva essere altrimenti. Le divisioni interne all’Unione Europea le rendono estremamente arduo e anche poco credibile “parlare con una sola voce” all’altra sponda del Mare Nostrum, che pure si aspetta dall’Europa risposte concrete.

Come sottolineato infatti dall’ambasciatore del Marocco in Italia, Hassan Abuayoubè necessario ripensare la stabilizzazione della sponda sud del Mediterraneo e l’Europa deve proporre una politica di Difesa e sicurezza colmando un vuoto nella regione”. Abuayoub ha inoltre ricordato che “siamo sul punto di celebrare i 50 anni dei primi accordi conclusi tra la Comunità economica europea ed i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Da allora ci sono state molte iniziative, tutte concepite a Bruxelles senza che vi fosse un processo popolare e condiviso nella gestione dei progetti, ma nel 1995 è stato compiuto un salto epocale, essendosi manifestata per la prima volta la volontà di condividere una visione comune”.

Nonostante le ambizioni fossero grandi nel corso di questi 23 anni lo scenario geopolitico internazionale è profondamente mutato e si è fatto sempre più teso.

L’ambasciatore marocchino ha infatti ricordato che “ora la situazione nel Mediterraneo è cambiata. Gli Stati Uniti, con le ultime mosse su Gerusalemme, hanno reso il loro ruolo inaccettabile come mediatori del conflitto mediorientale; la Russia con la sua presenza in Siria è una protagonista e l’Iran, con la sua posizione in Libano, è una realtà che non si può trascurare. Perciò il ruolo dei Paesi europei è importante e l’Italia è in grado di ricoprire il ruolo di leader regionale”.

Nel corso dell’evento è intervenuto anche Fayiz Khouri, Ambasciatore del Regno Hashemita di Giordania in Italia, secondo cui “il Mediterraneo offre molte opportunità ai partner euro-med i quali comprendono che non sono legati solo dalla storia, ma anche dalle sfide transnazionali che richiedono sforzi e azioni comuni”.

In seguito ha preso la parola anche Iztok Mirosic, Vice Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Slovenia, che ha voluto evidenziare come i flussi migratori vadano gestiti a livello europeo altrimenti si rischia di fomentare i populismi, come sta già accadendo.

Le opportunità

A parte le difficoltà da superare, il Mediterraneo rimane un’area ricca di risorse che può fornire enormi opportunità di sviluppo. Fra i temi strategici trattati a Roma ne spiccano alcuni tra cui economia circolare, smart cities, decarbonizzazione ed energy mix.

Secondo Abet “non vi sono dubbi sulle prospettive di un aumento dell’uso di energia rinnovabile in tutta la regione euro-mediterranea, il cui potenziale è enorme e può avere un grande impatto anche sulla creazione di posti di lavoro e crescita”.

Il regno del Marocco ci dà, in questo senso, una concreta testimonianza con i forti investimenti che sta effettuando sul settore dell’energia da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di portare la propria capacità di produzione da fonti pulite al 42% già entro il 2020.

Diversi Paesi della regione hanno inoltre avviato riforme strutturali con l’obiettivo di migliorare il clima d’affari, gestire gli squilibri finanziari e creare ricchezza ed occupazione.

Gli investimenti in ricerca e innovazione sono inoltre fondamentali per contribuire ad avviare un processo di crescita inclusiva che favorisca sviluppo e stabilità. E sono le nuove generazioni il potenziale su cui lavorare per contribuire ad un processo di stabilizzazione e rinascita del Mediterraneo anche se è su queste stesse generazioni che grava il peso di politiche e scelte miopi attuate negli ultimi decenni. Da qui la necessità di una politica mirata per i giovani all’interno di una più ampia strategia orientata al dialogo e all’innovazione. Innovazione intesa non solo dal punto di vista tecnologico di cui oggi i giovani e anche giovanissimi sono protagonisti con start-up di eccellenza in tutto il Mediterraneo ma soprattutto da un punto di vista culturale per una visione del mondo che ponga al centro l’uomo ed i popoli.

Quale ruolo riveste oggi il Mediterreaneo nello scacchiere politico e geo-economico internazionale?

Oltre che per le implicazioni di sicurezza, il Mediterraneo odierno si è guadagnato una nuova rilevanza strategica anche come piattaforma di connessione globale. Il raddoppio del canale di Suez, gli effetti dell’allargamento di quello di Panama, le nuove scoperte energetiche nelle sue acque orientali ed il progetto di nuova “Via della Seta” varato da Pechino fanno del Mediterraneo uno snodo cruciale sul piano infrastrutturale, dei trasporti e delle reti logistiche.

Un sistema economico in espansione, dove passa il 30% del commercio mondiale di petrolio e dove si concentra il 20% del traffico marittimo. Un mercato di 500 milioni di consumatori il cui PIL, negli ultimi venti anni, è cresciuto ad una media del 4,4% l’anno e che può contare su 450 tra porti e terminal, 400 siti patrimonio dell’UNESCO, 236 aree marine protette e su un terzo del turismo mondiale. Dati significativi, che sembrano segnalare un’inversione di tendenza rispetto al trend di emarginazione storica del Mediterraneo, prima a favore dell’Atlantico e poi del Pacifico.

Il Mediterraneo ha una sua centralità strategica anche come “microcosmo” di sfide globali. È infatti il luogo in cui si intersecano, con forti implicazioni geopolitiche, alcune questioni orizzontali che richiedono un approccio globale: migrazioni, pressioni demografiche, sviluppo sostenibile, scarsità idrica, desertificazione, urbanizzazione ed insicurezza alimentare. Il Mare Nostrum è tornato dunque al centro della storia mondiale e delle sue dinamiche.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Morvarid Mahmoodabadi, redazione@exportiamo.it

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