Dopo anni di governi di sinistra costellati da scandali e forte peggioramento della situazione economica a trionfare è il candidato di estrema destra, riuscito ad organizzare una campagna elettorale vincente grazie al sapiente uso dei gruppi Whatsapp, strumento assai diffuso per la circolazione delle news in Brasile.

Il Brasile volta pagina e lo fa senza mezze misure. Jair Bolsonaro, candidato populista di estrema destra, ha infatti sconfitto al ballottaggio Fernando Haddad, candidato di sinistra del Partito dei Lavoratori, ovvero il partito che ha espresso il Presidente della Repubblica dal 2002 al 2016 – prima con Lula e poi con con Dilma Roussef. Bolsonaro succederà a Michel Temer, controverso personaggio del partito centrista del Movimento Democratico Brasiliano, chiamato a sostituire Dilma Roussef nell’estate del 2016 in seguito all’impeachment deciso dal Senato con 61 voti favorevoli su 81.

I risultati delle presidenziali di ieri assegnano un mandato pieno all’ex militare capace di ottenere oltre il 55% dei consensi, confermando il trend già evidenziatosi nel corso del primo turno svoltosi lo scorso 7 ottobre quando ottenne il 46% delle preferenze contro il 29% di Haddad.

Decisivi gli scandali che, in un modo o nell’altro, hanno coinvolto gli ultimi tre presidenti della Repubblica e che hanno convinto i cittadini a provare la strada del cambiamento nonostante Bolsonaro rappresenti un enorme punto interrogativo per una serie di ragioni.

Il 63enne infatti non solo non è famoso per la sua coerenza (ha cambiato ben 8 partiti diversi nel corso della sua carriera politica) ma è più volte balzato agli onori della cronaca per le sue frasi razziste, sessiste ed omofobe oltre che per una non celata nostalgia nei confronti del periodo della dittatura militare (1964-1984).

Il Paese sudamericano ha dunque preferito correre il “pericolo fascista” paventato da opposizione e commentatori internazionali piuttosto che dare nuovamente fiducia ad un candidato del Partito dei Lavoratori che, fino all’ultimo, ha tentato di candidare Lula nonostante la sua condanna a 12 anni di reclusione per corruzione.

La vittoria di Bolsonaro è anche la vittoria delle nuove tecnologie visto che il candidato, nel corso della campagna presidenziale, è apparso meno di 10 secondi al giorno in televisione ma è riuscito a ottenere un enorme appoggio fra i 120 milioni di utenti brasiliani iscritti alla celebre piattaforma di messaggistica istantanea.

Il neo-eletto si è presentato promettendo impegno (“Cambieremo il destino del Brasile. Vi offriremo un governo degno che lavorerà per tutti i brasiliani”) per la creazione di “una nazione grande, libera e prospera attraverso la riduzione della struttura del governo federale e della burocrazia e l’eliminazione di sprechi e privilegi.”

Inoltre, come in ogni elezione, un ruolo di primo piano è stato giocato dalla variabile economica con i brasiliani che hanno manifestato in massa la loro esasperazione dopo un biennio pesantissimo (2015-2016), in cui sono stati persi oltre 7 punti di Pil. La leggerissima ripresa dello scorso anno (+1%) e quella prevista per l’anno in corso (+1,4%) non sono state infatti in grado di mitigare gli effetti di una crisi profonda che ha le sue origini nelle politiche economiche del passato.

I grandi investimenti pubblici, realizzati specialmente nell’era Lula, si sono concentrati quasi esclusivamente sul comparto manifatturiero attraverso l’approvazione di una serie di sgravi fiscali che però non sono riusciti a frenare gli effetti negativi derivanti da una serie di fattori esterni fra cui spicca la drastica riduzione del prezzo delle materie prime.

Inoltre con Dilma Roussef la situazione si è aggravata ed il tasso di crescita degli investimenti pubblici è passato dal +25% annuo ad un misero +1%, in ragione dell’adozione della cosiddetta trickle down economics – teoria secondo cui agevolando i profitti del settore imprenditoriale privato, il reddito giunga “per sgocciolamento” anche alle fasce medio-basse. Il conseguente deterioramento della situazione economica del Paese ha portato all’implementazione delle più recenti politiche d’austerità da parte di Temer capaci di produrre effetti ancor più depressivi sull’economia brasiliana.

Tuttavia il programma economico di Bolsonaro è tutt’altro che chiaro anche se si segnala che diversi fondi che detengono titoli di stato brasiliani hanno salutato l’elezione dell’ex ufficiale dei paracadutisti con una forte impennata.

Rapporti con l’Italia

Fra i primissimi politici a complimentarsi con Bolsonaro c’è stato il ministro degli Interni italiano Matteo Salvini che si è affrettato a twittare la seguente frase: “Anche in Brasile i cittadini hanno mandato a casa la sinistra! Buon lavoro al presidente Bolsonaro, l’amicizia tra i nostri popoli e i nostri governi sarà ancora più forte”.

Il leader della Lega ha aggiunto poi che “dopo anni di chiacchiere, chiederò che ci rimandino in Italia il terrorista rosso Battisti” come promesso dallo stesso Bolsonaro alla vigilia del ballottaggio (”Se dovessi inviare un regalo all’Italia, sarebbe Battisti”) e come confermato poche ora fa dal fratello del presidente in pectore, Eduardo Bolsonaro, con un eloquente tweet (“Il regalo è in arrivo! Grazie per il supporto, la destra diventa più forte”).

La probabilissima estradizione di Battisti potrebbe dunque rappresentare l’antipasto di un ulteriore approfondimento dei rapporti Italia-Brasile anche da un punto di vista puramente commerciale. Ad oggi l’interscambio fra i due Paesi è superiore a 7,1 miliardi di euro (dati 2017), con un saldo commerciale a favore del Belpaese di circa mezzo miliardo.

Fra i prodotti italiani più apprezzati in Brasile i prodotti della meccanica (macchinari ed apparecchiature) rappresentano ¼ del totale dell’export Made in Italy in Brasile seguiti da prodotti chimici, farmaci e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio che – complessivamente – rappresentano un altro 25% delle vendite italiane in territorio brasiliano.

Ancora molto al di sotto delle potenzialità esistenti rimane invece l’acquisto di beni di consumo italiani dal momento che la fetta di popolazione con redditi elevati rimane ancora contenuta rispetto al totale (oltre 207 milioni di cittadini).

Non stupisce quindi che, secondo Sace, l’incremento dell’export italiano in Brasile da qui al 2021 stimato in +6,1% riguarderà prevalentemente beni intermedi (in particolare metalli, gomma e prodotti del settore estrattivo) e beni di investimento (meccanica strumentale e mezzi di trasporto). Tutto comunque dipenderà dalle decisioni di Bolsonaro e dalla riuscita delle sue politiche economiche che dovranno almeno provare a tirar fuori il Paese sudamericano da un declino sempre più preoccupante.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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