Il 27 luglio 2025, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un’intesa storica sulle tariffe doganali, scongiurando un’escalation commerciale che avrebbe potuto colpire duramente le imprese europee. L’accordo, siglato durante un incontro bilaterale in Scozia tra il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il Presidente USA Donald Trump, definisce un nuovo quadro tariffario transatlantico con importanti implicazioni per l’export italiano.

Tariffa unica al 15% e settori esenti: cosa cambia

L’elemento centrale dell’intesa è l’introduzione di una tariffa unica del 15% su gran parte delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti. Si tratta di un compromesso rispetto al rischio di dazi fino al 50% che sarebbero entrati in vigore dal 1° agosto. La nuova tariffazione riguarda categorie merceologiche strategiche per l’Italia, tra cui:

  • Automotive: incluso il segmento dei veicoli elettrici e dei componenti.
  • Farmaceutica e dispositivi medici: prodotti a medio-alto valore aggiunto.
  • Semiconduttori ed elettronica: settore chiave per le PMI italiane ad alta tecnologia.

Accanto alla tariffa generalizzata, l’accordo introduce anche un meccanismo “zero-for-zero” per l’eliminazione totale dei dazi in specifici comparti:

  • Aerospazio: aeromobili e componentistica.
  • Chimica fine e farmaci generici.
  • Macchinari per semiconduttori.
  • Prodotti agricoli selezionati e materie prime critiche.

Queste esenzioni saranno soggette a revisione periodica e verranno definite in dettaglio da gruppi tecnici nei prossimi mesi.

I nodi ancora irrisolti: acciaio e alluminio

Rimangono escluse dall’intesa le importazioni europee di acciaio e alluminio, che continuano a essere soggette a una tariffa del 50%, introdotta in precedenza per motivi di sicurezza nazionale. Tuttavia, le parti hanno concordato l’avvio di un tavolo negoziale per sostituire queste misure con un sistema a quote tariffarie (TRQ) sul modello già utilizzato in altri accordi commerciali.

Le contropartite europee: energia e investimenti

L’accordo prevede un impegno significativo da parte dell’UE, che si è detta disponibile ad acquistare 750 miliardi di dollari di forniture energetiche statunitensi (GNL, combustibile nucleare e petrolio) nel triennio 2025–2027. Inoltre, è stato annunciato un piano di investimenti diretti esteri europei negli USA pari a circa 600 miliardi di dollari, che comprenderanno anche forniture militari e infrastrutture critiche.

Implicazioni per le imprese italiane

Per le aziende italiane esportatrici verso gli Stati Uniti, l’intesa offre una cornice di stabilità nel breve-medio termine. Sebbene il livello tariffario del 15% rappresenti un incremento rispetto all’assetto pre-2018 (quando vigeva una liberalizzazione quasi totale), l’accordo consente di evitare misure protezionistiche ben più penalizzanti.

Le imprese dei settori alimentare, automotive, farmaceutico e meccanico dovranno però rivedere le proprie marginalità e strategie di pricing, in quanto le nuove tariffe si applicheranno in via uniforme e immediata, salvo per i settori esenti.

È inoltre consigliabile monitorare attentamente l’evoluzione dei tavoli tecnici UE-USA, soprattutto in vista della definizione dei criteri per i beni esenti da dazio.

Dazi su consumatori simbolo

  • Parmigiano Reggiano: attualmente soggetto a un dazio del 25%, salirebbe fino al 30%, portando il prezzo da ~44 €/kg a ~59 €/kg negli USA — un rincaro che i consumatori potrebbero non accettare;
  • Pelati e passate di pomodoro: dazi esistenti al 12% potrebbero salire al 32%, mettendo a rischio competitività su prodotti che valgono miliardi in export negli USA;
  • Vino e alcolici: il settore vale oltre 2 miliardi €, circa il 450.000 addetti coinvolti rischiano contraccolpi in caso di nuove barriere tariffarie.

🔍 Cosa cambia per le imprese italiane?

L’accordo rappresenta sia possibilità sia sfide:

  • Il 15%, sebbene inferiore ai dazi precedenti, resta un balzo rispetto al periodo pre-protezionistico;
  • I settori di alta qualità (moda, design, agroalimentare Dop/Igp, lusso) rappresentano una quota rilevante dell’export: circa il 43% del totale verso gli USA è di fascia alta, ancora in grado di resistere maggiormente a barriere tariffarie;
  • Si prevede una contrazione del PIL italiano di circa 0,3‑0,5 punti percentuali entro il 2026.

Conclusioni

L’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea rappresenta un importante passo avanti verso la stabilizzazione delle relazioni commerciali transatlantiche. Pur introducendo dazi più alti rispetto al passato, evita una guerra commerciale che avrebbe avuto effetti disastrosi sull’interscambio bilaterale, che nel 2023 ha superato i 1.400 miliardi di euro.

Per le imprese italiane si apre ora una fase di adattamento, ma anche di opportunità: l’impegno congiunto a mantenere aperti i canali commerciali e ad agevolare investimenti reciproci rappresenta un segnale positivo per chi guarda con interesse al mercato statunitense.

Call to Action

Se la tua impresa esporta o intende esportare negli Stati Uniti, è il momento di rivedere la strategia commerciale e doganale. Verifica la classificazione dei tuoi prodotti, analizza l’impatto dei nuovi dazi e valuta le opportunità nei settori esenti. Per assistenza operativa, aggiornamenti normativi o consulenza strategica, contatta il team di Exportiamo.it: siamo al fianco delle imprese italiane per affrontare ogni sfida dell’internazionalizzazione.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, a.gambino@exportiamo.it  -  Autore Alessio Gambino

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