Con una popolazione stimata in circa 1,21 miliardi di persone, che rappresenta il 17% della popolazione mondiale, l’India é il secondo Paese più popoloso del pianeta (dopo la Cina) e, secondo alcune statistiche, potrebbe divenire il primo intorno al 2030. 

Alcuni dati macro-economici. Dai primi anni 2000 e sino al 2011, il PIL indiano aveva riportato percentuali, comprese tra il 10,5% e il 6,3%. A partire dal 2012, invece, si é assistito a un rallentamento dell’economia asiatica, le cui motivazioni sono riconducibili a svariati motivi: crescente inflazione, riduzione delle esportazioni, contrazione del consumo privato e crescita della spesa pubblica. Nonostante tutto, il FMI – Fondo Monetario Internazionale - prevede segnali di rialzo per il 2014 e il 2015 poiché, nonostante le perdite nel proprio PIL nazionale, l’India ha considerevoli punti di forza da non ignorare. Si pensi, per esempio, alla vastissima disponibilità di risorse naturali (produce circa 87 tipi di minerali), alla diversificata base industriale, alla disponibilità di manodopera qualificata che parla fluentemente l’inglese (seconda lingua ufficiale del Paese), ma soprattutto alla presenza di salari più bassi rispetto alle altre economie emergenti.

Nel grafico che segue si nota come il reddito procapite in India sia pari a circa il 17% del reddito procapite in Russia e pari al 43% di quello in Cina.

Grafico 1. BRICS, Pil  procapite 2012

Fonte: elaborazione e dati a cura di Exportiamo 

Quindi nonostante la crescita si sia rallentata, l’India non ha modificato la tendenza del Paese ad aprirsi verso altre economie e a guardare con ottimismo al commercio internazionale. Tale orientamento é confermato dalle misure adottate dal Governo guidato dal partito del Congresso Nazionale Indiano: lo Strategic Plan e la liberalizzazione di alcuni IDE stranieri. Il primo, in particolare, prevede per il breve-medio periodo l’obiettivo di raddoppiare sia le esportazioni di beni e servizi dell’India sia la percentuale di partecipazione indiana al commercio internazionale entro il 2020. Tramite, poi, la concessione agli IDE di affluire in alcuni settori sino a poco tempo fa inaccessibili agli investimenti stranieri (come il multi-brand retail), il governo ha avviato un’importante fase nella propria politica di liberalizzazione degli investimenti e si prevede che in futuro potrebbero esserci ulteriori concessioni nei confronti degli IDE come, per esempio, nel settore dell’e-commerce B2C, nel ferroviario e nella costruzione di impianti industriali.

I rapporti commerciali con l’Italia. I rapporti bilaterali dell’India con il Bel Paese sono da tempo aggravati dalla crisi diplomatica causata dalla morte dei due pescatori indiani per mano dei marò della Enrica Lexia nel porto di Kochi, avvenuta il 15 febbraio del 2012. La controversia, però non ha compromesso i rapporti commerciali tra i due Paesi: l’Italia é il quarto partner commerciale della Repubblica indiana tra i membri dell’Unione Europea: tra la fine del 2012 ed inizio 2013 gli investimenti italiani in India hanno superato la soglia dei tre miliardi di euro. I settori che riscuotono maggiore successo in India riguardano il settore energetico (31,7% petrolio, 3,6% carbone), i metalli preziosi (11,5% oro, 6,2% perle e materiali preziosi), l’elettronica (6,7%), i macchinari (6,2%) e i materiali chimici (2,7%). Per quanto riguarda le esportazioni Made in Italy, esse sono capeggiate dai macchinari e dagli apparecchi elettronici e seguite dall’abbigliamento e dagli accessori in pelle. Oltre a quelli già citati, un importante punto di accesso delle imprese italiane nel mercato indiano sono le energie rinnovabili, il settore automobilistico e quello delle tecnologie agroalimentari. 

Aspetti negativi. L’India é un Paese che affronta quotidianamente notevoli difficoltà. Su tutte gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, la corruzione (94/174 del Corruption Perceptions Index 2013), la giustizia molto lenta e i rischi. A proposito di rischi, quelli connessi all’instabilità politica sono da collocare nella fascia medio-alta secondo quanto riportato da SACE (rischio espropriazione 53/100, rischio trasferimento valutario 43/100, rischio di violenza politica 60/100) e sempre nella stessa categoria vanno inseriti anche i rischi commerciali (si va da un minimo di 40/100 per il rischio sovrano a un massimo di 54/100 di rischio bancario). Questi ultimi dati negativi del Paese non devono però allontanare dalla possibilità di investire ed esportare in India: considerare che le difficoltà con cui si rapporta quotidianamente la Repubblica indiana sono comuni a molte economie emergenti. 

 

Di questo e tanto altro si é parlato all’incontro “Doing Business in India”, incontro organizzato da Unindustria a Roma per informare le aziende laziali sulle opportunità commerciali e di investimento nella Repubblica indiana. Puoi visualizzare le immagini del meeting cliccando qui

Per ulteriori dati macro-economici invitiamo i lettori di exportiamo a consultare la nostra scheda Paese: India.

 

Fonte: rielaborazione dati da SACE; FMI

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