«La Polonia guadagna sempre maggiore peso politico, oltreché economico, all’interno delle istituzioni europee»

La Polonia non ha subìto alcuna recessione durante gli anni di prolungata crisi finanziaria. La sua economia si é mossa lungo un sentiero anticiclico rispetto a quello dell’Unione Europea, di cui fa parte dal 2004. L’anno scorso il PIL si é attestato ad 1,632 miliardi di zloty, pari a 381 miliardi di euro, e le stime più ottimiste prevedono una crescita per l’anno corrente pari al 3%. Tali risultati sono il frutto del giusto equilibrio tra politica fiscale e monetaria, un tasso di cambio flessibile della moneta nazionale e la scarsa esposizione al mercato internazionale. 

La Polonia ha avuto la fortuna di entrare nell’UE alla vigilia della crisi del credito affrontando con determinazione la transizione verso un’economia di mercato aperto e sfruttandone gli aspetti positivi. Grazie alle politiche economiche aggressive ed espansive in quegli anni, e fino al 2007, l’economia é cresciuta di circa il 170%

Le più recenti politiche economiche adottate dalla Polonia hanno da un lato liberato l’economia da decenni di cattiva gestione, rendendo la Polonia in grado di competere con le economie più avanzate, dall’altro creato disoccupazione.

Nell’ultimo quinquennio comunque il Paese ha continuato a guadagnare sempre maggiore peso politico, oltreché economico, all’interno delle istituzioni europee attestandosi alla pari di Regno Unito, Francia, Italia, Spagna e Germania.

Attualmente sulla Polonia pesano diverse sfide interne ormai improcrastinabili, come la riforma del settore agricolo e la netta diseguaglianza tra la parte ovest benestante e la parte est più povera del Paese. 

Da quando il Paese é membro dell’Unione Europea ha beneficiato dei fondi strutturali: per esempio, tra il 2007 ed il 2013 sono stati destinati alle cinque province più povere ben 2,3 miliardi di euro per sviluppare le infrastrutture, le strade, la micro imprenditorialità e l’accesso ad internet. La provincia di Lublin rimane la più povera con il 36% della forza lavoro occupata nel settore agricolo, più del doppio rispetto alla media nazionale, e dove la percentuale di impiego nel settore pubblico supera il 50%, attestandosi come la più alta nel Paese. L’abnormità del settore pubblico rimane una gravosa eredità dall’ex regime comunista per il bilancio pubblico dello Stato. 

Altra importante sfida é la cosiddetta “trappola dei Paesi a medio reddito”, tipica dei Paesi in via di sviluppo, cioé la capacità dei governi di migliorare le attuali performance economiche, assottigliare il divario produttivo con i Paesi ad alto reddito ed aprire contestualmente l’economia nazionale alla globalizzazione. Anche dal punto di vista demografico si registrano uno tra i più bassi tassi di natalità all’interno dell’U.E. ed una forte emigrazione.

Nonostante ciò il vero nodo nevralgico per la Polonia rimane la decisione relativa all’adozione dell’euro come moneta nazionale. Al momento i 2/3 dell’opinione pubblica risultano contrari e non sembra inoltre esserci il sostegno politico per portare avanti un processo di modifica costituzionale, secondo le regole di diritto interno, per l’ingresso della Polonia nella Zona Euro.

Fonte : elaborazione a cura di Exportiamo.it su dati del “The Economist” del 28 giugno – 4 luglio 2014. Di Barbara Alessandrini, b.alessandrini@exportiamo.it 

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