Il Prodotto Interno Lordo (PIL) é sicuramente tra gli indicatori economici più contestati, ma rappresenta una delle variabili macroeconomiche che rende più immediata l’attività economica di un Paese. Quando il PIL reale* registra per due trimestri consecutivi una variazione negativa si può senz’altro parlare di recessione. È quello che é accaduto al Giappone, la terza economia del Mondo. Secondo gli ultimi dati disponibili, diffusi dall’Ufficio di Gabinetto nipponico, nel terzo trimestre 2014 il PIL reale si é contratto a un tasso annualizzato dell’1,6% - con un arretramento dello 0,4% sul trimestre precedente già negativo – contrariamente a quanto predetto dagli analisti che ottimisticamente avevano stimato, per questo trimestre, un aumento del PIL di circa 2 punti percentuali.

La causa di tale situazione va ricercata nella contrazione dei consumi dovuta all’aumento dell’IVA dal 5 al 8%.

Ma vediamo nel dettaglio cosa sta accadendo. Per riconquistare la fiducia del popolo giapponese e far fronte al dato significativo della recessione, nei giorni scorsi il Primo Ministro, Shinzo Abe, scioglie il ramo decisivo del Parlamento (la Camera Bassa) e chiama gli elettori ad una sorta di refendum sulla sua Abenomics con la decisione di rinviare di 18 mesi il previsto rialzo dell’Iva al 10%. La campagna elettorale inizierà il 2 Dicembre e probabilmente porterà al voto il 14 Dicembre prossimo. Mossa azzardata o coraggiosa da parte di Abe?

Per molti si tratterebbe di un calcolo puramente politico. Meglio un voto nell’immediato, prima che lo schieramento di opposizione si ricompatti, per poter effettuare una nuova partenza con un nuovo orizzonte quadriennale tornando così a mettere in pratica le sue riforme economiche note ai più come Abenomics.

Ma che cos’é l’Abenomics? 

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Il termine sta per “Abe + economics”, e rappresenta una serie d’iniziative macroeconomiche messe in pratica dal Primo Ministro dalla primavera del 2013 allo scopo di sollevare il Giappone dalla decennale depressione economica prevedendo manovre di politica monetaria, politica fiscale e strategia di crescita. Prima fra tutte é stata messa in atto una manovra di politica economica: una inondazione di moneta fresca stampata ex novo (65 milioni di dollari al mese pari a 7 trilioni di yen) con lo scopo di deprezzare lo Yen ed incentivare le esportazioni – ricordiamo che per quanto riguarda l’export il Giappone si trova spesso e volentieri a competere con l’impero Cinese. In secondo luogo ha agito sui tassi d’interesse negativi - in modo da disincentivare il risparmio privato - e sull’aumento della spesa pubblica. Inizialmente tutto sembrava procedere bene ma é bastato l’innalzamento dell’IVA a far crollare il sogno di ripresa nipponico.

In vista delle elezioni il dibattito tra le forze politiche si fa comunque interessante. L’opposizione vuole dimostrare adesso che l’Abenomics non fa altro che arricchire chi era già ricco. La borghesia giapponese, e soprattutto i dipendenti pubblici, preferiscono la deflazione all’inflazione perché i salari restano invariati. Ma mentre i media si concentrano sulle ricette economiche, sugli stimoli della Banca centrale, sulle trovate dell’Abenomics, a Tokyo sanno bene che l’economia reale é soprattutto una questione culturale e sociale. È difficile far ripartire i consumi in un Paese che invecchia rapidamente (il 33% della popolazione ha oltre sessant’anni) e con un declino demografico apparentemente inarrestabile. Abe lo sa, e sa anche che non c’é alternativa alle sue lente e progressive riforme.

Che cosa comporta questo per l’Italia?

Poiché il Giappone rappresenta la terza economia mondiale, preceduta da Stati Uniti e Cina, é facile intuire come tale recessione e le conseguenze delle prossime elezioni avranno ripercussioni sull’intero scenario internazionale. Il Giappone é un mercato che anticipa i global trends e, a volte, li determina (trend-setter), ponendo chi vi opera in posizione di vantaggio o svantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.

Italia e Giappone, nonostante la distanza geografica e le differenze culturali, presentano caratteristiche simili ed affrontano spesso complessi problemi comuni, come l’approvvigionamento energetico, le calamità naturali, la conservazione dell’ambiente e l’invecchiamento della popolazione.

Esistono tra i due Paesi interessanti opportunita’ di cooperazione in settori innovativi come le rinnovabili, le nano e biotecnologie, l’ICT (E-Health), l’architettura per tutti, la robotica, la domotica e i prodotti chimici e farmaceutica Il Paese del Sol Levante costituisce dunque per l’Italia un partner essenziale e strategico nel processo di rilancio dei propri settori avanzati

Per ciò che concerne l’Italia, date le premesse e gli intrecci, é chiaro che le ripercussioni della recessione del Giappone si esprimono attraverso una diminuzione del nostro export verso quel Paese.  Le esportazioni di prodotti italiani in Giappone, infatti, in costante aumento dal 2010 e pari a circa 6 miliardi di euro, hanno subito una brusca frenata nei primi 7 mesi del 2014 registrando un -10% circa rispetto allo stesso periodo del 2013. Tra i comparti italiani che maggiormente potranno risentire della depressione nipponica oltre alla farmaceutica ci sono la moda ed il food. Per loro interesse ma anche nostro speriamo quindi che Abe o non Abe l’economia del Sol Levante si riprenda quanto prima!

 

 

* Il PIL reale esprime l’andamento della produzione di beni e servizi considerando solo variazioni nelle quantità. Il PIL reale é quindi depurato dagli effetti delle variazioni di prezzo (o inflazione) ed é calcolato a prezzi costanti.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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