Poche settimane fa il mondo si é fermato a riflettere ulteriormente sul Novecento, il “secolo breve” in cui l’umanità ha probabilmente raggiunto i picchi in termini di essere e non essere tale, celebrando i 25 anni della caduta del Muro di Berlino e la vittoria del “mondo libero” sul “socialismo reale”.

A poche settimane di distanza, il Novecento viene messo definitivamente in cantina e un altro scampolo sgualcito e inattuale di “guerra fredda” cade sotto i colpi di una spettacolare quanto rapida intesa, anche se ben mediata e premeditata, non c’é dubbio.

Si inizia a scrivere un nuovo capitolo nella storia delle Americhe: é questa la portata della decisione di Barack Obama e Raul Castro di superare lo stallo e promuovere una graduale normalizzazione delle relazioni diplomatiche, economiche e commerciali tra Cuba e gli Stati Uniti che, oltre ad alleggerire immediatamente l’embargo nei confronti della piccola grande isola caraibica, in tempi brevi dovrebbe riportare al ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due paesi, avviando anche la discussione politica all’interno del Congresso sulla fine definitiva delle sanzioni.

Prima del 1959 edella presa del potere da parte dei “Barbudos” guidati da Fidel Castro, gli Stati Uniti rappresentavano il primo partner commerciale di Cuba comprando il 74% delle esportazioni e fornendo il 65% delle importazioni dell’isola e controllavano petrolio, miniere, centrali elettriche, telefonia e buona parte della produzione nazionale di canna da zucchero.

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Il 18 aprile 1961 Fidel Castro dichiarava Cuba “Stato Socialista” e da lì a poco l’escalation dello scontro tra le superpotenze sulle sorti della piccola isola caraibica, avrebbero avvicinato il mondo all’orlo del baratro di un nuovo conflitto mondiale, con un susseguirsi di eventi - dall’invasione fallita della “Baia dei Porci” da parte degli Stati Uniti fino ad arrivare alla “Crisi dei Missili” del 1962 - che avrebbero portato le lancette dell’Orologio dell’apocalisse vicino alla mezzanotte e al conseguente olocausto nucleare.

Nella prefazione alla sua “Autobiografia a due voci” di Fidel Castro, lo scrittore e giornalista spagnolo Ignacio Ramonet, facendo un parallelo storico sulla possibile transizione del regime cubano rispetto a quanto accaduto nell’est Europa, scriveva circa 10 anni fa:

“Nonostante gli avversari di Fidel Castro non riescano ad accettare l’idea, la lealtà dei cubani alla Rivoluzione é una realtà politica. Si tratta di un sentimento fondato su un concetto di nazionalismo che, a differenza di quello proprio dei paesi dell’Est europeo, pone le sue radici nella resistenza storica alle ambizioni annessioniste e imperialiste degli Stati Uniti. Che piaccia o no ai suoi detrattori, Fidel Castro si é già assicurato un posto nel pantheon mondiale dei personaggi che hanno lottato con maggiore impegno per la giustizia sociale, dimostrando grande solidarietà agli oppressi della Terra.”  

Effettivamente le spettacolari evoluzioni delle ultime ore danno ragione a questa profezia anche se a passare alla storia sarà il Castro “minore”, Raul,  83 anni che realizza la svolta storica che il suo Lider Maximo non aveva voluto o potuto portare a termine: la pace con gli Stati Uniti ma senza resa.

Sono le stesse parole del discorso dalla Casa Bianca dello scorso 17 dicembre di Barack Obama a confermarlo. 

La svolta nasce dal pretesto della vicenda relativa all’accordo raggiunto sullo “scambio di prigionieri” tra Cuba e Stati Uniti con il rientro in patria di Alan Gross, uomo d’affari americano detenuto dal 2009 e il contestuale ritorno a l’Avana dei tre cubani accusati di spionaggio negli Stati Uniti e detenuti dal 2008 nelle prigioni federali. Il presidente Obama ha deciso così di lasciare una pesante eredità sulla storia e di raggiungere uno degli obiettivi che si era prefissato al momento della sua prima elezione nel 2008, la normalizzazione delle relazioni con Cuba:

Oggi gli Stati Uniti cambiano le loro relazioni con le persone di Cuba, dando una svolta alla nostra politica degli ultimi cinquant’anni. Finirà un approccio obsoleto che per decenni ha fallito e cominceremo a normalizzare le relazioni tra i due paesi.

Gli Stati Uniti hanno sostenuto con fierezza la democrazia e i diritti civili a Cuba. Anche se queste politiche sono state fatte con le migliori intenzioni, hanno avuto pochi effetti. Oggi Cuba é ancora governata dai Castro e dal partito comunista.”

Secondo tutti gli analisti infatti si tratta del più ampio cambiamento nella politica americana verso Cuba.

Il processo sarà naturalmente graduale e la palla ora passa a Raul Castro che dovrà confermare la sua volontà riformatrice e la sua visione per un futuro possibile di Cuba, come scrive Omero Ciai su Repubblica, la strategia é delineata da tempo:

“Raul vuole seguire i passi del sistema cinese e, soprattutto, di quello vietnamita: capitalismo e mercato in regime di governo a partito unico. Così se Fidel ha costretto la società cubana a immensi sacrifici per raggiungere le sognate sponde del socialismo e dell’uomo “nuovo”, Raul vuole liberarne le potenzialità: a patto che siano lui e i suoi eredi a continuare a governarla.

E’ la Casa Bianca che riconosce la rivoluzione, non quest’ultima che consegna le armi.”

La ripresa delle relazioni diplomatiche con un Castro al potere é espressamente vietata nel testo dell’embargo e Raul a parlare al suo popolo, si é presentato in tv in divisa da generale dell’esercito, con tutti i decori di una vita al servizio della Rivoluzione e con un carico simbolico che vuole affermare come la sovranità non sia in discussione e si tratta da Stato a Stato, senza precondizioni, né prepotenze. Le reazioni infatti da parte delle autorità cinesi e russe, storicamente ed emotivamente legate a Cuba hanno anche voluto sottolineare come questo approccio non venga applicato. E’ facile cogliere l’inferenza alla questione iraniana per riuscire a dare un senso allo scenario mediorientale e alle stesse sanzioni comminate alla Russia con conseguenze potenzialmente disastrose per tutti, Italia in primis, come dimostra anche la crisi del rublo in questi ultimi giorni.

Nel concreto come abbiamo già visto il ripristino delle relazioni diplomatiche favorirà un contestuale approccio congiunto ai problemi comuni: immigrazione, operazione antidroga, protezione ambientale, diritti umani.

Si cercherà di favorire i reciproci interessi di carattere economico-commerciale con l’introduzione di progressive facilitazioni nell’invio delle rimesse degli emigranti dagli Stati Uniti a Cuba innalzando il tetto da 500 a 2.000 dollari trimestrali. Verranno sostenuti progetti umanitari rivolti al popolo cubano e verrà favorito l’avvio di incentivi alla diffusione di Internet a Cuba, che attualmente registra uno dei tassi di penetrazione più bassi del mondo, attorno al 5% della popolazione, dal momento che i costi per la navigazione su web sono molto alti e inaccessibili per la maggior parte dei cittadini.

Le critiche in patria per Obama non sono mancate, soprattutto da parte degli stessi esuli cubani che si sono divisi tra chi ritiene che “il presidente si sia calato le braghe” e chi ritiene che sia giusto favorire la normalizzazione delle relazioni proprio perché sarà lo stesso popolo cubano a comprendere la differenza tra i due mondi e questo é un discorso portato avanti soprattutto dalle nuove generazioni di ispanici statunitensi che hanno anche un peso elettorale non indifferente in vista delle prossime elezioni presidenziali.

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I segnali di apertura da parte di Cuba non sono mancati e Raul dall’inizio ha cercato di favorire la relativa liberalizzazione del settore privato che sta trasformando lentamente Cuba e accettando un avvicinamento con gli Stati Uniti ancora prima che il Congresso abbia votato la fine dell’embargo: ha fatto un grande passo verso un’irreversibile accelerazione in direzione della democrazia e dell’economia di mercato.

E’ vero anche che bisogna fare i conti con la crisi del Venezuela e con il prezzo del petrolio a meno di 60 dollari al barile che sta portando il paese sull’orlo del collasso. Caracas non può più sostenere lo sforzo solidaristico all’interno dell’Alleanza Bolivariana per le AmericheALBA che comprende anche Nicaragua, Ecuador e Bolivia, concedendo ad esempio all’isola caraibica da tre lustri 110.000 barili di greggio al giorno, necessari a garantire il funzionamento dei servizi essenziali a l’Avana.

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Nel primo semestre 2014 é stata infatti approvata la nuova legge per l’attrazione degli investimenti diretti esteri: la “Ley de Inversiòn Extranjera” che sostituisce la normativa del 1995 ed intende stimolare la crescita degli IDE in entrata per raggiungere i 2-2,5 miliardi di dollari.

Punto fondamentale nella strategia cubana, sarà il potenziamento della “Zona Speciale di Sviluppo di Mariel” che potrà diventare un importante hub logistico e industriale per operare sul mercato statunitense anche a seguito del raddoppio del Canale di Panama: uno dei posti simbolo dell’incomprensione collettiva, punto di partenza verso l’esodo di migliaia di cubani verso Miami potrebbe così divenire il simbolo della nuova Cuba aperta al mondo e accettata dal mondo.

Il nuovo quadro normativo consente agli investitori esteri di operare in tutti gli ambiti dell’economia cubana, con gli unici limiti dei settori salute, istruzione e forze armate; attraverso la creazione di società miste, contratti di associazione economia internazionale e anche imprese di capitale totalmente estero che però non beneficiano dei vantaggi fiscali concessi alle società miste ed agli accordi di associazione internazionale.

Non a caso la XXXII^ Edizione della Fiera Internazionale dell’Avana - FIHAV, evento di grande richiamo per l’intera area centroamericana, il Governo cubano ha deciso quest’anno di dedicarla al tema degli investimenti esteri, dove sono stati presentati 246 progetti, per un valore totale di 8.710 milioni di dollari.

Alla FIHAV hanno partecipato circa 100 aziende italiane che operano in diversi settori (costruzioni, materiali edili, arredamento, attrezzature alberghiere, agroalimentare e servizi) proprio per approfondire e conoscere le impostazioni fondamentali della riforma del sistema economico attualmente in corso a Cuba.

Cuba rappresenta sicuramente un sogno nell’immaginario collettivo italiano insieme alla prospettiva di potersi ritirare nel proprio “baretto” sulle spiagge cubane e vivere un’esistenza consona. Ma é anche una grossa opportunità da sfruttare sul piano economico come dimostra la folta partecipazione all’ultima edizione della FIHAV.

Anche se i più recenti dati relativi all’interscambio bilaterale nei primi otto mesi del 2014 evidenziano una contrazione dell’export italiano (-12,9%), la bilancia commerciale bilaterale Italia-Cuba é strutturalmente in attivo per le aziende del nostro paese e nel periodo 2010-2013 le esportazioni italiane sono passate da 184 a 268 milioni di euro.

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E’ stato lo stesso Vice Ministro Carlo Calenda, attivissimo nel suo ruolo istituzionale per cercare di rilanciare e sostenere l’export italiano, che, appresa la notizia, ha rilanciato subito quanto sarà importante questa volta giocare di anticipo e stare “sul pezzo” rispetto ai competitor, rilanciando l’idea e a questo punto l’accresciuta fattibilità, di una missione di sistema italiana, già proposta proprio durante la sua visita al Padiglione Italia durante l’ultima edizione della FIHAV, proprio perché come ha dichiarato alla stampa:

“La svolta nei rapporti tra Cuba e Usa prelude all’apertura di un importante mercato anche per le imprese italiane. Ad aprile del prossimo anno intendiamo organizzare la prima missione di sistema per giocare d’anticipo rispetto ai nostri concorrenti.”

Per la svolta d’altronde Roma é stata fondamentale o meglio il Vaticano o meglio ancora colui che ha rinnovato la chiesa fin dalla sua elezione al soglio pontificio: Papa Francesco. E’ lui che ha preso questa iniziativa di scrivere ai due presidenti per invitarli, appunto, a superare le difficoltà esistenti fra i due Paesi e trovare un punto di accordo, un punto di incontro, inserendo la sua azione nel solco di quelle già intraprese nel tempo e pazientemente dai suoi predecessori a partire dal messaggio di Giovanni XXIII ai viaggi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, all’impegno anche dei nunzi apostolici nel Paese in questi lunghi anni di incomprensioni.

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Ignacio Ramonet nella parte finale del suo libro, chiede a Fidel Castro se il processo rivoluzionario socialista potrà fallire anche a Cuba alla luce del fatto che ovunque o quasi, il socialismo é stato sconfitto dalla storia e il Lider Maximo lucidamente risponde:

“Sono le rivoluzioni ad essere destinate al fallimento o gli uomini a far si che falliscano? Possono gli uomini e la società impedire il loro crollo? Sono domande che mi sono posto di frequente.

E senta cosa le dico: gli yankee non possono distruggere il nostro processo rivoluzionario perché abbiamo tutto un popolo che ha imparato a maneggiare le armi; un intero popolo che nonostante i nostri errori possiede un livello di cultura, istruzione e coscienza tali che non permetterà mai a questo paese di tornare ad essere una colonia americana.

Però questo paese può distruggersi con le proprie mani. Questa Rivoluzione può distruggersi. Noi si, possiamo distruggerla e sarebbe solo colpa nostra. Se non correggiamo i nostri errori. Se non mettiamo fine ai nostri vizi: furti, distrazioni di risorse e denaro, attività illecite a vantaggio dei nuovi ricchi.

Per questo stiamo lavorando, ci stiamo muovendo in direzione di un cambiamento radicale della nostra società. Dobbiamo cambiare di nuovo perché ci sono stati tempi molto difficili che hanno creato diseguaglianze e ingiustizie. E cambieremo la situazione senza commettere il minimo abuso.”   

Il cambiamento, quel cambiamento sembra essere arrivato e probabilmente non dovrebbe portare con se gli stravolgimenti che in molti avevano previsto e per superare oltre 50 anni di incomprensioni é bastato un colloquio telefonico di 45 minuti e già si parla anche di una possibile visita di Raul Castro a Washington.

E’ proprio vero che la storia a volte riesce a stupire se stessa e l’uomo riesce ad essere umano.

Oggi, la Revoluciòn é americana, inizia il terzo millennio per le Americhe e, se Raul Castro ha dichiarato che Cuba imparerà a convivere con le sue differenze rispetto al contesto, Obama é andato oltre, lasciando alla storia una nuova consapevolezza:

“Somos todos americanos”

Per ulteriori dati e info su Cuba, consulta anche la nostra scheda paese.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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