Come Aprire un Ristorante Italiano a Rio de Janeiro

Come Aprire un Ristorante Italiano a Rio de Janeiro

21 Gennaio 2020 Categoria: Retail Paese:  Brasile

Quali sono i passi da compiere per aprire un ristorante italiano nella città carioca? E quali i vantaggi nell’investire in un’attività in Brasile? Ne parliamo con il connazionale Bruno De Nicola intraprendente Chef ed imprenditore che vive da ben 16 anni nella città di Rio de Janeiro e che dispensa suggerimenti a tutti coloro che desiderino seguire il suo percorso.

Per molti italiani l’idea di aprire un’attività di ristorazione in un Paese lontano, magari al caldo e su una spiaggia, resta un sogno proibito e irrealizzabile. Per chi ha la fortuna ed il coraggio di mettersi in gioco e di ricominciare da zero oltre confine, è invece una scommessa suggestiva, dal risultato finale imprevedibile specie quando si investe in un Paese complesso come il Brasile.

Tra le opportune premesse per aprire un’attività nel Paese Verde Oro vi è quella relativa all’ottenimento del permesso di soggiorno se si è cittadini stranieri o se non si dispone di un passaporto brasiliano o di quelli rientranti nell’accordo Mercosur. Sebbene non sia necessario avere un socio locale brasiliano, averlo può agevolare nell’ottenimento del visto per investimento che dipende dall’ammontare allocato (minimo 500.000 reais, circa 110.000 euro) oltre che da una serie di altri requisiti. Se si è già in possesso di un permesso di soggiorno di tipo permanente (esempio se si ha un coniuge brasiliano) allora l’apertura di un’attività sarà sicuramente più agile e veloce.

- Chef De Nicola quali sono i primi passi per aprire un ristorante?

1. Busca previa – ricerca del locale adatto

La ricerca di un locale adatto ad ospitare un’attività di ristorazione si effettua direttamente al Comune dove, una volta indicato il locale scelto, si verifica se quel locale sia adibito o meno alla ristorazione. È in questo momento quindi che si scopre con certezza se è possibile ad esempio vendere alcolici o se installare un forno a legna etc.

2. Aprire il CNPJ – partita Iva

Dopo aver scelto il locale è necessario aprire il CNPJ (Cadastro Nacional de Pessoa Juridica) l’equivalente della nostra Partita Iva. Sarebbe possibile aprirlo da soli ma per legge è necessaria la presenza di un commercialista (contador) che è la persona che poi risolverà tutte le questioni burocratiche, quelle legate ai successivi permessi di agibilità e quelle relative al ministero del lavoro per l’assunzione del personale. È fondamentale trovare un buon professionale perché gestirà anche la parte fiscale e tributaria dell’impresa. Al momento dell’apertura del CNPJ si deve indicare il locale che sarà la sede effettiva dell’attività.

3. Licenza d’uso

La licenza d’uso si basa invece sulle caratteristiche legate al locale e viene rilasciata dopo l’ottenimento di due autorizzazioni:

ANVISA (Agência Nacional de Vigilância Sanitária), in pratica l’ufficio di igiene, che rilascia un’apposita autorizzazione;
• Quella dei Pompieri che attraverso un’apposita perizia indicano cosa sia possibile istallare nel ristorante (macchinari elettrici, macchinari a gas, forno a legna etc.) e rilasciano un’ulteriore autorizzazione.

Si potrebbe anche aprire subito il ristorante ma è meglio ottenere preventivamente entrambe le autorizzazioni. E’ bene però sottolineare che il sopralluogo può avvenire anche dopo qualche mese. Durante la prima visita gli ispettori dell’Anvisa sono molto didattici e spiegano tutto quello che bisogna fare per l’adeguamento del ristorante alle norme di sicurezza indicando ciò che manca e che è necessario completare. Alla prima visita viene solitamente redatto un verbale (senza multa) per gli adeguamenti.

- I Carioca sono interessati alla cucina italiana?

Moltissimo e sono ancora più interessati allo “Chef Italiano”. In Brasile esiste una colonizzazione mentale molto forte, quindi qualsiasi cosa fatta da uno straniero sarà migliore di quella fatta da un brasiliano.

- Perché si dovrebbe investire nella Cidade Maravilhosa?

Ho investito a Rio perché mi è capitata una situazione vantaggiosa, quella di poter entrare in società con un produttore molto forte, ed inoltre perché ero convinto dal fatto che i brasiliani valorizzano molto la gastronomia italiana e valorizzano soprattutto la professionalità italiana così come i veri autentici prodotti Made in Italy.
Io ho investito in un momento in cui c’erano tantissime opportunità di investimento e i mercati interni stavano crescendo molto ed eravamo in una epoca di grandi eventi che stavano per susseguirsi in Brasile come Coppa del mondo di Calcio ed Olimpiadi.

- Quali sono le difficoltà più grandi?

Secondo me, per un italiano la più grande difficoltà nell’aprire una attività in Brasile, è quella della manodopera. Bisogna essere pronti a capire che si dovranno cambiare i metodi di rapporto con i lavoratori. La manodopera brasiliana, soprattutto quella legata a questo settore, lavora solo durante l’orario stabilito. Qui c’è un proverbio molto calzante “per venire al lavoro c’è lo stipendio, poi se vuoi che io lavori, mi devi pagare”. Il lavoratore non sentendosi quindi parte dell’azienda non coglie il fatto che il suo stipendio non provenga direttamente dalle tasche del proprietario ma che dipende da una serie di fattori per cui se va bene il progetto in generale andrà meglio per tutti. È molto difficile trovare qualcuno che si senta parte dell’azienda e di cui quindi ci si possa fidare ciecamente. Molto spesso bisogna seguire passo a passo il lavoratore standogli sempre vicino e attento a come svolge il lavoro. Bisogna ricordare che i salari in questo settore sono molto bassi perciò nessuno ritiene che lavorare di più possa davvero valerne la pena. Solitamente un cameriere prende circa 30 reais al giorno (6,50 euro).

- È difficile reperire prodotti italiani?

No, da questo punto di vista non ci sono problemi. Esistono molti fornitori e sono tanti gli importatori e intermediari. Si potrebbe anche fare importazione diretta per prodotti specifici che non hanno ancora mercato in Brasile, ma è più facile attraverso dei distributori. A livello legale poi, se si vuole importare direttamente dei prodotti dell’Italia bisogna avere nella nostra Partita Iva anche la dicitura importazione, altrimenti non è consentito. Nell’ultimo decennio i prodotti italiani presenti sul territorio brasiliano sono aumentati tantissimo anche se nell’ultimo periodo con il dumping monetario è diventato sempre più caro acquistarli. Noi lo sentiamo moltissimo anche sulla semplice farina.

In questo momento l’interesse politico del Brasile è quello di far sviluppare determinate aziende e settori, come quello agroindustriale, e quindi per facilitare le esportazioni di commodities stanno favorendo l’indebolimento del Real penalizzando chi lavora con prodotti importati.

- Altri consigli che daresti a chi volesse aprire un ristorante?

Molto brasiliani non hanno un punto di riferimento all’estero per quanto riguarda la manodopera e quindi ti dicono che il grande problema del Brasile è la burocrazia ma io prima ci metterei la manodopera e poi la burocrazia.

Il grosso problema della burocrazia è che comunque coinvolge la manodopera e quindi una situazione tipica in Brasile è quella in cui ci si rivolge ad una persona che dice che si fa in un certo modo ma vi è subito un’altra che sosterrà l’opposto. Le versioni sono sempre divergenti, non si ha un quadro chiaro della situazione fino a quando non si trova davvero una persona competente. E trovare una persona competente è davvero difficilissimo!!

Quindi il consiglio più grande che posso dare è che è fondamentale avere un guru, magari un consulente esperto che ti aiuti soprattutto nei primi passi dell’apertura dell’attività.
Come si dice da queste parti BOA SORTE!

Fonte: a cura di Exportiamo, di Anna Lopane, redazione@exportiamo.it

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