Ieri oltre 50 milioni di turchi si sono recati alle urne per rinnovare i rappresentanti del parlamento e - confermando in parte le aspettative ai nastri di partenza - le sorprese non sono mancate.

 

Per la prima volta dopo 13 anni il partito conservatore del presidente turco Recep Tayyip Erdo?an, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), perde la maggioranza assoluta e più in generale la sfida lanciata dal suo leader con questa tornate elettorale visto che oltre all’obiettivo della maggioranza assoluta, l’obiettivo era ottenere i fatidici 367 seggi (i 2/3 del totale), per approvare le future modifiche costituzionali verso un sistema presidenziale senza passare per il referendum confermativo popolare.

 

L’AKP é il partito al potere in Turchia dal 2002 e il suo leader Ahmet Davuto?lu é Primo Ministro della Turchia dal 29 agosto 2014, mentre Recep Tayyip Erdo?an, ex leader del partito e vero dominus del panorama politico turco, é l’attuale presidente della Repubblica.

 

L’AKP si conferma dunque primo partito, con il 40% dei voti e 258 seggi, ma dovrà formare un governo di minoranza o cercare alleati e rispetto alle elezioni del 2011 il calo é vistoso: 10% dei consensi in meno e 67 parlamentari non rieletti.  

 

La vera sorpresa é invece rappresentata dal Partito Democratico dei popoli (HDP), guidato dal giovane e carismatico Selahattin Demirta?, partito di sinistra molto sensibile alle tematiche delle minoranze, incluse quelle del mondo LGBT, e in grado di guadagnare le simpatie di molti liberal.

 

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Nato nel 2014 e alla sua prima prova elettorale, HDP ha raccolto il 13% dei voti e 80 seggi circa e potrà entrare in Parlamento, segnando un risultato storico dal momento che tradizionalmente i partiti a favore dei diritti dei curdi ottengono percentuali di consenso intorno al 6% e sono dunque ‘costretti’ a presentarsi come candidati indipendenti per poter riuscire ad entrare in parlamento.

 

Il sistema elettorale turco prevede la più alta soglia di sbarramento a livello mondiale (10%) e l’unico modo per eludere tale soglia ed entrare in parlamento é presentarsi appunto come candidati indipendenti subendo però consistenti perdite in termini di numero di seggi conquistati.

 

Il principale partito d’opposizione, il kemalista Partito Popolare Repubblicano (CHP) si conferma invece secondo partito con circa il 25% dei suffragi e 131 rappresentanti, mentre il Partito del Movimento Nazionalista (MHP) ha ottenuto il 16% dei voti e 82 seggi.

 

Ma per quale motivo l’AKP soffre un calo di consensi così marcato se appena un anno fa Erdo?an era stato eletto Presidente della Repubblica con il 51,8% dei consensi?

 

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I fattori che stanno contribuendo a ridimensionare lo strapotere del partito islamico-conservatore sono diversi, ma il più rilevante sembra essere l’attuale congiuntura economica molto meno favorevole rispetto al recente passato e infatti se solo quattro anni fa il PIL della Turchia cresceva  a ritmi sostenuti (8,8% e 6% in media nel decennio 2003-2013), oggi le previsioni per il biennio 2015-2016 si aggirano intorno al 3% e il tasso di disoccupazione é tornato ad aumentare attestandosi all’11,3% e il 48% dei turchi si dichiara a giusta ragione insoddisfatto riguardo l’attuale congiuntura economica.

 

Oltre al rallentamento del PIL, l’economia turca soffre anche altre problematiche strutturali quali l’eccessiva dipendenza dal settore edilizio (i turchi sono i più grandi produttori di cemento in Europa), scarse competenze nel settore high-tech, bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e persistenti difficoltà nell’avviare un business.

 

Ma l’economia non é l’unica fonte di problemi come dimostra la discutibile gestione della politica estera dal 2002 ad oggi.

 

La politica estera portata avanti in questi anni dal partito di Erdo?an ha cambiato radicalmente volto a partire dal 2009 e da amico di Israele, l’AKP é passato a cavalcare la causa palestinese, ha allacciato rapporti più stretti con l’Iran e ha più volte appoggiato partiti filo-islamici emersi dopo le rivolte arabe. In questo modo le relazioni con molti governi di paesi geograficamente vicini come Egitto, Israele, Iraq, Libia sono diventate pessime.

 

Sul versante europeo invece, il processo negoziale con l’Unione Europea va avanti ma sono in pochi ormai a credere che questo possa realmente portare ad un ingresso della Turchia nell’UE, un candidato ingombrante e problematico.

 

In definitiva la Turchia sta attraversando un periodo d’isolamento sia in Europa che in Medio Oriente ma un ripensamento ed un rafforzamento del suo ruolo sarebbe di straordinaria importanza soprattutto se riuscisse ad imporsi quale mediatore affidabile e riconosciuto.

 

Se si fa un passo indietro e si ripercorrono le tappe del primo governo Erdo?an ci si rende conto di quanti cambiamenti siano intercorsi in questi tredici anni. L’attuale Presidente della Repubblica si era presentato come un soggetto alternativo rispetto all’islamismo tradizionale sostenendo posizioni innovative di supporto alla democrazia, al libero mercato, all’integrazione della Turchia in Europa e ad un sostanziale rispetto del principio di laicità dello stato.

 

L’immagine di Erdo?an che stringe in una mano il Corano durante un recente comizio elettorale e il 149° posto su 180 per libertà di stampa e di espressione, testimoniano quanto netta sia stata l’inversione di rotta rispetto agli albori.

 

L’azzardo del giovane curdo Demirtas, da molti associato ad altri movimenti che si stanno imponendo in Europa come Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, ha prodotto quindi i risultati sperati riuscendo ad incrinare la solidità del blocco islamico-conservatore e l’alta affluenza alle urne (86% degli aventi diritto) é un’ulteriore dimostrazione della portata della tornata elettorale di ieri e della voglia di partecipazione del popolo turco.

 

Le evoluzioni dei prossimi giorni scioglieranno i dubbi su cosa faranno Erdo?an e il governo e non é esclusa la possibilità - nel caso in cui si rendesse difficile creare una coalizione entro 45 giorni – di sciogliere l’Assemblea e chiedere nuove elezioni, di sicuro l’AKP ha preso coscienza di come a volte vincere non basta mentre i sogni a volte diventano realtà come dimostra l’affermazione dell’audace Demirta?.

 

Come sempre il tempo darà le sue risposte.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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