Recentemente abbiamo provato ad approfondire le contraddizioni e la crisi interna che sta attraversando il capitalismo di stato cinese ragionando anche sulle possibili conseguenze per le nostre imprese.

Seppur costretta a guardare oggi ai suoi (seri) problemi interni, la Repubblica Popolare non dimentica l’esigenza di allargare gli orizzonti e contare di più politicamente, continuando ad aspirare a quel ruolo guida all’interno del continente asiatico, la regione del mondo che continua a crescere in maniera più dinamica e per raggiungere l’obiettivo naturalmente prova a dotarsi di strumenti, mezzi e competenze utili allo scopo.

Nell’ottobre 2014 avevamo prestato la dovuta attenzione alla nuova sfida da Oriente lanciata dalla Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (AIIB) che - come programmato e senza tener conto della crisi - lo scorso 16 gennaio a Pechino ha segnato il suo effettivo ingresso in campo con l’approvazione di regole e codice di condotta, alla presenza di ben 30 governatori in rappresentanza del 74% del capitale dell’AIIB e l’elezione del suo primo presidente, il cinese Jin Liqun, già a capo della banca di investimento China International Capital Corp. e Vice Ministro delle Finanze in patria, che ha subito dichiarato: “AIIB is open for business”.

Questa nuova istituzione finanziaria internazionale entra così a regime, puntando a divenire la regina degli investimenti - soprattutto nello scacchiere del Pacifico - nei Paesi ancora con un grosso potenziale inespresso puntando su infrastrutture e connettività.

Il capo di Stato cinese, Xi Jinping, presente alla cerimonia inaugurale, nel suo intervento ne ha ribadito l’enorme potenziale sottolineando come, attraverso gli impegni comuni dei diversi paesi membri, la AIIB potrebbe diventare una nuova banca di sviluppo multilaterale specializzata ed efficace. Si tratta di promuovere una nuova piattaforma per il destino comune di tutta l’umanità capace di dare nuovi contributi alla promozione dello sviluppo e della prosperità dell’Asia e del mondo e contribuendo, con nuove forze e nuovi atti concreti, alla governance dell’economia globale.

A partire dall’ottobre del 2013 quando la Cina ne ha proposto la creazione il percorso è stato straordinario, una conseguenza pratica, umana e naturale delle mancate riforme del Fondo Monetario Internazionale e, tutti i paesi membri, hanno dimostrato un atteggiamento di cooperazione aperto e inclusivo che ha portato a raggiungere risultati concreti in poco tempo.

Xi Jinping ha sottolineato come l’operato dell’AIIB contribuirà ad aumentare gli investimenti per le infrastrutture, promuovendo il processo di integrazione regionale e favorendo la crescita e la modernizzazione delle economie dei Paesi membri in via di sviluppo dell’Asia.

Tutto ciò nella realtà non può che tradursi in opportunità di occupazione, migliorando il potenziale di sviluppo a lungo termine in Asia e svolgendo un ruolo positivo nella promozione della crescita economica.

Il presidente Jin Liqun ha spiegato come:

“Rispondere alla necessità di infrastrutture è fondamentale, perché così si gettano buone basi per una crescita economica robusta, le opportunità economiche aumentano e migliora la qualità della vita di tutti”.

La banca può contare sull’equivalente di poco più di 91 miliardi di euro e la Cina ne detiene circa il 30% del capitale seguita da India (8,52%) e Russia (6,66%). I Paesi fondatori sono 57 e oltre ai membri asiatici vi è anche l’Italia (2,62%), altri Paesi Ue e i BRICS.

L’AIIB risponde all’esigenza di Pechino di allargare gli orizzonti e contare di più politicamente, mentre l’idea che gli investimenti pubblici in infrastrutture siano un driver imprescindibile della crescita economica ha storicamente avuto un’influenza sui politici dei Paesi emergenti, ma è stata anche alla base dei programmi di assistenza allo sviluppo post bellica a stelle e strisce in Europa e al centro del programma della Commissione Europea a guida Juncker.

Si tratta di un modello di crescita che oggi prepotentemente torna ad affermarsi e la dimostrazione reale, sono alcuni Paesi come India, Etiopia e Bolivia che seppur in contesti e dimensioni differenti, sono stati capaci di segnare ritmi di crescita sostenuti proprio in virtù dell’importante ruolo degli investimenti pubblici.

La nuova banca multilaterale mira a colmare il presunto gap infrastrutturale della regione che viene quantificato in investimenti pari a 8.000 miliardi di dollari.
L’obiettivo è innovare le modalità di cooperazione, valorizzare il coordinamento e la consultazione con i partner e i vari settori, offrire nuove piattaforme e opportunità alla collaborazione Sud-Sud e Sud-Nord, puntando alla massima efficienza nello sviluppo.

Pechino in sostanza cerca di cambiare le regole non scritte di finanziamento dello sviluppo globale e, nonostante l’opposizione di Washington e Tokyo, anche alleati di peso, tra cui Australia, Gran Bretagna, Germania, la stessa Italia, Filippine e Corea del Sud hanno deciso di aderire all’AIIB, riconoscendo il crescente peso economico della Cina, non volendo d’altronde perdere l’opportunità di esserci.

Nei primi cinque anni di attività l’AIIB presterà 10-15 miliardi di dollari all’anno e, dopo il primo trimestre che verrà dedicato a mettere a punto l’organizzazione e la struttura della banca, le operazioni saranno avviate nel secondo trimestre del 2016 ed entro fine anno dovrebbero partire i primi progetti in cofinanziamento con altre banche di sviluppo internazionali, o in autonomia e come ha ricordato il Presidente Jin Liqun, i prestiti saranno erogati in dollari USA, ma la banca potrà raccogliere capitale in altre valute tra cui euro e yuan.

I progetti dovranno rispondere agli standard di trasparenza e legalità e dovranno tutelare gli interessi sociali ed ambientali, ma non è prevista alcuna forma di condizionalità come accade per i prestiti del FMI o della Asian Development Bank (ADB), subordinati in sostanza all’adozione di riforme per favorire lo sviluppo del libero mercato.

Le reazioni a Washington e a Tokyo - principali azionisti della ADB che hanno entrambi rifiutato di aderire al progetto a guida cinese - sono di apertura e di volontà di cooperazione.

Dalla ADB hanno già fatto sapere di aver identificato potenziali progetti di cofinanziamento con la AIIB in diversi settori (trasporti, energie rinnovabili, costruzioni e gestione delle risorse idriche) e il presidente ADB Takehiko Nakao a inizio anno aveva invece affermato come le due organizzazioni “possono completarsi a vicenda”.

A Mosca e a Pechino invece la progettualità della banca è vista come il volano per veder fiorire due progetti che convergono sulla valorizzazione dell’antica via di sviluppo e di ricchezza, la via della seta ovvero l’Unione economica eurasiatica (EEU) guidata dalla Russia e l’ambizioso progetto cinese “One road, one belt”.

La nuova visione e la nuova prospettiva per il XXI^ secolo della via della seta è stata presentata non a caso contestualmente all’AIIB nel 2013, e prevede una via terrestre che attraversa tutta l’Asia Centrale e arriva dalla Cina fino alla Spagna e una via marittima che costeggia tutta l’Asia Orientale e Meridionale, arrivando fino al Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez e l’AIIB avrà dunque il ruolo di catalizzatore degli investimenti necessari per garantire l’ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie e portuali e, l’affermazione della nuova visione e l’affermazione “definitiva” della Cina nelle relazioni globali.

“Forse è soltanto un’idea che nasce male, forse è un’idea che cresce male, ma la primavera è inesorabile” …chissà, la realtà oggi è che: Asian Infrastructure Investment Bank!!!

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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