Blockchain: una tecnologia che può far decollare il commercio internazionale

Blockchain: una tecnologia che può far decollare il commercio internazionale

20 Febbraio 2019 Categoria: Marketing Internazionale

Nel report del WTO dal titolo “Can Blockchain revolutionize international trade?”, si riscontra un dato impressionante: la tecnologia blockchain entro il 2030, potrà aggiungere ben 3 trilioni di dollari al mercato globale poiché faciliterà la partecipazione delle PMI al commercio internazionale. Ma quali sono le origini della Blockchain? Quali reali benefici può apportare al sistema commerciale?

Sul finire del 2008, viene pubblicato un paper dal titolo “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”, che porta la firma di Satoshi Nakamoto, una persona (o un gruppo di persone) la cui identità è tuttora ignota. Nel definire la moneta digitale, l’autore si sofferma sulla descrizione della tecnologia che ne è alla base: la blockchain, letteralmente “catena di blocchi”. Sono passati undici anni dalla prima volta che il mondo ha sentito parlare di questa tecnologia, ed oggi più di prima si contano innumerevoli dibattiti sulle sue aree di applicazione che spaziano dall’ambito finanziario a quello commerciale. Soprattutto in quest’ultimo ambito, si evincono interessanti opportunità di impiego in termini di gestione dei rapporti, dei contratti, e della logistica.

Prima di esaminare nel dettaglio quali vantaggi potrebbero trarre le aziende esportatrici dall’impiego della tecnologia blockchain, è opportuno ripercorrerne i tratti salienti.
Stiamo parlando di un database distribuito, una sorta di registro pubblico dove i dati non sono memorizzati su un solo computer ma su più macchine collegate tra loro via Internet, fatto di blocchi di dati che memorizzano transazioni, che per sua natura sono immodificabili e, dunque, immutabili. Ogni operazione effettuata deve essere confermata automaticamente da tutti i singoli nodi, ovvero i partecipanti alla rete, attraverso un software di crittografia, che viene utilizzato per firmare le transazioni. Questo protocollo di validazione fa sì che, pur non essendoci alcuna autorità centrale che funga da garante, la sicurezza venga garantita.

Decentralizzazione, immutabilità e distribuzione sono quindi i principi su cui si fonda la blockchain e, a seconda dell’aspetto che si decide di considerare, si evidenziano benefici di natura diversa.

Con riferimento al principio della decentralizzazione, l’innovazione portata dalla blockchain è lo smart contract, un contratto intelligente. È semplicemente la trasposizione di un contratto, con le proprie obbligazioni, clausole e/o condizioni, in un algoritmo che traduce il contratto e verifica in maniera automatica l’avverarsi di determinate condizioni, eseguendo le azioni a queste collegate. Questo strumento, in ottica commerciale, può essere utilizzato per attivare automaticamente i pagamenti al realizzarsi di condizioni predefinite, quali la spedizione di merci, rendendo le transazioni considerevolmente più rapide e trasparenti, nonché più facili e sicure, soprattutto con nuovi partner commerciali.

Ne risulta quindi un nuovo modo di fare affari, senza intermediari dal momento che i membri della rete potrebbero concludere accordi direttamente tra loro. Sotto il profilo economico, ne consegue una riduzione dei costi delle transazioni, poiché si elimina la necessità di procedure burocratiche fisiche e gli ostacoli ispettivi e amministrativi posti dagli intermediari.

Guardando all’elemento della distribuzione delle informazioni, il vantaggio principale che gli operatori economici potrebbero trarne è il rafforzamento della relazione di fiducia tra i partner commerciali poiché tutte le parti coinvolte sono informate in maniera continua e trasparente dell’insieme delle transazioni effettuate. In particolare, si rafforzerebbe la certezza della provenienza delle merci e garantirebbe un monitoraggio della domanda più accurato, limitando così il rischio di stock-out.

Vi è poi il principio dell’immutabilità. Grazie alla funzione di registro immodificabile, la tecnologia in esame renderebbe trasparenti tutte le procedure di registrazione, certificazione e tracciabilità delle merci all’interno della catena di approvvigionamento. Tutte le merci sarebbero identificate in modo univoco tramite dei “token” e successivamente trasferite per mezzo della blockchain, dove ogni transazione viene verificata in termini di autenticità, origine e rispetto degli standard etici. In fase di controllo sarà dunque possibile rivelare eventuali precedenti in termini di frode, furto o qualsiasi altra pratica discutibile.

D’altra parte le funzioni di “hashing” e “proof of existence“, potrebbero essere impiegate nel sistema di registrazione dei brevetti. L’hashing, è un processo mediante il quale un documento viene trasformato in un codice a lunghezza fissa, un “hash”, che svolge la funzione di una impronta digitale, rendendo quindi il documento irripetibile. La “proof of existence”, comporta, invece, la registrazione di questi hash nella blockchain. In questo modo viene creata una traccia dell’esistenza dell’hash in un dato momento. Questo sistema di registrazione, da un lato tutelerebbe il titolare del brevetto da possibili manipolazioni, dall’altro permetterebbe di ridurre le inefficienze che si riscontrano in fase di registrazione dei brevetti.

Oltre ad agevolare le imprese che intrattengono rapporti commerciali all’estero, la tecnologia blockchain ha un potenziale enorme per lo sviluppo del commercio internazionale. Dalla relazione “Blockchain: una politica commerciale lungimirante” firmata da Emma McClarkin, si evince come l’utilizzo della blockchain nel commercio internazionale potrebbe produrre un risparmio del 20% delle spese totali per il trasporto fisico, riducendo i costi degli scambi fino a mille miliardi di dollari. Si stima, inoltre, che la riduzione delle barriere nelle catene di approvvigionamento globali prodotta dalla blockchain potrebbe far crescere il commercio mondiale di circa il 15%.

Passando al potenziale specifico della blockchain in termini di miglioramento della politica commerciale UE, la relazione evidenzia che gli accordi di libero scambio (ALS) dell’UE sono “ampiamente sottoutilizzati dalle imprese“. Ciò, secondo la Commissione europea, è dovuto alle difficoltà di comprensione delle norme per ottenere l’origine preferenziale, oltre che alle procedure onerose per disporre dei documenti necessari a beneficiare del trattamento preferenziale. In tale contesto, la blockchain può risultare molto vantaggiosa per gli esportatori poichè permetterebbe di caricare tutti i documenti pertinenti in un’unica applicazione e, di conseguenza, di dimostrare la conformità degli stessi ai fini del trattamento preferenziale conferito da un accordo di libero scambio.

Se da un lato i sistemi basati sulla blockchain hanno il potenziale di migliorare l’efficienza dei processi di approvvigionamento, logistica e pagamenti, ridurre l’elaborazione manuale della documentazione di importazione/esportazione, garantire la conformità e la consegna di merci, dall’altro ci sono una serie di motivi che inducono alla cautela. I potenziali rischi sono simili per tutti i settori e sono relativi alla difficoltà di mantenere la privacy delle informazioni e di garantirne la qualità. Ma sono legati anche all’enorme dispendio di energia richiesta per validare le informazioni tramite la catena e alla dispersione delle stesse tra le varie blockchain che operano su diverse piattaforme.

Fonte: a cura di Exportiamo, Francesca Simonelli, redazione@exportiamo.it

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