Nepal, un nuovo inizio all’orizzonte?

Nepal, un nuovo inizio all’orizzonte?

25 Giugno 2018 Categoria: Focus Paese Paese:  Nepal

Le elezioni politiche di fine 2017 hanno sancito la vittoria dei partiti comunisti restituendo la speranza di uno sviluppo sociale al popolo nepalese che oggi deve fare i conti con una qualità della vita estremamente bassa (Pil pro capite: 2.700 dollari).

Il premier Oli ed il suo governo sembrano decisi ad accompagnare il Nepal verso lo sviluppo ma per farlo è necessario un cambio di paradigma che porti il piccolo Paese cerniera fra India e Cina a promuovere politiche capaci di attrarre investimenti esteri. La coalizione comunista che sostiene il governo, formatosi lo scorso 18 febbraio, vuole dunque lavorare per migliorare una serie di parametri tutt’altro che positivi esibiti oggi dal Paese asiatico fra cui:

Facilità di fare business: 105esimo su 190 Paesi;
Indice di libertà economica: 133esimo su 180 Paesi;
Corruzione percepita: 122esimo su 180 Paesi.

E’ chiaro che intervenire su una povertà assai diffusa che riguarda un’ampia fetta dei quasi 30 milioni di abitanti del Paese non sarà semplice ma per riuscirci sarà certamente essenziale una certa stabilità delle istituzioni che, dal 2008, ovvero dall’anno in cui il Paese ha abbandonato la monarchia trasformandosi in una repubblica, non è stata ancora trovata. E’ stata infatti proprio la promessa di stabilità ben riassunta dallo slogan “prosperità attraverso la stabilità” a convincere buona parte degli elettori ad affidarsi a due delle principali formazioni comuniste nepalesi, i maoisti e il Partito comunista del Nepal, che hanno deciso di presentarsi alle urne insieme impegnandosi, inoltre, a fondersi in un partito unico.

Oggi fra le carenze più gravi del Nepal figura lo stato delle infrastrutture e per questo Oli sta svolgendo un’azione politica volta all’attrazione degli investimenti come dimostrato dalla recente visita del leader comunista in Cina, osservata con il fiato sospeso dalla popolazione locale.

La visita ha costituito infatti una storica opportunità per ravvivare una solida partnership con il colosso cinese in diversi settori fra cui spiccano energia, ferrovia e commercio. Nel corso dell’incontro sono stati firmati 14 accordi bilaterali e tre importanti memorandum d’intesa sul lancio di uno studio congiunto di fattibilità per un accordo di libero scambio Nepal-Cina, sul corridoio ferroviario Nepal-Cina e sugli investimenti. Nella conferenza stampa rilasciata proprio ieri al ritorno dalla sua visita, Oli ha affermato che gli obiettivi raggiunti hanno di gran lunga superato le aspettative. 

Un ottimo punto di partenza dunque per fare in modo che lo stato himalayano inizi un percorso di affrancamento da New Delhi (dalla quale è al momento quasi totalmente dipendente) intensificando i rapporti con Pechino, particolarmente interessata ad investire nel comparto idroelettrico dal momento che Katmandu detiene una delle più grandi capacità di energia idroelettrica su scala globale ma è paradossalmente costretta ad importare elettricità a causa della scadente qualità delle proprie infrastrutture. Un percorso quasi obbligato dopo il caos causato dalla chiusura dei confini operata dall’India fra il 2015 ed il 2016 che ha provocato enormi difficoltà al Nepal.

Katmandu dovrebbe però fare molta attenzione a non compiere l’errore di non sostituire una dipendenza con un’altra dipendenza perseguendo sì delle politiche pragmatiche che guardino ai bisogni del Paese ma tentando di mantenere una certa equidistanza tanto dall’India quanto dalla Cina.

Per galoppare verso il progresso gli investimenti dovrebbero irradiarsi anche in altri settori come istruzione e sanità, in modo da attirare nel Paese quei 2 milioni di nepalesi emigrati alla ricerca di un futuro migliore.

Va comunque detto che la povertà del Nepal deriva non solo dalla mancanza di programmazione politica ma soprattutto dalla scarsità di risorse in termini di materie prime (importa petrolio e gas da India e Cina) ed aree coltivabili (appena il 20% della superficie nazionale).

Il settore industriale è ancora poco sviluppato (oggi vale il 20% del PIL) ma da qualche anno a questa parte il Nepal a iniziato a esportare metalli semilavorati e capi d’abbigliamento oltre a tappeti locali che mantengono un buon appeal sui mercati internazionali per il loro ottimo rapporto qualità/prezzo.

Infine va sottolineato che quasi il 50% del PIL nazionale viene dal settore terziario, di cui una buona fetta è da attribuirsi al settore turistico che ha però subito un grave colpo dopo il terremoto del 2015 ed il relativo danneggiamento della Valle di Kathmandu, considerata la seconda attrazione più importante del Paese dopo l’Himalaya.

In ogni caso l’industria del turismo sembra essersi ripresa (anche grazie all’incremento dell’offerta di sport estremi) e nel 2017 ha trainato la crescita del PIL (+7,5%) superando il milione di visitatori annui, con un incremento del 25% sul 2016. Da rilevare che anche il numero dei turisti italiani è cresciuto notevolmente passando da 9900 a più di 12 mila.

Rapporti con l’Italia

I rapporti commerciali fra Italia e Nepal sono assai ridotti con un interscambio che lo scorso anno si è fermato ad appena 23,58 milioni di euro. Le ragioni di questi numeri sono da un lato la scarsa capacità industriale del Paese asiatico e dall’altra la bassissima percentuale di popolazione abbiente, stimata in 300mila persone (0,3% del totale), in grado di permettersi i prodotti del Made in Italy.

Ovviamente anche gli investimenti del Belpaese sono ancora piuttosto limitati e dunque solo il nuovo corso politico potrebbe modificare sensibilmente il business climate del Paese stimolando gli investimenti stranieri ed aiutando il Nepal ad abbandonare il pesante stato di arretratezza economica che lo affligge.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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