Nella religione islamica, che fonda il suo culto più sull’ortoprassi che sulla dottrina, anche la moda deve rispettare alcune caratteristiche per essere halal, cioè lecita. Per rispondere alle esigenze delle donne musulmane, infatti, nasce la cosiddetta “modest fashion”. Un mercato del valore di miliardi di dollari che permette alle donne di essere alla moda nel rispetto dei precetti islamici.

Il concetto su cui si basano le prassi d’abbigliamento islamiche è quello della modestia (in arabo ḥayāʾ), che però non si riduce solo all’universo femminile ma rappresenta una costituente imprescindibile nella vita di tutti i credenti. Come scrive la Professoressa Ida Zilio-Grandi, Direttrice dell’Istituto italiano di cultura ad Abu Dhabi, tra le più illustri voci italiane sull’Islam, nel suo saggio “Modestia, pudicizia e riserbo: la virtù islamica detta ḥayāʾ”, la modestia, nel Corano ed in arabo, si riferisce ad una “pudicizia o verecondia di ampio respiro, un rispetto di sé e degli altri che sarebbe scorretto ridurre a comportamento circostanziato e tanto più a semplice modalità dell’apparire”.

Nonostante la modestia si estenda a tutti i musulmani ed in riferimento a varie situazioni comportamentali, questo concetto viene chiamato in causa soprattutto in relazione all’abbigliamento femminile, che prevede appunto che la donna debba mantenere sobrietà in ogni aspetto della sua vita, anche nell’abbigliamento.

Questa sobrietà prevede che gli abiti siano abbastanza ampi – tanto da non mostrare le forme del corpo – e che siano modesti e dignitosi.

Per rispondere, quindi, a una sempre maggior crescente domanda di abiti che, seppur conformi ai principi islamici trasmettano creatività e originalità, nasce la modest fashion, il punto d’incontro tra la moda occidentale, la street fashion e il mondo islamico.

Elemento simbolo della moda modesta è l’Hijab, parola che nel Corano ha un significato più ampio ma che nel linguaggio comune viene utilizzata soprattutto per riferirsi al velo. Il velo, con le sue varie forme a seconda del Paese in cui viene indossato, è influenzato da diversi fattori culturali e rappresenta una delle maggiori sfide nel settore del marketing.

Le aziende di abbigliamento hanno principalmente due strade: proporre alle donne musulmane gli stessi modelli “occidentali” lasciando così una nicchia di mercato insoddisfatta, oppure, innovare, adattando l’hijab alle tendenze del momento e creando, così, nuovi stili. La seconda strategia è messa in atto da molti brand, sia nei paesi musulmani che in Occidente.

L’interesse generale per la moda modesta sta aumentando rapidamente e dovrebbe raggiungere i 361 miliardi di dollari entro il 2023, con Turchia, Emirati Arabi Uniti e Indonesia che rappresentano i primi tre Paesi per capacità di spesa.

I governi dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica stanno iniziando a sostenere questo settore per diversificare le loro economie nazionali. Tra questi gli EAU e l’Indonesia stanno giocando un ruolo di primo piano nel lancio di stilisti ed iniziative volte a promuovere gli investimenti nel settore. Ad esempio l’Islamic Fashion design Council (IFDC) ha ospitato Pret-A-Cover Buyers Lane, un evento in collaborazione con la Torino Fashion Week per promuovere marchi di moda modesti, come Chantique (Dubai), Alice Giani Margi (Italia), Luya Moda (Regno Unito) e Coéga Sunwear (Dubai). Il governo indonesiano sostiene invece il Muslim Fashion Project (MOFP), che include concorsi e incubazioni per le start-up della moda.

Le iniziative per lo sviluppo del settore sono ormai numerose e variano dalle sfilate di moda come la Modest Fashion Week, passando dai festival dedicati alla moda musulmana, il Muffest, fino alla formazione presso accademie e università, la Rabia Z Modest Fashion Academy o la MDIS School of Fashion and Design di Singapore.

Sostenuti da una robusta crescita della spesa dei consumatori, ci sono stati notevoli investimenti anche nel commercio elettronico, canale di vendita ad alto tasso di sviluppo, che offre grandi opportunità sia ai consumatori, che possono effettuare acquisti direttamente nel comfort di casa propria, sia alle imprese che possono tagliare gli intermediari e avvicinarsi ai clienti.

Aziende e influencer della moda modesta sono sempre più coinvolti nella promozione della diversità, dell’empowerment femminile e della moda sostenibile e, quella che è considerata una scelta religiosa, si sta ora traducendo in una tendenza globale di cui l’industria della moda sta prendendo atto.

Per molto tempo, le donne musulmane si sono sentite ignorate dalle aziende del settore. Alia Khan, presidente dell’Islamic Fashion Design Council, in un’intervista ad Al Jazeera, si è detta sorpresa nel constatare come questa tendenza non sia emersa prima e ha citato i social media come motivo della massiccia crescita di questo settore.

Sebbene siano in corso iniziative per meglio orientare i parametri funzionali del settore, non è stato sviluppato alcuno standard per facilitare l’approccio delle aziende a questo segmento, in modo da poter sviluppare un solido piano di creazione di valore incentrato sull’espansione geografica e del prodotto.

Se le aziende accetteranno la sfida, afferma Alia Khan, ci sarà una grande fetta di mercato di consumatori pronti che, attualmente, non vede pienamente soddisfatti i propri bisogni.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Cristiana Oliva, redazione@exportiamo.it

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