Lo scorso giovedì a Losanna finalmente si é fatto un sostanzioso passo avanti sulla questione nucleare iraniana e le conseguenze sullo scenario mediorientale potrebbero essere “rivoluzionarie”.

Se a novembre a Vienna, come abbiamo già visto in precedenza, era ripartito il conto alla rovescia per il raggiungimento di un accordo, a Losanna in Svizzera, é stato annunciato il raggiungimento di un accordo politico (più precisamente una serie di parametri generali) tra i rappresentanti dell’Iran e quelli dei paesi del cosiddetto gruppo “5+1”, cioé i cinque che hanno il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) più la Germania, da anni impegnati nei negoziati, con la benedizione e la supervisione dell’UE.

I punti al centro dell’accordo sono stati infatti inclusi in una dichiarazione congiunta, letta di fronte ai giornalisti dal “nostro” capo della diplomazia europea, Federica Mogherini e dal ministro degli Esteri iraniano.

Non si tratta di un accordo definitivo, certo, ma da più parti é considerato molto importante, mentre i dettagli tecnici di quello che si é deciso saranno discussi in un nuovo vertice che dovrà concludersi entro il 30 giugno.

L’obiettivo dei negoziati é sempre stato quello di evitare che l’Iran si dotasse di una bomba atomica, possibilità che a Teheran smentiscono da anni, sostenendo la natura pacifica del programma nucleare.

Negli anni non sono mancate incomprensioni e complicazioni e anche durante l’ultimo decisivo round negoziale, con il rischio concreto di far saltare il banco più volte.

Le potenze mondiali e l’Iran sono quindi ormai vicine a un’intesa concreta, il cui obiettivo principale é arrivare a un accordo definitivo e verificabile che riduca per almeno 10 anni le capacità nucleari di Teheran, impedendo così di accumulare quantità di uranio arricchito sufficienti a fabbricare una bomba atomica.

In cambio, la comunità internazionale s’impegna a revocare gradualmente le sanzioni che mettono in ginocchio Teheran.

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 E’ stato lo stesso Dipartimento di Stato americano a pubblicare il testo del documento “Parameters for a Joint Comprehensive Plan of Action Regarding the Islamic Republic of Iran’s Nuclear Program” e qui di seguito appare opportuno dare uno sguardo ai tratti fondamentali:

- Riduzione del numero delle centrifughe iraniane: delle 19.000 attuali ne rimarranno 6.104, di cui solo 5.060 adibite ad arricchire l’uranio per i prossimi 10 anni. Non bisogna dimenticare che l’arricchimento dell’uranio é un passaggio necessario per la costruzione della bomba atomica.

- Limitazioni sull’arricchimento dell’uranio: l’Iran ha accettato di non arricchire l’uranio oltre la soglia del 3,67% per almeno 15 anni. In sintesi e semplificando, la soglia indicata per delimitare gli usi civili da quelli militari é del 5%. Teheran ha inoltre accettato di non costruire altre istallazioni per l’arricchimento dell’uranio per i prossimi 15 anni.

- Riconversione centrale di Fordow: l’istallazione sotterranea di Fordow che si trova vicino alla città di Qom, scoperta solo pochi anni fa dall’intelligence occidentale sarà convertita e usata come centro nucleare, fisico, tecnologico e di ricerca, esclusivamente per fini pacifici.

- Status centrale di Natanz: l’uranio verrà arricchitto solo nella centrale di Natanz, nella provincia di Isfahan, e solo utilizzando centrifughe IR-1 di prima generazione. Le centrifughe più evolute verranno invece rimosse o comunque non utilizzate per almeno 10 anni.

- Ispezioni AIEA: tutte le centrali nucleari iraniane riceveranno ispezioni regolari da parte degli esperti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Le ispezioni riguarderanno anche le miniere di uranio e le yellowcake, le scorte di uranio concentrato utilizzabili per la preparazione di combustibili per i reattori nucleari. E’ stata inoltre concordata la ricostruzione del reattore di acqua pesante di Arak per renderlo incapace di produrre plutonio sufficientemente puro da poter essere usato per usi militari.

- Rimozione sanzioni: le sanzioni imposte da Stati Uniti e Unione Europea saranno rimosse dopo che la IAEA avrà verificato che il governo iraniano ha preso tutte le misure necessarie per rispettare i parametri di Losanna e nel caso di violazione dell’accordo, verranno reintrodotte. Rimangono ancora poco chiari i tempi relativi alla sospensione delle sanzioni.

“Abbiamo compiuto un passo avanti decisivo, siamo arrivati a delle soluzioni chiave per un accordo a 360 gradi. Grazie a tutte le delegazioni per il lavoro incessante. La soluzione garantirà la natura esclusivamente pacifica del programma nucleare iraniano” ha dichiarato Federica Mogherini, la cui mediazione é stata fondamentale per garantire il raggiungimento dell’accordo mentre sempre a Losanna il capo della delegazione iraniana, il Ministro degli esteri, Javad Zarif ha dichiarato senza mezzi termini: “Probabilmente abbiamo fatto la storia”.

Fuori dal coro naturalmente il Premier israeliano Benyamin Netanyahu che ha parlato di “errore storico” ribadendo come “Israele chiede che ogni accordo finale con l’Iran includa un chiaro e non ambiguo riconoscimento del diritto di Israele di esistere. L’accordo non ferma un singolo impianto nucleare in Iran, non distrugge una sola centrifuga e non fermera’ lo sviluppo e la ricerca sulle centrifughe avanzate”.

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Da Teheran invece guardando anche il popolo iraniano in festa per lo storico accordo, il Presidente Hassan Rohani non ha avuto dubbi nell’affermare come il giorno dell’accordo: “Resterà impresso nella memoria del popolo iraniano. Le potenze mondiali hanno accettato che l’uranio possa essere arricchito in Iran. L’Iran può collaborare con il mondo. Non deve scegliere tra combatterlo o arrendersi ad esso. Il mondo ha riconosciuto che l’Iran vuole un programma nucleare pacifico. Le centrifughe devono girare e l’economia deve andare avanti. Oggi siamo giunti più vicino al nostro obiettivo”, ribadendo il suo giudizio negativo sulle sanzioni, imposte non per portare l’Iran al tavolo dei negoziati, ma per farlo arrendere, ha confermato poi come le evoluzioni future dipenderanno dall’atteggiamento di tutti gli attori in campo perché “Se l’altra parte negoziale mantiene le sue promesse lo farà anche l’Iran. Se seguiranno un’altra strada, avremo altre opzioni”.

Un risultato ancora provvisorio certo, ma che rappresenta una notevole vittoria diplomatica anche per Barack Obama. Il Presidente degli Stati Uniti durante i due mandati alla Casa Bianca ha già ottenuto il ripristino delle relazioni con Myanmar e Cuba e - come aveva annunciato sin dai tempi della sua prima campagna elettorale nel 2008 - ha investito molto sull’apertura a Teheran e, pur sapendo come Rohani che “Il lavoro non é ancora finito” non ha potuto non riconoscere la portata storica dell’accordo affermando come “renderà gli Stati Uniti, i suoi alleati e il mondo più sicuri”.

Questa volta a fare la differenza é stata la determinazione e pare che alla vigilia della scadenza dei termini previsti per trovare l’accordo quadro, il presidente ha dato personalmente indicazioni al segretario di Stato John Kerry di “ignorare la scadenza”, con l’intento - in caso di fallimento - di mettere in chiaro che la responsabilità di un eventuale fallimento sarebbe stata da attribuire all’Iran anche perché di fronte al naufragio del negoziato, sarebbe stato poi difficile riuscire a conservare il consenso internazionale sull’applicazione delle sanzioni a Teheran.

Lo stesso Obama proprio a fine 2014 in un’intervista alla National Public Radio aveva dichiarato come “l’Iran potrebbe diventare una potenza regionale molto prospera” di fronte a una conclusione positiva del negoziato sul nucleare, lasciando intendere come la conseguente riabilitazione di Teheran sullo scenario mediorientale, non trasformerebbe solo le relazioni tra i due storici nemici, un tempo alleati ma avrebbe ripercussioni appunto “rivoluzionarie” in Medio Oriente, portando a ridisegnare la carta geopolitica della regione.

Tra gli esperti c’é chi fa notare che se si riesce ad abbattere completamente il muro di diffidenza reciproca tra Iran e Occidente le ripercussioni sulla regione mediorientale potrebbero essere positive quanto negativo fu l’impatto della scellerata politica guidata dai dogmi neo-conservatori di George W. Bush.

 

All’orizzonte c’é l’opportunità (se non la necessità) di un impegno comune contro minacce sempre più presenti e impellenti che non lasciano nessuno degli attori in campo indifferenti e la storia ha sempre bisogno di conferme.           

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it 

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