Meccanica strumentale: il Made in Italy che mette il turbo all’export con l’e-commerce

Meccanica strumentale: il Made in Italy che mette il turbo all’export con l’e-commerce

12 Aprile 2019 Categoria: Digital Export

Il settore della meccanica strumentale è uno dei più promettenti del sistema industriale del nostro Paese in quanto a potenziale di esportazione ed innovazione, e grazie allo sviluppo del commercio elettronico le opportunità per le PMI italiane sono destinare a moltiplicarsi.

Un comparto poco conosciuto, ma che rappresenta la punta di diamante della produzione industriale Made in Italy nel mondo è quello della meccanica strumentale, quel settore eterogeneo che riguarda la produzione di macchinari o impianti destinati alla produzione industriale, e quindi in primis di macchine utensili, ma anche di macchine impiegate in altre industrie manifatturiere, come le macchine per la lavorazione della gomma/plastica, per il tessile-abbigliamento, per la lavorazione del legno, per l’industria alimentare, per il packaging, e così via. A queste si aggiungono anche le macchine impiegate nell’edilizia, nell’agricoltura, le macchine per la logistica e la movimentazione delle merci, nonché la componentistica (tubi, turbine, viti, bulloni, ecc.).

Caratterizzati da bassa visibilità e scarsa riconoscibilità presso il consumatore finale, i beni strumentali per l’industria occupano, invece, un ruolo strategico di primissima importanza nei sistemi economico-produttivi: permettono di realizzare la produzione manifatturiera, diffondono il progresso e l’innovazione, assicurano la produttività e, soprattutto, rappresentano la prima voce delle esportazioni italiane nel mondo (valgono il 21% dell’export totale del Belpaese).

Il settore si contraddistingue infatti per una fortissima propensione all’export: secondo gli ultimi dati relativi al 2018 elaborati dall’Ufficio studi Anima Confindustria Meccanica, a fronte di una produzione totale del valore di 48,3 miliardi di euro, le aziende della meccanica italiana ne hanno esportato più della metà (il 58,3%) per un valore pari a 28,2 miliardi di euro (+2,3% rispetto al 2017), trend che, seppure in lieve calo, dovrebbe essere confermato anche dalle previsioni 2019 (+1,3%).

Aspetti da non sottovalutare prima di esportare macchinari

Certamente, esportare macchinari all’estero non è esattamente una passeggiata in quanto implica il dover prendere in considerazione una serie di aspetti non indifferenti. Il primo riguarda l’ambito oggettivo dell’esportazione: l’imprenditore deve sempre analizzare il proprio prodotto da un punto di vista tecnico per verificare se il prodotto in questione sia soggetto o meno ad alcune criticità, per esempio, se si tratta di un bene dual use, cioè suscettibile di avere un utilizzo sia civile che militare. Proprio a causa della loro peculiarità, i prodotti dual use sono soggetti, in ambito nazionale ed europeo, ad una specifica disciplina (in particolare, il Decreto legislativo 221/2017 e il Regolamento CE 428/2009) che ne subordina l’esportazione all’ottenimento di un’autorizzazione emessa dall’autorità competente, che in Italia è il Ministero dello Sviluppo Economico.

Un altro aspetto attiene all’ambito soggettivo dell’esportazione e dunque ai soggetti coinvolti nell’operazione commerciale: gli esportatori italiani sono chiamati ad accertarsi che il proprio cliente non sia considerato dalla normativa applicabile come un soggetto con cui è vietato avere rapporti commerciali. I mercati assoggettati a sanzioni economiche internazionali, come ad esempio l’Iran, pur essendo irrinunciabili per molte imprese italiane del settore metalmeccanico, presentano spesso problematiche in tal senso, ravvivate, purtroppo, dalle continue oscillazioni della politica internazionale.

Un altro elemento da non prendere sotto gamba riguarda il rispetto dei requisiti legislativi e tecnico–normativi in materia di sicurezza dei macchinari industriali vigenti nei Paesi in cui il prodotto viene commercializzato. Sebbene in alcuni Paesi extra Ue la legislazione relativa alla conformità dei prodotti sia carente o, talvolta, addirittura assente, vi sono altri Paesi in cui l’approccio a tale materia è decisamente severo: per esempio, per esportare in Brasile è necessaria la certificazione di conformità alla normativa NR 12, in Russia è richiesta la Certificazione EAC.

Vendere macchinari (nuovi o usati) online

Nonostante ciò, i dati menzionati in precedenza mostrano che i macchinari italiani godono all’estero di un grande capitale di stima. A rendere i macchinari tricolori così apprezzati nel mondo sono le doti peculiari dei costruttori italiani quali flessibilità, know-how e innovazione tecnologica (che oggi si traduce soprattutto in Industria 4.0 o Smart Manufacturing), cui si somma l’offerta di un servizio declinato in termini, non soltanto di assistenza tecnica e manutentiva pre e post vendita, ma di vera e propria consulenza globale. Tutte caratteristiche, queste, che garantiscono al comparto una longevità e un potenziale di crescita importanti, soprattutto grazie allo sviluppo del canale online che ha aperto nuovi sbocchi e prospettive di espansione estremamente interessanti.

Molti rivenditori leader del mercato si sono avvicinati al mondo dell’e-commerce per incrementare le proprie vendite sui mercati esteri, o direttamente attraverso il proprio sito, oppure, nella maggior parte dei casi, affidandosi a quelli che potremmo definire come i “marketplace dei macchinari”, ovvero dei motori di ricerca o delle piattaforme online che svolgono funzioni di matchmaking tra domanda ed offerta, prevalentemente in ambito B2B. Per citarne alcuni Exapro, Machineseeker, Trade Machines, My Machinery, Makinate, Surplex, Techpilot. I vantaggi principali offerti da queste piattaforme sono gli stessi offerti da tutti gli altri marketplace: non richiedono investimenti iniziali e consentono di mettersi in contatto con un maggior numero di clienti e gestire anche le eventuali problematiche connesse alle differenze linguistiche e culturali.

In pratica sono delle vetrine che mettono in collegamento chi cerca macchinari nuovi o usati con chi li vende, in ogni parte del mondo, basandosi su business model differenti: ci sono quelli che monetizzano reindirizzando i potenziali acquirenti ai siti web dei venditori, secondo il modello di business definito costo per clic (CPC), senza alcuna percentuale sulle transazioni, ed altri che invece applicano delle commissioni sulle vendite andate a buon fine. Esistono anche delle piattaforme B2B sulle quali i produttori di macchinari pubblicano le richieste di quotazioni a cui i fornitori registrati possono rispondere proponendo le proprie migliori offerte, e portali che offrono servizi di compravendita di macchinari all’asta.

A crescere in questo segmento infatti è soprattutto il mercato dell’usato, la cui aspettativa globale di crescita nel 2019 è stimata intorno a 1.200 miliardi di euro. Gli imprenditori dei Paesi in via di sviluppo hanno fame di tecnologia, e poiché per i produttori italiani di macchinari e di tecnologie complesse lo spazio di mercato è sempre più limitato per i prodotti di punta (troppo cari e spesso oggetto di agguerrita concorrenza da parte americana e giapponese) sono grandi le possibilità che si aprono per le aziende italiane che scelgono di rivendere macchinari usati di una o due generazioni tecnologiche precedenti nei Paesi economicamente meno sviluppati, come quelli africani, dell’Est Europa o del Sud America.

Il canale online, dunque, sembra destinato ad essere una risorsa cruciale per le imprese manifatturiere italiane, anche se, come in tutti gli altri settori, l’online non sostituirà ma si accosterà alla vendita tradizionale in una prospettiva omnicanale.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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