Il Caucaso è di vitale importanza per la sopravvivenza energetica dell’Italia e dell’Europa e sono molte le aziende italiane che hanno investito ed investono nell’area. Tuttavia, in questa regione tra il mar Caspio e il mar Nero, si sta vivendo un conflitto che si sta inasprendo sempre più e che vede come protagonisti l’Armenia e l’Azerbaigian.

Sembra essere tornato lo spettro della guerra nel Caucaso: tra l’Azerbaigian e l’Armenia si sono verificati degli scontri all’alba di domenica 27 settembre. Tra i due Paesi infatti è tornata altissima la tensione, mai sopita dagli anni ’90, da quando la rivendicazione da entrambe le parti del territorio del Nagorno-Karabakh (noto anche come Repubblica dell’Artsakh) ha trasformato questa regione ex-sovietica in un campo minato.

Come ha spiegato il Professor Aldo Ferrari, docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia durante una sua recente intervista per ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), quello che sta accadendo è l’ennesimo scontro per il controllo della regione che giuridicamente fa parte dell’Azerbaigian ma che è abitata per lo più da armeni. Divenuta indipendente sin dal 1994 dopo un confitto, tuttavia, ha raggiunto un’indipendenza solamente de facto e non de jure poiché nessuno riconosce questa regione come Stato indipendente.

Il conflitto è aperto, non avendo trovato una soluzione negoziata, e spesso avvengono episodi di violenza, disordini gravi ed in alcuni casi vere e proprie guerre di qualche giorno.

Quali sono le motivazioni del conflitto?

Spesso parlando delle ragioni che stanno dietro al conflitto nel Nagorno Karabakh si fa riferimento a motivazioni confessionali essendo l’Azerbaijan un Paese musulmano e l’Armenia un Paese cristiano. Tuttavia, non sono culturali o religiose le motivazioni reali, ma per lo più economiche e strtegiche dal momento che la regione possiede importanti giacimenti petroliferi. 

Ed in parte anche politiche poichè dal punto di vista dell’Armenia, il Paese ritiene di avere un diritto storico di indipendenza dall’Azerbaigian, essendo questa regione storicamente armena, motivo per il quale i suoi abitanti combatterono e vinsero una guerra nel 1994, dopo la quale venne fondata la Repubblica indipendentista dell’Artsakh.

Gli azeri, a loro volta, fanno riferimento al principio dell’integrità territoriale, ovvero, secondo il diritto internazionale, il Karabakh è parte integrante dell’Azerbaigian. Per questa ragione ritengono di detenere il diritto di riprendere questi territori, pur promettendo agli armeni che la abitano di concedere successivamente un’eventuale autonomia amministrativa.

La storia quindi aiuta a capire i motivi di una così violenta tensione senza una stabile soluzione all’orizzonte.

Che ruolo hanno Turchia e Russia in questo scontro?

Lo scenario di una guerra tra Armenia e Azarbaigian chiama in causa anche altri protagonisti, in primis Russia e Turchia, e per questo l’ipotesi di un acceso conflitto desta preoccupazioni. 

L’Armenia fa parte del CSTO (The Collective Security Treaty Organization), un’alleanza difensiva creata il 15 maggio 1992 da sei nazioni appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti. Per questa ragione la Russia è il principale sostenitore dell’Armenia, che comunque senza gli aiuti militari di Mosca non potrebbe competere con il suo rivale.

L’Azerbaigian invece è uno stretto alleato della Turchia, considerando anche la vicinanza culturale: entrambi i Paesi sono turcofoni e musulmani. C’è un asse piuttosto forte e formalizzato.
Questo significa che potrebbe esserci il rischio di un conflitto più esteso.

Qual è il ruolo dell’Italia e dell’Europa nel Caucaso?

Nonostante questi Paesi facciano parte del cosiddetto Partenariato orientale - un programma di associazione che l’Unione Europea ha in corso con Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia, Ucraina e Bielorussia, nato nel 2008 nel quadro della politica europea di vicinato, che mira a favorire un avvicinamento di questi sei paesi all’UE - probabilmente non prenderà una posizione nel conflitto, se non con un generico richiamo a smorzare la tensione.

L’Armenia ha simpatie internazionali per il suo tragico passato, legato al genocidio. Mentre l’Azerbaigian ha dalla sua parte il diritto internazionale ed ha un forte potere contrattuale su molti Paesi, inclusa l’Italia, essendo il nostro primo fornitore di gas, ancor di più quando sarà ultimato il gasdotto TAP.

Per l’Italia, l’Azerbaigian è, quindi, un partner economicamente importante. D’altra parte, il nostro Paese ha con l’Armenia antichi e consolidati rapporti culturali, ma non solo, poiché attualmente in Armenia operano circa 170 aziende con partecipazione a capitale italiano – spiega l’ambasciatrice armena in Italia Tsovinar Hambardzumyan, aggiungendo che - l’interesse degli imprenditori italiani in Armenia è molto alto e si concentra soprattutto sul settore tessile, della ceramica e quello energetico. In linea con la posizione europea, neanche l’Italia prenderà una posizione nel conflitto.

In questo contesto lo scenario peggiore è una guerra a tutto campo che coinvolgerebbe Russia e Turchia e che potrebbe destabilizzare la regione del Caucaso meridionale - Armenia, Azerbaigian e Georgia - che funge da corridoio per gli oleodotti che trasportano petrolio e gas ai mercati mondiali.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Cristiana Oliva, redazione@exportiamo.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità
  • Digital Export manager
  • Missione Commerciale in Sud Africa
  • Yes Connect
  • CTrade

Hai un progetto Export? Compila il Form

Pubblicità
  • Servizi Digital Export
  • FDA
  • Exportiamo Academy
  • Esportare in Canada
  • Uffici negli USA
  • Missione Commerciale in Sud Africa
  • CTrade
  • Vuoi esportare in sudafrica?