Pechino ha introdotto restrizioni alle esportazioni di gallio e germanio, elementi chimici cruciali per la realizzazione di semiconduttori avanzati, ma USA, Ue e Giappone non rimangono a guardare.

Sale il livello di tensione della guerra commerciale tecnologica globale.

A partire dal primo agosto, infatti, la Cina ha annunciato una stretta sull’export di gallio e germanio, due metalli critici per la produzione di semiconduttori ad alte performance, ma anche con applicazioni fondamentali nel settore delle telecomunicazioni e nella costruzione di veicoli elettrici.

Pechino è il produttore globale dominante di entrambi i metalli. Secondo l’Us Geological Survey, la Cina è il più grande produttore mondiale di gallio (94%) e tra i principali produttori ed esportatori di germanio (67%). Un dominio sfruttato, sul gallio, nello sviluppo delle infrastrutture di rete 5G. Il germanio, invece, è utilizzato principalmente nelle fibre ottiche e negli infrarossi, nell’elettronica e nei pannelli solari. Così come il germanio, il gallio ha un ruolo nella produzione di una serie di semiconduttori composti, che combinano più elementi per migliorare la velocità e l’efficienza della trasmissione. Sebbene questi metalli siano rintracciabili anche altrove, (per esempio in Corea del Sud, Giappone, Russia e Ucraina), la Cina ha fondato una sorta di dominio perché ha sin qui rifornito il mondo a prezzi altamente vantaggiosi, avendo mantenuto bassi i costi estrattivi e di lavorazione. Entrambi i metalli sono infatti sottoprodotti della lavorazione di altre materie prime come il carbone e la bauxite, la base per la produzione di alluminio.

“In conformità con le disposizioni pertinenti della Legge sul controllo delle esportazioni della Repubblica popolare cinese, Legge sul commercio estero della Repubblica popolare cinese e Legge doganale della Repubblica popolare cinese, al fine di salvaguardare la sicurezza nazionale e interessi nazionali, con l’approvazione del Consiglio di Stato, si decide di attuare controlli sulle esportazioni di articoli legati al gallio e al germanio”, si legge nel comunicato del ministero del Commercio cinese.

In pratica, gli esportatori dei due metalli dovranno richiedere licenze al ministero del Commercio se vorranno iniziare o continuare a spedirli fuori dal Paese e dovranno comunicare i dettagli degli acquirenti esteri e delle loro richieste.

Non si tratta affatto di una mossa inaspettata. La stretta è solo l’ultimo step della battaglia globale per il controllo della tecnologia di produzione di chip vitale per la produzione dei beni più diffusi, dagli smartphone e le auto a guida autonoma ai computer avanzati e alla produzione di armi. Nel corso del tempo, più volte si era previsto che Pechino potesse muoversi per limitare le spedizioni degli elementi su cui ha un vantaggio strategico, in risposta al blocco Usa sulle forniture di componenti ad alta tecnologia per la produzione di chip alla Cina. E non è certo un caso che la decisione su gallio e germanio arrivi subito dopo che il governo dei Paesi Bassi ha imposto ulteriori restrizioni alle spedizioni di apparecchiature del colosso Asml per la produzione di chip. In un comunicato del 30 giugno, Asml ha dichiarato che a partire dal primo settembre dovrà richiedere una licenza all’Aia per spedire i suoi sistemi più avanzati di litografia a immersione nell’ultravioletto profondo. Quello che bisogna sapere è che Asml ha una posizione di sostanziale monopolio nella produzione di macchinari ad alta tecnologia per la litografia ultravioletta, le “stampanti” per produrre i semiconduttori.

La mossa cinese viene quindi interpretata come una sorta di ritorsione del tipo: “Se non inviate chip di fascia alta in Cina, la Cina risponderà non inviandovi gli elementi ad alte prestazioni di cui avete bisogno per quei chip“.

Su un editoriale del China Daily, testata statale cinese, d’altronde, si legge apertamente: “i critici  (della mossa di Pechino - ndr) potrebbero chiedere al governo Usa perché detiene le più grandi miniere di germanio al mondo ma raramente le sfrutta. Oppure potrebbero chiedere ai Paesi Bassi perché ha incluso alcuni prodotti correlati ai semiconduttori nella sua lista di controllo delle esportazioni”.

E qui, secondo l’Unione europea, che importa una parte considerevole delle sue forniture proprio dalla Cina e nella cui legislazione entrambi i metalli sono qualificati come materie prime critiche strategiche essenziali per l’industria europea, soprattutto nei settori impegnati verso la transizione verde e digitale, poco o nulla c’entrerebbe la salvaguardia della sicurezza nazionale addotta da Pechino come giustificazione della propria decisone.

L’Ue “è preoccupata che le restrizioni all’export imposte dalla Cina non siano correlate alla necessità di proteggere la pace globale, la stabilità e l’attuazione degli obblighi di non proliferazione della Cina derivanti dai trattati internazionali”, ha spiegato una portavoce della Commissione europea, chiedendo alla Cina di “adottare un approccio che preveda restrizioni e controlli all’export basati su chiare considerazioni di sicurezza, in linea con le regole del Wto”. L’esecutivo comunitario, ha aggiunto la portavoce Ue, “sta attualmente lavorando a un’analisi dettagliata delle misure annunciate” da Pechino “e del loro potenziale impatto sulle catene di approvvigionamento globali e sull’industria europea”. Sulla base di questo esame, Bruxelles si riserva valutare “i prossimi passi” e “le prossime azioni nel contesto giuridico del WTO”.

La prima contromossa non si è fatta attendere perché subito dopo l’Unione europea e il Giappone hanno siglato a Tokyo un memorandum per intensificare la cooperazione sui microchip. Lo hanno annunciato il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, e il ministro giapponese dell’economia e del commercio, Yasutoshi Nishimura. L’intesa, ha spiegato Breton, punta a “potenziare la resilienza della catena di approvvigionamento dei semiconduttori, compreso un meccanismo di allerta per prevenire eventuali interruzioni, in particolare per le materie prime critiche”.

È difficile prevedere chi farà la prossima mossa, se ci sarà una tregua oppure se si proseguirà la chip war colpo su colpo. Intanto, da oggi fino al 9 luglio, la segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen, sarà in visita ufficiale a Pechino ed incontrerà anche alti funzionari del Partito comunista. L’esito di questi incontri potrebbe determinare il futuro della partita.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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