L’Iran costituisce un mercato con un gran potenziale per le imprese del Belpaese nonostante presenti numerosi elementi di criticità da non sottovalutare, fra cui spicca il tema delle sanzioni statunitensi. Nel presente approfondimento forniremo alcune informazioni utili per esportare a Teheran e dintorni in questo delicato momento storico.

Accordo storico” titolavano i giornali di tutto il mondo nel neanche troppo lontano 14 luglio del 2015 per riferirsi alla firma del JCPOA, ovvero l’intesa raggiunta tra l’Iran, il cosiddetto P5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti – più la Germania) e l’Unione Europea, che stabiliva la rimozione di alcune delle sanzioni americane imposte all’Iran nel 2006 in cambio della limitazione del programma nucleare iraniano.

I risvolti di questa apertura erano stati evidenti ed immediati: dopo anni di recessione (il Pil nel 2015 retrocedeva dell’1,6%), l’economia dell’ex impero persiano era tornata finalmente a crescere a ritmi straordinari, toccando nel 2017 la cifra record di un aumento del Pil pari al 12,5%. Se da un lato, a dare impulso a questa impetuosa cavalcata era stata la ripresa della produzione ed esportazione di petrolio e prodotti energetici, dall’altro un ruolo fondamentale lo avevano giocato le molte imprese straniere (europee in primis) arrivate, o ritornate dopo un lungo esilio, a fare affari con Tehran.

Molte di queste erano italiane e gli affari cominciavano ad andare a gonfie vele: in particolare il 2017 ha rappresentato un anno di forte crescita per l’export italiano verso Teheran come si evince dai dati diffusi dal MISE relativi alle vendite di prodotti Made in Italy tra gennaio e dicembre 2017, passati da 1,543 miliardi di euro a 1,734 miliardi di euro (+12,38% rispetto allo stesso periodo del 2016). A riscuotere particolare successo: i macchinari e le apparecchiature industriali; le materie plastiche (incluse pitture, vernici, smalti, e adesivi sintetici); tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio; medicinali e preparati farmaceutici (per maggiori informazioni su cosa esportare in Iran cliccare qui).

Senonché, l’avvento di Donald Trump al “soglio della Casabianca” ha rimescolato le carte in tavola: l’8 maggio 2018 gli Usa si sono infatti ritirati dall’accordo sul nucleare iraniano ripristinando le vecchie sanzioni ed imponendone delle nuove (per maggiori informazioni sulle sanzioni USA cliccare qui).

Le sanzioni a stelle e strisce sono state reintrodotte a seguito di due periodi di tolleranza (wind-down), il primo di 90 ed il secondo di 180 giorni, calcolati a partire dall’8 maggio 2018 e che hanno consentito la prosecuzione delle attività iniziate in conformità all’accordo e fino alla scadenza del termine.

Nonostante si tratti di sanzioni statunitensi esse hanno però un forte impatto anche sulle imprese e gli Stati terzi che intrattengono relazioni con Teheran e che, contestualmente, operano anche con gli USA. Basandosi sul principio di “extraterritorialità” delle leggi americane gli Usa ritengono infatti di poter sanzionare le imprese anche non americane che fanno affari con Paesi sotto embargo se poi hanno anche rapporti con gli Stati Uniti o se usano i dollari per le transazioni.

In che modo le aziende italiane possono continuare a ricevere pagamenti dall’Iran?

L’Unione Europea ha provato a bloccare gli effetti dell’extraterritorialità delle sanzioni statunitensi riattivando il cosiddetto “blocking statute”, una misura introdotta negli anni novanta per tutelare i cittadini europei danneggiati dalle aziende colpite dalle sanzioni extraterritoriali.

Considerata la poca efficacia di questa misura, alla fine di settembre i Paesi europei hanno però iniziato a negoziare tra loro per la creazione di uno “Speciale Purpose Vehicle” (SPV), ovvero un meccanismo legale che permettesse di facilitare i pagamenti da e verso l’Iran per sottrarre le aziende europee alle conseguenze dell’extraterritorialità delle sanzioni statunitensi. Dopo tanti mesi di lavoro e trattative, il 31 gennaio è stato finalmente annunciato che Germania, Francia e Regno Unito hanno costituito un canale di pagamento europeo per le transazioni con l’Iran. Questo canale di pagamento chiamato “Instrument In Support Of Trade Exchanges” (Instex) permetterà di fare affari con l’Iran in modo legittimo, con pagamenti in petrolio e gas, senza rischiare di incorrere nelle sanzioni statunitensi: nel momento in cui i Paesi europei compreranno il petrolio iraniano, potranno trasferire il denaro per il pagamento a Instex, che si occuperà delle transazioni finanziarie, mentre le piccole e medie imprese europee potranno ricevere i pagamenti degli loro affari con l’Iran direttamente da Instex, che funzionerà come una sorta di fondo.

Anche se questo meccanismo non è ancora operativo e nessuno ha comunicato una data d’avvio, ricordiamo che, in ogni caso, per la legge italiana ed europea (UE) il commercio con l’Iran resta libero salvo i beni ed i destinatari rimasti sotto restrizione per la legislazione UE e che i soggetti italiani hanno l’obbligo, ai sensi del D.lgs n.346/1998, di denunciare al Ministero dello Sviluppo Economico (polcom4@mise.gov.it) chiunque applichi la legislazione USA indicata nell’Allegato aggiornato del Regolamento di blocco n. 2271/1996 con la possibilità, se del caso, di richiedere il risarcimento degli eventuali danni subiti.

È però necessario che gli operatori italiani procedano ad:

- una verifica oggettiva sull’esportazione dei prodotti, ovvero devono ottenere un’autorizzazione preventiva all’esportazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico per i beni dual use indicati nei Regolamenti UE.

- una verifica soggettiva della controparte iraniana: va fatta su tutte le controparti coinvolte nella transazione commerciale con l’Iran (Intermediari, destinatari ed utenti finali) e per ognuno di essi occorre controllare che non siano soggetti a restrizione UE.

Poiché l’Italia figura tra le otto nazioni (Cina, India, Grecia, Giappone, Corea del Sud, Turchia e Taiwan) a cui gli Stati Uniti hanno concesso un’esenzione temporanea per continuare a comprare petrolio iraniano e, dal momento che questa autorizzazione comprende anche tutte le operazioni finanziarie connesse all’acquisto di petrolio, questa sembra, al momento, l’unica via praticabile per le imprese italiane.

Con quali banche iraniane si può continuare ad operare?

L’OFAC, Ufficio del Dipartimento del Tesoro USA, ha pubblicato la lista dei soggetti ed entità iraniane inserite nella Lista SDN (Special Designated Nationals) verso le si applicano le sanzioni secondarie (extraterritoriali) valevoli anche per le Non US persons.

Vi segnaliamo tuttavia degli istituti finanziari iraniani verso i quali, pur essendo in lista SDN, non si applicano le sanzioni secondarie, e con cui quindi le banche europee potranno continuare ad operare: Bank Kesharvarzi Iran, Saman Bank, Pasargad Bank, Karafarin Bank, Amin Investment Bank, Maskan Bank, Bank Refah Kargaran, Bank-E Shahr, Eghtesad Novin Bank, Gharzolhasaneh Resalat Bank, Iran Zamin Bank, Kafolatbank , Tat Bank, Tosee Taavon Bank (Cooperative Development Bank), Tourism Bank, Sarmayeh Bank E Bank-E Taawon Mantagheey-E Eslami (Islamic Regional Cooperation Bank).

Le aziende che desiderano analizzare la loro situazione individuale, che pianificano un accesso sul mercato oppure che sono già presenti su di esso possono contattare l’Iranian Desk di IBS ITALIA scrivendo a m.mahmoodi@ibsitalia.biz oppure chiamare il numero 06-5919749.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Morvarid Mahmoodabadi, redazione@exportiamo.it

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