L’Italia è stata il primo paese dell’Ue ad aver reso obbligatoria la fatturazione elettronica, ma Francia, Germania, Spagna e Belgio hanno preso la decisione di posticipare l’introduzione dello strumento. A che punto siamo in Europa? Scopriamolo insieme.

Quando parliamo di fattura, in Italia, ci riferiamo ormai inevitabilmente alla fattura elettronica, che rappresenta per quasi tutti i soggetti economici italiani l’unica modalità di fatturazione almeno dal 2019, anno che ha visto l’introduzione dell’obbligo di fattura elettronica in ambito business-to-business (B2B) business-to-consumer (B2C). L’obbligo di emettere fattura elettronica in Europa verso le amministrazioni pubbliche (business-to-government - B2G) era già in vigore dal 2015.  

L’Italia è stata il primo paese dell’Ue ad aver reso obbligatoria la fatturazione elettronica e attualmente solo 12 stati membri impongono obblighi di rendicontazione digitale. La maggior parte di questi sta procedendo con l’implementazione della fatturazione elettronica obbligatoria, sia per il B2G che per il B2B, con alcuni che hanno lanciato programmi pilota e altri che mirano a una nuova legislazione sulla fatturazione elettronica entro il 2024.

I benefici che derivano dall’adozione della fattura elettronica sono diversi e riguardano moltissimi aspetti, tra cui:

  • recupero del gettito IVA e controllo più capillare sulle transazioni;
  • automatizzazione dei processi aziendali e miglioramento del livello di digitalizzazione delle imprese;
  • efficientamento delle relazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni; 
  • riduzione dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni, a vantaggio delle aziende.

Tuttavia, paesi come la Francia, la Germania, la Spagna e il Belgio hanno preso la decisione di posticipare l’introduzione dello strumento nel 2024, ed in alcuni casi, anche nel 2026.

Visti i numerosi vantaggi che la e-fattura è in grado di assicurare, perché molti paesi ne stanno allora posticipando l’implementazione?

Un primo “paletto” è rappresentato dalla direttiva europea n. 2006/112/CE, la cosiddetta direttiva IVA, e in particolare dagli articoli 218 e 232. Tali articoli, nello specifico, dispongono che all’interno dell’Unione le fatture possano essere emesse alternativamente in formato cartaceo o elettronico e che l’emissione in modalità elettronica sia subordinata al consenso del destinatario della stessa. Ecco perché, attualmente, per poter introdurre la fatturazione elettronica obbligatoria è necessario ottenere il via libera dall’Unione europea, tramite apposita deroga. Deroga che l’Italia ha ottenuto, prima nel 2018 e poi di nuovo nel 2021 e fino al 2024. La proroga della deroga, a cui si è aggiunto l’estensione dell’obbligo anche ai forfettari a partire dal 1° luglio 2022, è stata motivata proprio dalla constatazione degli effetti positivi richiamati poco sopra.  

Un altro punto da considerare è l’aspetto tecnologico e infrastrutturale che i vari Paesi hanno deciso di adottare. Nonostante esistano alcuni standard più o meno condivisi, quali il network PEPPOL e il relativo formato UBL, gli approcci adottati sono estremamente variegati.   La maggior parte dei Paesi ha deciso di mettere a punto una piattaforma nazionale per la gestione delle e-fatture, in modo più o meno simile allo SDI italiano.  La Francia, ad esempio, attraverso la piattaforma nazionale PFF (precedentemente denominata Chorus PRO) gestisce la trasmissione delle fatture in maniera centralizzata, utilizzando i formati nazionali appositamente creati.   In Germania, troviamo una piattaforma dedicata alla gestione delle fatture verso le amministrazioni centrali, ZRE, e una serie di altre piattaforme per la gestione delle fatture verso le amministrazioni degli stati federali. Nel caso si debba fatturare ad una amministrazione locale, quindi, ci si dovrà adeguare alla piattaforma e al formato di volta in volta in uso.   Altri Paesi hanno invece scelto di affidarsi al formato UBL, gestito da Open PEPPOL e quindi ampiamente condiviso, pur adottando una piattaforma nazionale. Infine, alcuni come Belgio, Norvegia o Paesi Bassi hanno deciso di appoggiarsi alla rete PEPPOL completamente, in ottica di una maggiore interoperabilità anche a livello crossborder.   

Dato che gli stati membri hanno un ampio margine di manovra nella progettazione del controllo e dell’applicazione dell’Iva, i requisiti di rendicontazione digitale, infatti, non sono stati finora soggetti ad alcuna armonizzazione o ad alcun coordinamento significativo a livello di Ue. Ciò si traduce nella scelta di un’ampia varietà di soluzioni, mentre aumenta il pericolo di sistemi di rendicontazione digitale che non comunicano. Esiste quindi il rischio di una proliferazione di soluzioni nazionali sviluppate in modo indipendente senza riguardo per l’interoperabilità con i sistemi di altri stati membri dell’Ue. Ciò, a sua volta, potrebbe non solo incidere negativamente sulla cooperazione tra le amministrazioni fiscali nella lotta alle frodi transfrontaliere e all’evasione fiscale, ma anche creare costi aggiuntivi per le imprese che operano in diversi stati membri e andare contro l’obiettivo del mercato interno. Lo riporta la Commissione europea nella Relazione annuale in materia di fiscalità del 2023, in cui vengono analizzati i dati più recenti dei sistemi fiscali dell’Ue e vengono individuate le modalità di miglioramento della politica fiscale.

Per affrontare questi rischi e sfruttare al meglio i vantaggi della digitalizzazione per l’Iva, l’8 dicembre 2022 la Commissione europea ha presentato l’iniziativa sull’Iva nell’era digitale che cambierà il modo in cui le transazioni intracomunitarie verranno segnalate dal 2028, allo stesso tempo armonizzando le principali caratteristiche della segnalazione per le operazioni domestiche. Le fatture tra stati membri saranno comunicate su un portale centrale (Vies) ma gli stati membri dovranno attenersi agli standard minimi Ue se desiderano implementare la fatturazione elettronica nazionale.

Molti paesi, quindi, stanno temporeggiando anche perché rimangono in attesa della delineazione della fatturazione elettronica intracomunitaria che sarà implementata a livello Ue.

Nel frattempo però, chi ha la necessità di fatturare all’estero dovrà di volta in volta verificare i requisiti normativi e tecnologici richiesti da ogni paese, e mantenersi costantemente aggiornato poiché la materia è in continuo divenire.  

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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