Nella nostra rubrica “Un’Italia da Export” abbiamo il piacere di ospitare i contributi delle eccellenze targate Made in Italy che con competenza e coraggio si affacciano sui mercati internazionali. Tra queste c’è Tommasi, antica realtà vitivinicola italiana (attiva dal lontano 1902), apprezzata e riconosciuta a livello internazionale. Ne abbiamo parlato con Pierangelo Tommasi, responsabile export dell’azienda, che ci ha tenuto a specificare come, a suo parere, il segreto per togliersi delle soddisfazioni tanto sui mercati esteri che su quello interno derivi dal giusto mix di impegno, pazienza, dedizione, amore, serietà, onestà e rispetto.

Ci racconti brevemente la storia della sua azienda…

Tommasi è un’azienda familiare fondata nel 1902, diretta oggi dalla quarta generazione della famiglia, ognuno con il proprio ruolo e la propria responsabilità. È situata a Pedemonte, nel cuore della storica Valpolicella Classica, a nord-ovest di Verona tra i monti Lessini ed il Lago di Garda. Partendo da un minuscolo vigneto del nonno Giacomo, la famiglia Tommasi si è consolidata nel corso degli anni e, a partire dal 1997, tutti gli investimenti sono stati orientati all’acquisizione di terreni ad elevata vocazione viticola. Tommasi Family Estates, oggi possiede vigneti e tenute in cinque regioni d’Italia per un totale di circa 570 ettari vitati: Tommasi Viticoltori e Tenuta Filodora in Veneto, Podere Casisano a Montalcino e Poggio al Tufo in Maremma Toscana, Masseria Surani in Manduria Puglia, Tenuta Caseo in Lombardia a cui la scorsa estate si è aggiunta l’acquisizione della maggioranza di Paternoster, in Basilicata.

Quali sono gli elementi e le condizioni che hanno decretato il successo della sua azienda sul mercato attuale?

Tommasi è un’azienda storica, negli anni divenuta anche marchio sinonimo di qualità , che da sempre è la nostra mission principale. Proponiamo in più di 70 Paesi nel mondo vini caratterizzati da piacevolezza e complessità, vini che rappresentano il territorio di provenienza nel massimo rispetto delle tradizioni e dell’ambiente. Costanza, sacrificio e dedizione sono ingredienti fondamentali per il successo dei vini e del brand nel mondo.

In questi anni di crisi, quanto la ricerca del successo sui mercati internazionali è stata una scelta e quanto una necessità per la sua azienda?

Direi che sono entrambe motivazioni fondamentali, la ricerca di nuovi mercati è stata sia una scelta che una necessità. L’obiettivo è quello di vendere i nostri vini nel maggior numero di Paesi nel mondo sia per accrescere il valore del marchio sia, ovviamente, perché l’apertura di nuovi mercati significa avere nuove opportunità.

Quale metodologia di ingresso ha adottato per fare business all’estero ed in quali mercati siete oggi presenti?

Abbiamo una rete importatori esclusivi in ogni Paese in cui siamo presenti, che non solo commercializzano i nostri vini ma che anche hanno sposato la filosofia del marchio Tommasi. I mercati di sbocco più importanti sono Canada ed USA seguiti da Paesi Scandinavi, Germania e Svizzera. Esportiamo inoltre in altre aree del mondo dagli Emirati al Sud America, dalla Russia all’Australia con un occhio particolare per i mercati asiatici dove abbiamo investito nella figura di un export manager che curi in modo specifico Cina, Hong Kong ed il Sud est Asiatico.

Qual è il “peso” delle attività internazionali oggi sul suo business?

L’export rappresenta il 90% del nostro giro di affari ma l’Italia con il suo 10% resta un mercato importantissimo.

Com’è il rapporto con la burocrazia all’estero e, più in generale, quali sono state le principali difficoltà riscontrate?

Ci sono Paesi dove le pratiche burocratiche rendono il percorso un po’ più complicato e meno svelto (ad esempio la Russia) ma nei mercati storici o dove vige il regime del monopolio non ci sono problemi e, avendo negli anni consolidato sia la rete vendita che la gestione della logistica, si va spediti come il vento o quasi.

Quali sono i vostri piani futuri di sviluppo? Avete già in mente nuovi mercati da conquistare?

Al momento non ci sono piani particolari se non quello di consolidare il marchio e le aziende che sono state acquisite negli ultimi anni. Dal 1997 ad oggi la mia famiglia è stata impegnata in una serie di investimenti importanti che ora richiedono tempo ed energie per consolidare e sviluppare le risorse impiegate. Tommasi è già ben radicato all’estero ed è sinonimo soprattutto di Amarone, il progetto è quello di conquistare i mercati anche con il Brunello del podere Casisano e con l’Aglianico del Vulture di Paternoster, storico marchio, di cui abbiamo acquisito la maggioranza la scorsa estate.

Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori che intendono affacciarsi nello stesso contesto estero?

Impegno, pazienza, dedizione, amore, serietà, onestà e rispetto. Credo che questi siano i termini da tenere a mente per ottenere successi sia sul mercato interno che su quelli esteri.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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