Ripartire con L’Export: Ultima Chiamata per la Cina

Ripartire con L’Export: Ultima Chiamata per la Cina

03 Febbraio 2021 Categoria: Focus Paese Paese:  Cina

Ripartire con L’Export è una scelta obbligata. Occorre reagire con grande coraggio e senza indugi, per recuperare in tempi brevi fatturato e voglia di crescere ma, soprattutto, per ridurre la dipendenza dal mercato interno, anche in previsione di un possibile ulteriore rallentamento dei consumi nella fase di assestamento del periodo post Covid-19. Ma da dove cominciare?

Sicuramente dall’Asia, e volendo restringere l’obiettivo, dalla Cina. Ci sono infiniti motivi per iniziare da qui, non solo per le dimensioni del mercato, la rapida crescita del ceto medio, la forte domanda di beni stranieri, tutti fattori ben noti a chi si occupa di export, ma anche per i numerosi incentivi alle importazioni concessi dal governo di Pechino.

Dall’organizzazione della fiera dell’import di Shanghai, alla creazione di innumerevoli nuove zone franche e shopping mall duty-free, per favorire il commercio dei prodotti di consumo stranieri, alla definizione di accordi commerciali di enorme portata, come l’ultimo RCEP e numerose altre iniziative meno pubblicizzate ma altrettanto efficaci, il Paese del Dragone si sta impegnando attivamente per attrarre le imprese straniere e rilanciare la propria economia.

Ultima chiamata per la Cina: chi perde questo treno (o sarebbe meglio dire questo volo) rischia di restare fermo per molti anni a venire!

L’Italia si è mossa con discreto dinamismo verso la Cina, ma in ordine sparso, senza la necessaria convinzione e preparazione. Il risultato è l’imbarazzante posizione che ricopriamo tra i Paesi fornitori: siamo al 24° posto, contro per esempio la Germania che occupa il 7° posto. Per non parlare dell’inammissibile posizione in fondo alla classifica in quei settori in cui primeggiamo in tutto il mondo. La concorrenza internazionale è molto forte e ha occupato molti degli spazi che ci spetterebbero di diritto, per competenze, esperienza, qualità e reputazione. I più evidenti sono sotto gli occhi di tutti: ristoranti italiani gestiti da persone di ogni parte del mondo, caffè, formaggi, salumi, vini, moda e accessori “Italian Sounding” sono presenti in ogni angolo della Cina. Automobili e attrezzature industriali tedesche e giapponesi sono onnipresenti. Eppure, l’Italia gode di una popolarità superiore alla maggior parte delle altre nazioni in Cina, dal calcio alla moda, dal cinema alla ristorazione e al design, i cinesi amano l’Italia e sono ben disposti ad acquistare prodotti italiani.

I settori di opportunità̀ per le imprese italiane non si limitano però alle tradizionali eccellenze del Made in Italy di Fashion, Furniture e Food and Beverage (le cosiddette “3F”), ma andrebbero presi in considerazione anche altri settori quali: ambiente ed energia sostenibile; agricoltura/meccanizzazione agricola e food (intera filiera); urbanizzazione sostenibile e smart-cities; sanità; aviazione; tecnologie spaziali /space economy e relative applicazioni; infrastrutture e trasporti; industrie culturali e creative.

Tuttavia, trovare un importatore cinese che si assuma l’onere di far conoscere, distribuire e gestire i servizi per conto nostro in Cina è un’impresa impossibile, se non preparata con un impegno importante. Per questo occorre stabilire una presenza fisica nella regione: che sia un semplice ufficio di rappresentanza, un’operazione logistica, commerciale, di supporto di marketing, ricerca e sviluppo, cooperazione tecnologica, l’importante è esserci. Essere visibili nel mercato, stabilire e mantenere contatti personali, dimostrare con la nostra presenza fisica che siamo impegnati ad affiancarci a loro, fornendo tutta l’assistenza e le conoscenze che abbiamo a disposizione, mostrando la volontà di inserirci e restare nel mercato, mettendoci la nostra “faccia”, concetto determinante nella cultura cinese, in ogni aspetto della vita quotidiana.

È ora di svegliarsi - “Non ci possiamo più permettere di ignorare l’unico mercato che cresce e che chiede prodotti di qualità, con una forte propensione ad acquistare prodotti di importazione, sia nei settori di largo consumo, sia in quelli di nicchia e dei beni strumentali” - dice Stefano De Paoli, direttore dell’ufficio italiano di InvestHK, il dipartimento del governo di Hong Kong preposto all’assistenza alle aziende straniere nella regione autonoma cinese.

InvestHK, con il proprio team italiano, si propone di portare per mano - gratuitamente - le PMI e le start-up italiane in Cina, accompagnandole passo dopo passo lungo un percorso facilitato, dalla piattaforma della regione, Hong Kong, verso la Cina continentale.

D’altronde, la città più vicina possibile, quando si parla di Cina, è senz’altro Hong Kong. Non solo perché si raggiungono in macchina, autobus, treno o metropolitana metropoli come Shenzhen, Guangzhou (Canton) e le altre 8 città della Greater Bay Area, così come anche le più remote città della Cina in poche ore di treno veloce o tramite gli innumerevoli collegamenti aerei diretti; Hong Kong è più vicina alla cultura occidentale anche in termini di lingua, stile di vita, abitudini commerciali, disponibilità di servizi finanziari e di ogni altro tipo.

L’inglese è la lingua ufficiale a Hong Kong. Le merci entrano ed escono in tempi da record, senza restrizioni e licenze. Anche i pagamenti, sia in entrata che in uscita, sono rapidi ed efficienti: grazie alle banche locali si possono effettuare in qualunque valuta, ovviamente incluso il Renminbi cinese, senza formalità particolari. La valuta locale, il dollaro di Hong Kong, legato al dollaro USA, mette al riparo da rischi di cambio capitali e profitti. Per non parlare del semplice e moderatissimo regime fiscale, che consente di pagare solo l’8,25% di imposte sui primi 2 milioni di dollari di Hong Kong di profitti di impresa, e il 16,5% sulla parte rimanente, con un tetto massimo del 15% sui redditi delle persone fisiche, niente IVA e nessuna delle decine di imposte con cui siamo ormai abituati a convivere.

Stabilire una presenza fisica a Hong Kong oggi è particolarmente facile e relativamente poco costoso. Ci sono decine di spazi in co-working a partire da poche centinaia di euro al mese. Il governo di Hong Kong offre incentivi economici alle aziende, ovviamente anche straniere purché presenti con una stabile organizzazione locale, a sostegno delle esportazioni, delle attività di R&S e di una lunga serie di altre attività economiche. Il Parco Tecnologico e il Cyberport incentivano l’insediamento di PMI e di startup con ogni mezzo, inclusi contributi economici e team dedicati allo sviluppo delle imprese che ospitano. Oltre a innumerevoli società di venture capital con i relativi programmi di incubazione, sono pronti e desiderosi di accogliere e sostenere le aziende e i talenti italiani (persone fisiche, ricercatori, anche non collegati a proprie iniziative imprenditoriali) che rientrano nei settori prioritari stabiliti dai programmi del governo locale. Anche una micro-impresa, con un progetto innovativo e un buon potenziale di sviluppo nei mercati internazionali, può contare sull’assistenza quotidiana e gratuita, da parte di team di esperti nella ricerca di partner tecnologici e commerciali, investitori, finanziamenti pubblici e privati, stagisti, supporto accademico e quant’altro necessario a raggiungere gli obiettivi programmati.

“Il team italiano di InvestHK è disponibile ad esaminare e discutere, senza alcun impegno, con tutti quanti siano interessati ad approfondire il discorso, anche direttamente, in via telematica, con le controparti locali e, al momento opportuno, ad avviare il percorso” conclude De Paoli.

Il consiglio è di prenotare un colloquio con InvestHK in Italia tramite la email italy@investhk.com.hk oppure chiamando al numero 02 8953 4108.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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