I mercati sono conversazioni (l’evoluzione del marketing)

Anche il marketing, nel corso degli anni ha subito una trasformazione conseguente alla transizione in corso dai media tradizionali ai media digitali.
La comunicazione si è trasformata da una di tipo push, generica, caratterizzata da mezzi di comunicazione di massa e fruizione passiva – investimenti elevati e ritorni incerti – ad una di tipo pull, personalizzata, diffusa, caratterizzata dal dialogo tra gli individui e da un alto tasso d’interazione, con investimenti flessibili e misurabili in tempo reale.
E’ sempre più necessario comprendere le nuove regole del marketing e delle PR. Alla base di tutto il fenomeno dei social media, dalle community ai blog, dai social network a tutto il mondo UGC, User Generated Content, fino all’universo dei forum, vi sono la partecipazione attiva e il dialogo diretto tra individui.
Il web 2.0 ha facilitato la comunicazione tra brand e consumatori. Agli strumenti di marketing tradizionali si sono affiancate nuove figure come i networker, in grado d’influenzare la rete attraverso i loro blog e network di relazioni e che sono in grado di risultare più efficaci di qualsiasi altro media tradizionale.
Di conseguenza, il marketing mix deve necessariamente prevedere accanto agli spazi pubblicitari classici sui media tradizionali e online anche canali di cui si è proprietari e che non devono essere pagati, social media, ecc.
Nei media tradizionali, la trasmissione del messaggio era di tipo unidirezionale e generalista, difficilmente in grado di intercettare un bisogno nell’esatto momento in cui si palesava. Il marketing era una funzione che si posizionava a valle del processo produttivo e a monte della vendita.
Secondo il modello della catena del valore, il processo era di tipo lineare e non prevedeva aperture o interazioni dall’esterno. In un modello costituito principalmente da fasi esecutive, le imprese hanno spesso dimenticato di sviluppare un aspetto fondamentale che è quello dell’apprendimento.
Apprendere continuamente e rapidamente da tutti e da tutto è diventata oggi una questione centrale. Oggi si parla sempre più di open model e di crowdsourcing come nuovi modelli di business e di organizzazione del lavoro.
I diversi reparti delle imprese si aprono agli interventi, ai suggerimenti, alle idee e alle proposte degli utenti/consumatori, non più solo consumatori finali e passivi, ma soggetti attivi ed interattivi che partecipano alla vita e all’evoluzione d’impresa interagendo con essa a diversi livelli. Sono identificabili come producer e user allo stesso tempo.
Si passa quindi dalla catena del valore al ciclo del valore, in un processo in cui le funzioni e i processi d’impresa si aprono alle istanze dei cittadini consumatori che desiderano innovare insieme all’impresa.
Il marketing, quindi, è visto sempre di più come recettore dell’impresa capace di captare le nuove tendenze e i cambiamenti della società, che deve occuparsi più del prodotto/servizio che del packaging e della vendita, e dev’essere capace di governare questo processo di condivisione del valore con le persone che partecipano ai processi di produzione e di comunicazione.
A conferma di quanto detto è ormai dimostrato come solo il 14% dei consumatori si fidi della pubblicità, il 54% eviti di acquistare prodotti dei quali viene fatta un’eccessiva promozione e il 69% sia interessato a prodotti/servizi che aiutino a bloccare la pubblicità.
Questi numeri evidenziano la graduale perdita di efficacia del marketing tradizionale, che fa sì che solo il 18% delle campagne pubblicitarie tradizionali mostri un ROI positivo a fronte degli investimenti necessari. E’ quindi cambiato il modo in cui i clienti s’informano sui prodotti e servizi, valutando tali informazioni ai fini d’acquisto.
La crescita dell’informazione dovuta alla diffusione di internet fa sì che i clienti non cerchino più l’informazione in sé ma chi di questa si fa garante in modo imparziale. I clienti considerano sempre meno credibile un messaggio che proviene da una fonte tradizionale come l’impresa, o da un mezzo classico, quale la pubblicità in televisione o su carta stampata.
Per il consumatore il messaggio è più credibile se arriva spontaneamente da una fonte simile e vicina, ossia amici colleghi o altri clienti. Negli ultimi anni i mass media tradizionali hanno visto notevolmente ridursi la loro capacità di coinvolgere i consumatori e influenzarli.
Affinché una campagna di comunicazione sia efficace deve essere in grado di coinvolgere, stupire e divertire i clienti in modo tale da spingerli a parlare di un brand o di un prodotto/servizio, innescando in maniera spontanea un passaparola virale.
In tale contesto per conquistare l’attenzione dei clienti, sempre più impermeabili ai messaggi pubblicitari, è fondamentale che le imprese vi interagiscano, al fine di renderli ambasciatori spontanei alimentando passaparola virali.
Il cliente, non più soggetto passivo destinatario di messaggi monodirezionali d’impresa, desidera essere attivo e partecipe, e cerca nel brand e nel prodotto/servizio non solo la soddisfazione di un bisogno, ma un’esperienza con cui esprimere la propria personalità, divertendosi.
Il marketing ha risposto a tale necessità d’intrattenimento, coinvolgimento e informazione affiancando all’approccio tradizionale un approccio non convenzionale basato sul ruolo attivo di ambasciatori spontanei di un brand o di un prodotto/servizio presso la propria rete sociale e quindi presso altri clienti e potenziali tali.
Le azioni di marketing non convenzionale consentono di ottenere, a costi sensibilmente ridotti rispetto alle azioni di marketing tradizionale, importanti risultati in termini d’incremento della consapevolezza del brand, successo di azioni promozionali, acquisizione di dati anagrafici e comportamentali dei clienti e coinvolgimento diretto del cliente nella pianificazione e nel lancio di nuovi prodotti e di campagne promozionali.
Le principali forme di marketing non convenzionale sono: guerrilla marketing, marketing virale, product placement, buzz marketing ambush marketing, ambient marketing, visual marketing e street marketing.
In conclusione possiamo affermare che, come citato nel Cluetrain Manifesto:
Fonte: a cura di Exportiamo, di Valeria Gambino, redazione@exportiamo.it
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