Il contratto di distribuzione è generalmente definito come il contratto con il quale un operatore economico assume l’obbligo di promuovere la vendita dei prodotti forniti da un produttore, in cambio delle opportunità di guadagno. Vediamo nel dettaglio le diverse tipologie di contratti di distribuzione formatesi negli anni e le clausole che vi possono essere inserite.

A differenza di altri contratti di cui ci siamo occupati, quale ad esempio il contratto di agenzia, il contratto di distribuzione è un contratto di creazione giurisprudenziale che non è oggetto di una espressa regolamentazione legislativa.

La lacuna è stata colmata proprio dalla giurisprudenza che ha applicato, nel corso del tempo, le disposizioni di legge previste per i contratti assimilabili ai contratti di distribuzione, facendo quindi riferimento per lo più al contratto di somministrazione e al mandato.

La giurisprudenza italiana tende a qualificare il contratto di distribuzione come un “contratto quadro”, all’interno del quale il concedente e il concessionario concludono una serie di contratti di vendita.

Parte della giurisprudenza lo qualifica invece come un contratto misto, costituito da un contratto di compravendita e da un contratto di mandato.

Al di là della sua qualificazione giuridica, preme segnalare che, negli anni, si sono formate differenti tipologie di contratti di distribuzione in grado di adeguarsi alle singole fattispecie.

Ciò nonostante, durante la predisposizione di un contratto di distribuzione, vi sono alcuni principi inderogabili che devono necessariamente essere rispettati.

Il riferimento è alle disposizioni di cui agli artt. 1341 c.c e 1375 c.c., relativi, rispettivamente, all’approvazione per iscritto delle clausole che si considerano vessatorie, cioè a vantaggio di una sola parte, e all’esecuzione del contratto secondo buona fede.

Numerose sono anche le clausole che possono inserirsi all’interno di un contratto di questo tipo.

Un esempio è la clausola di esclusiva, clausola generalmente bilaterale, in alcuni casi può essere anche unilaterale a favore del fornitore ovvero del distributore. Quando è a favore del fornitore, comporta il divieto, per il distributore, di vendere nella medesima zona prodotti concorrenti ovvero di produrre prodotti concorrenti destinati alla vendita.

Nel secondo caso menzionato è invece il fornitore che si obbliga a non cedere a terzi, per la medesima zona, la rivendita di prodotti concorrenziali. Le parti possono anche introdurre il patto di non concorrenza che è destinato a regolare l’attività del distributore per il periodo successivo alla cessazione del rapporto.

Tale patto dovrà essere redatto sulla base delle disposizioni dell’art. 2596 cod. civ. e, in caso di sua violazione, il distributore potrebbe incorrere in un illecito concorrenziale sancito dall’art. 2598 c.c.

Nel caso in cui non venga stipulato un patto di non concorrenza, si ritiene che il distributore possa liberamente vendere i prodotti ancora in suo possesso, purché tale attività sia svolta in buona fede ovvero in modo da non ingenerare nel pubblico l’erronea convinzione della persistenza di un rapporto di concessione.

Un’altra clausola che può essere inserita nel contratto di distribuzione è la clausola in virtù della quale il proponente può obbligare il distributore a dotarsi di un magazzino con uno stock di prodotti, precisando che in caso di cessazione degli effetti del contratto, egli non è tenuto a riacquistare la merce ivi depositata.

Vi è poi la clausola inerente il servizio post-vendita, che viene qualificato come un obbligo aggiuntivo del distributore.

Allo stesso modo, il preponente può autorizzare il distributore a svolgere attività pubblicitaria e promozionale o può pretendere che vi siano dei quantitativi minimi di acquisto o di vendita.

Nei contratti di distribuzione internazionale, si suggerisce poi di prestare particolare attenzione alle clausole di scelta della legge applicabile e della giurisdizione in caso sorgano controversie tra le parti.

Laddove non vi fosse un’esplicita scelta in questo ultimo senso, si dovrà far riferimento a quanto statuito dal Regolamento 1215/2012 del Parlamento e del Consiglio UE, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, che ha recentemente sostituito il Regolamento 44/2011.

Occorre però precisare che anche quest’ultimo regolamento non disciplina espressamente l’ipotesi di distribuzione.

Pertanto, sarà necessario valutare con attenzione quale sia l’elemento caratterizzante lo specifico contratto di distribuzione tra la vendita/fornitura di prodotti dal concedente al concessionario ovvero l’insieme dei servizi resi dal distributore. Nel primo caso, sarà competente il giudice del luogo di consegna della merce, nel secondo, applicandosi la disciplina propria del contratto di prestazione di servizi, il giudice del luogo in cui i servizi sono stati prestati.

Fonte: a cura di Exportiamo, Avv. Giulia Di Piero, Studio Legale PMT, redazione@exportiamo.it

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