Il governo emiratino ha emanato un provvedimento grazie al quale gli investitori stranieri potranno possedere interamente le società locali senza la necessità di uno sponsor del luogo a partire dal primo dicembre 2020.

Lo sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi Uniti, la scorsa settimana ha emesso un decreto che sostituisce la legge sulle società commerciali n. 2 del 2015.
Il nuovo decreto concede la possibilità, per i cittadini stranieri, di acquisire fino al 100% della proprietà delle imprese locali operanti in ben 122 settori di attività, così da incentivare gli investimenti diretti esteri (IDE) nel Paese. Esso affonda le radici nel decreto legislativo federale n. 19 del 2018 che ha segnato un primo scostamento dalle rigide restrizioni vigenti in materia di proprietà commerciale.

Tra i settori chiave ammessi dalla risoluzione del gabinetto n. 16 del 2020 figurano: agricoltura; produzione; trasporto e stoccaggio; ospitalità e servizi di ristorazione; informazione e comunicazione; scienza e tecnologia; assistenza sanitaria; formazione scolastica; arte e intrattenimento; edilizia.

In tale lista definita “positiva” sono indicate anche una serie di attività come la produzione di giocattoli, articoli sportivi, apparecchiature elettriche, servizi di consulenza, pubblicità, attività fotografiche, costruzione di edifici, servizi di traduzione, istruzione, gestione di hotel e ristoranti, ospedali e attività musicali.

Il decreto stabilisce però una condizione essenziale per soddisfare i requisiti di licenza degli Emirati Arabi Uniti, ovvero che le aziende debbano investire in nuove tecnologie e contribuire alla Ricerca e Sviluppo del Regno.

In passato alcuni investitori e imprenditori hanno esitato a costituire o investire in società onshore a causa delle restrizioni in materia di proprietà. Prima dell’introduzione di questa legge, l’ordinamento del Paese prevedeva infatti che gli investitori stranieri potessero possedere solo fino al 49% del capitale di una società onshore e almeno il 51% doveva essere di proprietà di uno o più cittadini emiratini o di una società a sua volta interamente controllata da uno o più cittadini degli EAU. Ciò significava che il socio straniero, in quanto proprietario legale di non più del 49%, avrebbe sempre rappresentato l’azionista di minoranza.

L’unica opzione per gli imprenditori stranieri era investire in freezone, che tuttavia hanno dei costi operativi molto alti. Le nuove misure, invece, dovrebbero facilitare la realizzazione di investimenti, fornendo flessibilità agli imprenditori stranieri che desiderano operare al di fuori delle zone franche. In particolare, il nuovo decreto dovrebbe aprire le imprese con sede negli EAU agli investimenti di società internazionali di private equity e società di capitale di rischio senza la necessità di ricorrere a complessi accordi di strutturazione.

Mentre il nuovo decreto sostituisce (e annulla di fatto) le disposizioni di legge sui requisiti di proprietà straniera negli investimenti diretti esteri, l’allentamento non si applicherà agli enti e società di proprietà statale che si ritiene operino in settori strategicamente importanti, come ad esempio esplorazione di petrolio e gas, servizi di pubblica utilità e trasporti.

L’investimento minimo è stato fissato a 2 milioni di Dirham per la produzione; 3 milioni di Dirham per la produzione nel settore sport e industrie di giocattoli; 20 milioni di Dirham per attività di produzione di automobili, apparecchiature metalliche e mediche; e 100 milioni di Dirham per l’assistenza sanitaria.

La decisione rappresenta una chiara rottura con il passato e si prevede che rafforzerà la posizione degli Emirati Arabi Uniti come uno dei principali centri finanziari internazionali.

La manovra, portata alla luce in un periodo di crisi per il Paese, che ha visto lo spostamento della tanto attesa esposizione universale di Dubai 2020 ed un progressivo allontanamento dei lavoratori stranieri, si prevede avrà un effetto positivo in termini di creazione di posti di lavoro, aumento della capacità produttiva, con conseguente minore necessità di importazione dei beni essenziali.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Cristiana Oliva, redazione@exportiamo.it

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